Caos Runts in Sicilia, quando la rigidità non serve a nessuno

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Èun dato di fatto che in Sicilia ci sono territori che, se non ci fosse il Terzo settore, sarebbero luoghi in cui a dettare legge sarebbero i più forti. E i più forti, la storia ce lo insegna, qui non sono stati mai coloro che stanno dalla parte della legalità. Ecco perché fa problema e non può passare sotto silenzio la cancellazione dal Registro unico nazionale del Terzo settore, in un sol colpo, di quasi 900 enti di Terzo settore siciliani, con la motivazione che non si sono adeguati a regole che, seppur giuste, non sono state rispettate per il semplice fatto che in gran parte si tratta di associazioni piccole, che non si sono mai del tutto strutturate perché hanno sempre messo al primo posto il servizio piuttosto che le carte. Ovviamente hanno sbagliato ma, invece di punirle, forse andrebbero aiutate a capire come affrontare nuove stagioni della loro vita.

Per cercare di capire che cosa è successo in questa vicenda e quali passi bisognerebbe compiere per scongiurare la definitiva cancellazione di tutti questi enti, ci viene in aiuto l’avvocato Gabriele Sepio, segretario generale di Terzjus, l’Osservatorio di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale.

Il caso siciliano sembra un caso unico nel Paese…

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È un caso assolutamente unico per il numero di associazioni e soprattutto perché è avvenuto in blocco. Evidentemente, questo denota un problema che riguarda non solo gli enti, ma anche la gestione di questo procedimento da parte dell’ufficio predisposto a tenere il registro del Runts.

La vicenda siciliana, quindi, evidenzia una fragilità del Terzo settore siciliano?

È chiaro che gli enti del Terzo settore, in questa fase, vanno tutelati sotto il profilo della procedura amministrativa per due ordini di ragioni: uno perché svolgono una funzione essenziale nel sistema del welfare del Paese, dall’altra perché il Runts è un registro di nuova introduzione, con delle procedure che, specialmente per i più piccoli, potrebbero talvolta risultare un po’ onerose, quindi c’è bisogno di un accompagnamento. È, però, anche vero che ci sono delle regole per essere iscritti in un registro pubblico e queste vanno rispettate, anche perché l’iscrizione al Runts permette di ricevere tutta una serie di benefici ulteriori.

La vicenda siciliana, quindi, ci riporta un po’ all’esigenza di capire che è importante per gli enti conoscere e osservare i nuovi adempimenti ma anche che gli uffici, come di fatto accade già oggi in molti contesti, dovrebbero guidare le realtà del Terzo settore in questi adempimenti. Si poteva, per esempio, contattare le reti di riferimento a cui molte di queste realtà afferiscono, oppure il Csv per gli enti non appartenenti ad alcuna rete, in modo da accompagnarli. In sostanza, sarebbe opportuno evitare azioni cosi incisive, come è purtroppo accaduto in questa vicenda, perché la cancellazione simultanea di 900 enti, così all’improvviso, è destinata a creare gravi conseguenze.

La Regione afferma che le comunicazioni sono state inviate e che, da parte degli uffici, è stato fatto tutto in regola…

Io credo che, quando emerge una vicenda così eclatante, le colpe siano sempre distribuite a metà. Occorre considerare prima di tutto che si tratta di tutti enti trasmigrati, cioè enti che sono stati trasferiti dai vecchi registri delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale al nuovo Runts. In questo caso, con la trasmigrazione – che lo ricordiamo è avvenuta “d’ufficio” n.d.r. – è stato assegnato un termine di 180 giorni all’ufficio per effettuare le verifiche relative all’adeguamento statutario, etc., scaduto il quale gli enti sono stati iscritti nel Runts a fronte di un silenzio assenso. Tutto questo è avvenuto il 7 novembre del 2022.

In questo caso, successivamente, l’ufficio ha verificato tutta una serie di mancanze…

Mancanza che effettivamente sussistono, ma che sono eterogenee, nel senso che non esiste un’unica criticità. Le carenze sono legate, ad esempio, al mancato deposito dello statuto adeguato, al mancato aggiornamento dei dati dei componenti degli organi sociali, al mancato deposito di bilanci. Insomma, tutte informazioni oggettivamente rilevanti per l’iscrizione al Registro. A fronte della verifica, però, l’ufficio ha prima pubblicato sul proprio sito alcune note e circolari  per invitare gli enti con le carenze che ho descritto ad integrare i dati nel Runts. A seguire, nel mese di dicembre, ha emanato dei provvedimenti di cancellazione che riguardano indistintamente tutti gli enti trasmigrati che, ad avviso del Runts, non avevano regolarizzato la propria posizione.  Il problema, in questo caso, è l’iter seguito dall’Ufficio, che manca di alcuni step fondamentali. Come, per esempio, la notifica agli enti inadempienti di una apposita diffida ad adempiere entro un termine che non può essere inferiore a 30 giorni, la notifica della cancellazione in cui dovrebbe essere indicata quantomeno le motivazioni alla base del provvedimento che riguardano il singolo ente, oppure come fare un ricorso a fronte della decisione dell’Ufficio. Insomma, se è vero che gli enti non erano in regola con il deposito dei documenti, è altrettanto vero che l’iter seguito dall’ufficio Runts della Sicilia non è in linea con le norme che regolano i controlli amministrativi.

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Se è vero che gli enti non erano in regola con il deposito dei documenti, è altrettanto vero che l’iter seguito dall’ufficio Runts della Sicilia non è in linea con le norme che regolano i controlli amministrativi

Gabriele Sepio

Questo significa che gli enti potrebbero fare ricorso?

È chiaro che un procedimento di cancellazione di questo tipo, che richiama genericamente la circolare, ha creato l’effetto dirompente di cui stiamo parlando. La domanda che ci dobbiamo fare ora è come evitare centinaia di ricorsi al giudice amministrativo che, senza un intervento correttivo, molto probabilmente arriveranno. È evidente che il tema dei controlli non riguarda solo la Sicilia, ma tutti gli uffici di riferimento del Runts. Molti dei quali, prima di procedere alla cancellazione, hanno svolto una serie di attività preliminari, senza affidarsi alla semplice pubblicazione di una circolare interna.

Come potrebbe concludersi questa vicenda?

Prima di tutto sarebbe opportuno evitare ulteriori complicazioni risolvendo la vicenda, ad esempio, attraverso un provvedimento di autotutela da parte dell’ufficio. Il che non significa rimettere in regola gli enti inadempimenti, ma semplicemente annullare il provvedimento di cancellazione e assegnare, come previsto all’art. 48 del Codice del Terzo settore, un termine di almeno 30 giorni a tutti gli enti per adeguarsi. In questo modo si eviterebbero ricorsi e altri effetti indesiderati, consentendo all’ufficio di sanare le proprie irregolarità e agli enti di fare altrettanto.

Sarebbe opportuno risolvere la vicenda attraverso un provvedimento di autotutela da parte dell’ufficio. Assegnare un termine agli enti per regolarizzare la propria posizione non vuol dire introdurre una sanatoria

Va detto che la cancellazione produrrebbe un affetto devastante per gli enti, che non si traduce solo con la devoluzione obbligatoria del patrimonio ad altro ente del Terzo settore, ma anche con effetti ulteriori legati alla perdita della qualifica di Ets. Pensiamo, ad esempio, agli enti che hanno sottoscritto convenzioni, oppure alla cancellazione dall’elenco del 5 per mille o ancora all’impossibilità di riconoscere benefici fiscali a chi fa loro una donazione. Senza contare gli effetti sui servizi offerti alla collettività da parte di tutti questi enti a favore delle comunità locali, per le quali sono pilastri di interlocuzione fondamentali.

La Regione Siciliana dovrebbe, quindi, fare un passo indietro?

In realtà non è un passo indietro. Occorre semplicemente ripetere una procedura, osservando però le modalità previste dalla norma. L’annullamento degli atti di cancellazione salverebbe sia l’amministrazione che gli enti da inutili complicazioni e da un dispendio di risorse e energie non solo economiche. Il fatto di assegnare un termine agli enti per regolarizzare la propria posizione non vuol dire introdurre una sanatoria ma, a questo punto, molte realtà potrebbero evitare la devoluzione del patrimonio e tornare in bonis con il Runts. In caso contrario, un ente cancellato non potrà continuare a detenere il patrimonio e una cancellazione seguita da una nuova iscrizione non è in grado di sanare comunque questo effetto pregiudizievole.

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Diciamo però anche che quelle che gli enti devono sanare sono mancanze significative, non irrilevanti…

Certamente, ma si può fare seguendo un procedimento trasparente, dando un termine all’ente per adeguarsi. In questa fase occorre una partecipazione attiva sia degli enti che degli uffici per rispettare le nuove regole e consentire un dialogo tra le parti che non può certamente risolversi con l’applicazione rigida di regolamenti, le cui complessità a volte potrebbero sfuggire anche agli stessi uffici del Runts. Insomma, nel Terzo settore il dialogo è fondamentale, a maggior ragione quando si parla di burocrazia.

Foto Pexels

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