Il pressing di Bibi sui «messianici» pensando alle urne

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di Davide Frattini

Vuole «tenersi» Smotrich. Il ruolo della vedova Adelson

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE 
GERUSALEMME
Agli esordi in parlamento Bibi fa concedere a Sheldon Adelson la sala Chagall alla Knesset per celebrare il matrimonio con Miriam Ochshorn. Non immaginava che trentaquattro anni dopo sarebbe stata quella dottoressa israeliana a convincere Donald Trump a intervenire a modo suo: «Se gli ostaggi non saranno liberati, scatenerò l’inferno». Parlando ad Hamas perché Netanyahu intendesse. Imponendo di fatto il cessate il fuoco.

La Chagall è di solito riservata alle cerimonie di Stato, ma già nel 1991 il politico in ascesa intuisce quanto quel magnate diventato miliardario con i casinò a Las Vegas sia fondamentale per sbancare al tavolo delle elezioni israeliane. Benefattore dei repubblicani, Adelson ha deciso di puntare su quel quarantenne che parla l’inglese come un americano e senza accento propaga le convinzioni ideologiche della destra: niente compromessi con i palestinesi.




















































Il regalo più importante e più costoso arriva diciotto anni fa impacchettato in carta da giornale: Adelson lancia a fondo perduto il quotidiano gratuito Israel Hayom, che insidia il primato di Yedioth Ahronoth e — sostengono i critici — insedia Netanyahu a capo del governo nelle elezioni del 2009. È ancora lì, salvo ventun mesi passati all’opposizione. La concorrenza tra i due giornali e l’offerta del primo ministro al proprietario di Yedioth sono al centro del caso 2000: Bibi suggerisce di ridimensionare Israel Hayom in cambio di articoli più favorevoli sulla testata concorrente, la registrazione della trattativa tra Secondo e Quarto potere (con l’obiettivo di mantenerlo entrambi) è finita nei processi per corruzione contro il leader del Likud. E di traverso al patto tra lui e gli Adelson. Che si incrina ancora di più alla morte di Sheldon nel 2021: la vedova sembra preferire altri politici come Naftali Bennett, di Netanyahu non si fida più, non ha mai sopportato la moglie Sara. Da Donald Trump invece non si allontana, da lui riceve l’onorificenza presidenziale Medal of Freedom.

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Il premier più longevo nella Storia del Paese sa che le elezioni si stanno avvicinando, la data prevista è per l’autunno del 2026, ormai è convinto di poterci arrivare e sa di avere bisogno — pur con le riserve della signora Adelson — del sostegno di Israel Hayom, che Avidgor Liberman, cresciuto in Unione Sovietica, chiamava la Pravda anche quando era alleato di Netanyahu. La campagna che sarà incentrata sulle sue responsabilità politiche e strategiche nei massacri del 7 ottobre del 2023, quando 1200 israeliani sono stati uccisi dai terroristi di Hamas. Preferisce arrivare al voto con la coalizione intatta, senza dover contare sul sostegno esterno dei rivali come Benny Gantz e Yair Lapid, offerto per garantire la tenuta del governo mentre viene implementata l’intesa sulla tregua. Itamar Ben Gvir ribadisce di voler andarsene con i suoi deputati, pure lui pensa già alle elezioni.

Così Netanyahu ha sfruttato il giorno di ritardo causato dalle «incomprensioni» sul testo messo giù dai negoziatori per convincere Bezalel Smotrich, ministro messianico e altro rappresentante dei coloni, a restare con lui anche dopo l’approvazione dell’accordo. L’estrema destra non vuol sentir parlare di fine della guerra, Netanyahu avrebbe rassicurato gli alleati: «La pausa nei combattimenti non durerà». Smotrich pretende che l’offensiva riprenda dopo la prima fase: a sette giorni dall’entrata in vigore del cessate il fuoco ai palestinesi sarebbe permesso di ritornare tra le macerie nel nord della Striscia. L’esodo sarebbe controllato e limitato: i coloni sperano ancora di poter ricostruire gli insediamenti evacuati nel 2005 in quelle aree spopolate.

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16 gennaio 2025 ( modifica il 17 gennaio 2025 | 09:07)

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