Al momento non è un successo né di critica né di pubblico: un affare solo per alcuni, ha scritto Breakingviews; Scarsa logica industriale, la reazione dei mercati è largamente negativa, ha aggiunto Bloomberg.
L’offerta pubblica di scambio di azioni tra Monte dei Paschi e Mediobanca, con il controllo di Assicurazioni Generali sullo sfondo, non è soltanto un’operazione ostile del governo Meloni nei confronti di una banca privata, Mediobanca, e di un gigante, Generali, che a sua volta sta per creare con Natixis un colosso europeo a guida italiana di asset management, ma è anche la più grande operazione di intervento statale, pubblico, politico della storia recente, al fine di consegnare la gestione di Generali, e dei 650 miliardi di euro di risparmio gestito degli italiani, a due singoli uomini d’affari. Ci stiamo avvicinando, insomma, a una versione all’italiana del famigerato sistema di potere politico ed economico degli oligarchi russi.
Ricapitoliamo: il primo azionista di MPS è il governo italiano, a seguire ci sono l’ingegnere Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin dei Del Vecchio guidata di fatto a vita da Francesco Milleri, perché la governance della holding lussemburghese prevede che Milleri può essere sostituito soltanto dall’unanimità degli otto, litigiosi, eredi di Del Vecchio.
Caltagirone e Milleri sono anche soci di minoranza di Generali, società di cui Mediobanca è il principale azionista, e da anni provano insieme, fin qui senza successo, a scalare il gigante delle assicurazioni italiane. Scriviamo che ci provano “insieme” perché così si legge su tutti i giornali, anche quelli di proprietà o vicini ai due finanzieri, ma evidentemente la notizia non è ancora arrivata alle autorità indipendenti di controllo del mercato come Banca d’Italia, Consob e Ivass, che salutiamo con deferenza.
Ora, grazie all’offerta ostile di MPS su Mediobanca, avallata evidentemente dal primo azionista di MPS, ovvero dal governo, e sempre che il mercato accetterà l’offerta di scambio, cosa che a giudicare dal primo giorno in Borsa e dalle reazioni internazionali non è detta, i due uomini d’affari potrebbero prendere finalmente il controllo di Generali senza peraltro sborsare una lira.
Sbaglia chi pensa che le frequentazioni americane di Meloni possano averle ispirato anche per l’Italia un sistema oligarchico sul modello di Elon Musk e degli altri innovatori senza regole della Silicon Valley, perché almeno i nuovi oligarchi americani, malgrado profittino dell’insipienza e ora della compiacenza della politica intorno ai loro monopoli, sono comunque innovatori proiettati ad affrontare le principali sfide del futuro, pur restando personaggi poco raccomandabili che sarebbe bene da tenere molto distanti dal governo del Paese (anche dal nostro).
Gli oligarchi di Giorgia, invece, non hanno alcuna caratteristica imprenditoriale di dirompente portata innovativa, non ci porteranno su Marte, al massimo al Circolo Aniene, ma grazie al governo Meloni diventeranno padroni di un pezzo consistente d’Italia, come gli oligarchi russi lo sono diventati, per gentile concessione del Cremlino, di alcuni settori industriali e di immense risorse pubbliche.
Non c’è bisogno qui di sottolineare quale impatto avrà l’oligarchizzazione dell’Italia su un dibattito pubblico che, a questo punto, potrà contare oltre ai giornali di proprietà anche quelli dell’area del senatore Angelucci, il Sole 24 Ore della Confindustria, la Rai melonizzata e i tradizionali media che si posizionano sempre al fianco del governo, di qualunque governo.
Di fronte agli oligarchi di Giorgia, i sedicenti liberali si sono dimenticati del mercato, per ora l’eccezione è Benedetto Della Vedova, e sono destinati a rinfoltire il grottesco club dei liberali per Salvini, per Putin e per Trump. Il Partito democratico prima di prendere posizione probabilmente organizzerà un seminario di studi, curandosi di mettere tutti i pronomi giusti, per poi sprofondare sempre più nella più ridicola irrilevanza.
Palazzo Chigi invece pensa, o perlomeno così si è fatto abbindolare, che affidare così tanto potere, e così tanti soldi, a due uomini d’affari, anziché lasciare che la Generali italiana diventi un player europeo sempre più importante nei mercati globali, possa aiutare il governo a navigare le acque agitate del tutti-contro-tutti inaugurato da Donald Trump, e magari anche a trovare risorse per i piani governativi in caso di bisogno e di annunciate vacche magre che potrebbero far perdere consenso.
L’operazione finanziaria avallata dal governo è un nonsense industriale e un azzardo con conseguenze rilevanti per il sistema economico e finanziario del paese. Anche perché, al contrario di quanto avviene in Russia, in Italia i governi passano e gli oligarchi restano. A meno che.
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Nota per il lettore: l’autore è consulente editoriale del Bollettino di Generali, il più antico magazine aziendale d’Italia
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