Il manifesto di Luca Beatrice per diventare un intellettuale di destra – Libero Quotidiano

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Luca Beatrice

Luca Beatrice collaborava con Libero dal 2021. Ha scritto numerosi articoli, recensioni di mostre e libri, commenti di politica e di costume. E poi polemiche calcistiche, critiche cinematografiche e televisive. Non è stato facile scegliere uno solo dei suoi bellissimi pezzi da ripubblicare per omaggiarlo. Abbiamo optato per un articolo che lo aveva divertito molto e ci sembra possa essere una sorta di testamento intellettuale. È stato pubblicato su Libero nel settembre 2022, alla vigilia delle Elezioni.

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Come sarà il (nuovo) intellettuale di centrodestra che potrebbe ritrovarsi a gestire le politiche culturali per i prossimi anni, ammesso di riuscire a vincere le elezioni? E soprattutto, riuscirà Giorgia Meloni là dove hanno fallito i suoi predecessori, ovvero instaurare una classe dirigente finalmente diversa rispetto alla sinistra abituata a gestire il potere anche da perdente? La leader di Fratelli d’Italia ha notato in questi giorni, con un certo stupore, il fatto che nessuno nel mondo dell’arte (e della cultura) sia vicino alle sue posizioni. La rotta potrebbe finalmente invertirsi, a patto di cambiare pelle e profondamente, mettendoci del coraggio.

Quello che segue è un decalogo semiserio neanche tanto sull’identikit di un intellettuale moderno e deideologizzato. Accadesse sarebbe una novità assoluta.
1. Fine del complesso di inferiorità. Chi vota destra e sa di cultura deve smettere di nascondersi e di negarsi. Deve prendere l’iniziativa e agire.
Deve assumersi le proprie responsabilità e governare con competenza. Pazienza se non ci è abituato, sbagliato ritenere che questo sia bacino elettorale di altri. Invece di lasciare a loro, e poi lamentarsi, si prepari a occupare i ruoli che contano facendo attenzione ai “riposizionati”: piuttosto di mollare la poltrona, questi screditerebbero il loro passato.
2. Nessuna tentazione reazionaria. L’intellettuale di centrodestra è per natura avanguardista, non guarda indietro ma in avanti, il passatismo non gli appartiene e al contrario lo sguardo verso la modernità è sempre stato un suo carattere precipuo. Avendo mollato la presa, per ignoranza o pigrizia, ha consegnato alla sinistra un patrimonio culturale che invece era di suo appannaggio. È ora di riprenderselo e immaginare scenari nuovi e utopistici per il nostro e il tempo futuro.
3. Basta con le nostalgie. Oltretutto di tempi mai vissuti.
Dal punto di vista culturale il fascismo è stato una grande stagione attraversata da un vero e proprio progetto di modernità, dall’architettura alla pittura fino alla “corporate image”. Almeno nel primo decennio, poi è naufragato. Ma nessuno di noi l’ha vissuto, inutile quindi rifarsi a una tradizione troppo scomoda. I distinguo non basterebbero, le spiegazioni agli ignoranti neppure. Tanto vale voltare pagina.

4.Basta con le solite citazioni. Nonostante il dileggio, la cultura di destra ha avuto nel ‘900 i propri capisaldi: Pound, Celine, Evola, Tolkien.
Ma ora siamo negli anni ‘20 del XXI secolo e i punti di riferimento stanno cambiando. Direte che a destra ce ne sono pochi o pochissimi? Si vadano a cercare altrove, il mondo è grande e non è sempre marchiato ideologicamente. Sufficiente scegliere tra chi non è marcatamente di sinistra, chi crede nel primato dell’individuo e nella bellezza della cultura occidentale. I nomi? Alcuni si conoscono già: Scruton, Finkielkraut, Anselm Kiefer, Houellebecq. Altri stanno nascendo.

5. Non esistono argomenti di destra o di sinistra. Gli anni ’70 sono finiti da un pezzo e finalmente si può spaziare con più libertà tra le cose. La differenza è tra letture intelligenti e altre banali. E noi cerchiamo di non esserlo. Ci può piacere un film, una canzone, un’opera d’arte nati sotto altri astri? Possibile, non indispensabile, però minare dall’interno le convenzioni degli altri dà sempre una certa soddisfazione.

6. Non lasciare alla sinistra questioni fondamentali. L’ambientalismo può essere un tema di destra, non l’ecocatastrofismo. Il ruolo delle donne nella società è fatto storicamente ineludibile, e meno male, a patto sia accompagnato dalla meritocrazia. Finora, nonostante le intenzioni della sinistra, non c’è mai stato un premier donna in Italia, e in Inghilterra sono e sono state tutte conservatrici, non progressiste. Sui diritti e sulla libertà delle persone non saremo mai contro, a patto non si discrimini chi vuol seguire una strada allineata con vecchie regole e costumi accertati dalla tradizione.

7. Puntare sulla cultura italiana. La sinistra italiana è malata di esterofilia e da decenni non fa nulla per premiare la creatività nazionale, dall’arte al cinema, dall’architettura al teatro. Il nuovo intellettuale di destra deve prendersi questo carico e premiare la cultura italiana. Più produzione, meno effetto vetrina. Viviamo in una comunità globale ma in nessun paese al mondo si dimenticano le cose di casa per favorire qualsiasi tipo di esotismo.

8. Fare attenzione a come si parla. Il politicamente corretto è un’arma letale nelle mani della sinistra per mettere a tacere chiunque applichi la ragionevolezza. L’italiano corretto declina al maschile, non è sessismo ma storia della lingua. E all’intellettuale di centrodestra non piace passare per ignorante né semianalfabeta. Copiare l’ambiente (perverso) delle università americane ossessionate da questa nuova moda è un’aberrazione contro la quale il nostro nuovo intellettuale si batterà ogni giorno.

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9.Fare attenzione a come ci si veste. Finito il tempo del kit del presidente, tramontata l’era “scarpe grosse cervello fino” di matrice contadina, la futura divisa non sarà proprio una divisa ma una stratificazione di stili che non identifica un pensiero ma un modello libero, contemporaneo, sobrio e non privo di civetteria. Scordatevi le contrapposizioni del passato e le uniformi novecentesche, al nostro tempo non appartengono più.

10. Cambiare facce. Senza gridarlo ai quattro venti, senza usare espressioni antipatiche come rottamazione, la nascente classe intellettuale del centrodestra deve fondersi sulle novità. Certe figure appartenenti al passato devono lasciare spazio ad altre, a chi ha idee, a chi lavora nella cultura tutti i giorni e non si identifica nello schematismo della sinistra. Anzi non lo sopporta più e non vede l’ora sparisca almeno per un po’.

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