ammontano a 4 milioni, addio a 33 sedi. L’ira dei militanti – Libero Quotidiano

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Simona Pletto

Nella grassa e rossa Bologna, il Pd sta naufragando nei debiti ed è costretto a diete di ferro. Quattro i milioni di deficit, un ricco patrimonio che contava oltre un centinaio di immobili e diversi terreni, andato in fumo. E non c’è modo, almeno al momento, di sanare la disastrosa crisi economica. Da qui la decisione, presa pochi giorni fa al termine di un direttivo infuocato con tanto di militanti e dirigenti sul piede di guerra, di chiudere 33 dei 95 circoli, distribuiti fra centro e periferia. E non è finita qui. Il piano di rientro prevede infatti l’esborso immediato di 300mila euro e un pagamento rateizzato di 100mila euro all’anno per venti anni. Tutta colpa di una mala gestione degli affitti delle sedi, canoni dovuti da 18 anni alla Fondazione Duemila.

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La notizia del profondo rosso era nell’aria da tempo, tanto che il 20 gennaio scorso alla Direzione di via Andreini, sono arrivati anche gli inviati delle Iene per raccogliere la rabbia e la frustrazione degli iscritti. «Ci siamo fatti in quattro per il Pd e loro ci hanno venduto». Hanno gridato i militanti. Presenti all’incontro il tesoriere Pd Michele Fina, la segretaria provinciale Federica Mazzoni, il sindaco di Bologna Matteo Lepore, altri esponenti del Pd e i rappresentanti di Fondazione Duemila. Ma come si è arrivati a un tracollo finanziario di questa entità? Occorre fare un passo indietro nel tempo: con la nascita del Pd il patrimonio degli ex Democratici di sinistra (Ds) a fine 2006 è stato conferito alla Fondazione Duemila (una Onlus), «nata per salvaguardare un pezzo importante della storia della Sinistra italiana, promuovendo attività volte all’innovazione della politica».

 

 

 

 

La stessa Fondazione con cui la Federazione del Pd di Bologna ha accumulato nel tempo un debito di oltre 4 milioni di euro, soprattutto in affitti non pagati. Per capirci, facciamo l’esempio di una zia che affitta casa a un nipote. Questi sa che deve o dovrebbe pagare l’affitto, ma forte del rapporto di parentela sovente ne approfitta e non paga. E i mancati introiti si accumulano. E così a Bologna, dove è appunto tesserata la segretaria Elly Schlein, si sta lavorando per restituire alla Fondazione Duemila circa il 40% dei circoli Pd, considerati “il cuore” del Partito democratico. Un cuore oggi pieno di acciacchi, vista la scure in arrivo. Nel mirino ci sarebbero luoghi storici come la Casetta Rossa di via Bastia (che ospita il circolo Andrea Costa), il Passepartout di via Galliera, la Casetta Rossa che al Saragozza è pronta a trasformarsi in appartamenti di pregio. La lista è lunga, e prevede un capitale quasi dimezzato.

Crisi chiama crisi: gli iscritti al Pd di Bologna, città in Italia con la tradizione politica di sinistra più forte, oggi sono tra i 7mila e gli 8mila, mentre dieci anni fa erano circa 15mila, il doppio. In Italia i circoli Pd sono circa 6.200. Dal 2016 al 2022 ne sono stati chiusi più di mille, 21 quelli messi in vendita nell’ultimo anno nella Capitale. Le cause sono diverse, c’entrano le difficoltà economiche delle sezioni locali, un calo della partecipazione e il costo degli affitti. Tornando a Bologna, al piano lacrime e sangue che ha messo in fibrillazione il partito nelle ultime due settimane, un dato secco è arrivato dal tesoriere Valerio Gualandi: «Restituiremo 18 sedi alla Fondazione 2000 e 15 all’Immobiliare Porta Castello (controllata dalla cassaforte ex Ds, ndr). Contando le sedi in affitto dai privati, su 95 ne rimarranno 62». Questo significa, gioco forza, che ci saranno più uscite e meno risorse, nonostante le entrate che potranno arrivare dal 2xmille e sulle quali ora ci si aggrappa per tamponare le ferite. «Noi staremo dentro al circolo fino a quando non ci diranno che dobbiamo uscire», hanno gridato in tanti la sera del Direttivo, manifestando rabbia, ansia e anche rassegnazione.

Secondo i militanti, ci sono stati casi di affitti passati da 7.500 euro nel 2017 a 17mila euro dieci anni dopo. «Questi 100mila euro chi se li è messi da parte?». «Ogni partito fa i conti in casa propria», premette Marco Lisei, capogruppo Fratelli d’Italia in Regione. «Ora però capiamo perché, a livello nazionale, hanno proposto di aumentare il finanziamento pubblico». E così per il Pd che ha cancellato ogni riferimento al proprio passato “rosso” comunista nel simbolo, di rosso restano solo i conti. Con buona pace dei tanti volontari che spesso hanno contribuito gratuitamente alla creazione proprio di quegli spazi che ora vengono chiusi.

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