di Raffaele Vitali
MONTEGRANARO – Un incontro atteso che non lascia il mondo della moda a mani vuote. Il ministro per il made in Italy Adolfo Urso di fronte alle richieste ha presentato possibili soluzioni.
Il tutto partendo da un plafond di aiuti di 250 milioni di euro stanziati per il 2025. “Una scelta strategica per sostenere un comparto che rappresenta l’eccellenza del made in Italy e un pilastro della nostra economia. Una somma per strumenti concreti che accrescano la stabilità e la fiducia delle aziende”.
Parla di anno decisivo per il sistema imprenditoriale che deve affrontare la sfida della duplice transizione green e digitale. Sul piatto generale ci sono 22 miliardi, tre vanno alle Pmi: nello specifico, circa 9 miliardi per le misure fiscali: Piano Transizione 4.0 e 5.0; Ires premiale; 2,2 miliardi per il credito d’imposta nella Zes unica; oltre 7,5 miliardi tra contratti e mini contratti di sviluppo; 1,7 miliardi della Nuova Sabatini. “Le agevolazioni per gli investimenti produttivi riguardano i contratti di sviluppo, i mini contratti di sviluppo, autoproduzione energia FER e transizione industriale” ha spiegato.
Rivendica quindi piena operatività, dopo le critiche incassate per alcune azioni promesse e non portate a termine: “Abbiamo affrontato l’emergenza che ha colpito il comparto Moda sia sul piano finanziario sia sul piano sociale, con il patto per il riscadenzamento dei prestiti e con la cassa integrazione in deroga per le piccole e micro imprese della filiera. Ora dobbiamo passare alla fase del rilancio produttivo”.
Rilancio necessario, ma prima bisogna resistere. Purtroppo, nessuna garanzia è stata data in merito al credito d’imposta, questione mai risolta nonostante tavoli ministeriali e regionali che vanno avanti da mesi. “Sappiamo di continuare a ripeterci, ma la questione del credito d’imposta rimane ancora aperta e blocca le aziende, che la ritengono ingiusta e, temendo di dover ritornare le somme ricevute nel 215/19 in maniera legittima, si trovano in difficoltà nel varare programmi di innovazione e di transizione ecologica e digitale che gli stessi incentivi propongono per mancanza di liquidità necessaria per sostenerli.
Il saldo e stralcio al 50% più volte annunciato per le aziende coinvolte, non è stato attuato. La procedura di riversamento spontaneo del credito, scaduta il 31 ottobre 2024, ci risulta non aver avuto successo, sia per l’ingiustizia percepita dalle aziende che per la mancanza di fondi” chiarisce la presidente di Assocalzaturifici e Confindustria Accessori Moda, Giovanna Ceolini.
Tutto questo non basta e non basterà, lo ribadisce l’onorevole Simona Bonafè, quota PD: “Abbiamo preparato un pacchetto di emendamenti al ‘decreto emergenze’ a sostegno del settore della moda. Concretizzano le richieste che l’intera filiera avanza da mesi. Si tratta di interventi urgenti che non sono stati però ad oggi realizzati nonostante gli impegni presi. In primo luogo occorre prorogare la cassa integrazione in deroga per i lavoratori coinvolti, che scade a fine mese, almeno fino a giugno. E poi l’attivazione di risorse specifiche per promuovere le aggregazioni delle Pmi del settore moda, al fine di renderle maggiormente competitive, e per ristorare le aziende che hanno avuto cali di fatturato insostenibili”.
Le associazioni di categoria sono rimaste soddisfatte dall’approvazione del vademecum che consente alle imprese in temporanea difficoltà la possibilità di accedere a una sospensione fino a un periodo massimo di 12 mesi dei pagamenti dei finanziamenti ricevuti da Simest.
Non è una situazione facile quella che deve affrontare il ministro Urso, perché di criticità ce ne sono differenti. Come ha ricordato anche qualche giorno fa Diego Della Valle, bisogna partire dalla base della filiera prima adi arrivare ai grandi, che hanno comunque le loro difficoltà.
E lo ricorda bene Maura Basili, presidente di Camera Buyer Italia, l’associazione che rappresenta 90 insegne italiane del multibrand lusso moda attraverso 500 punti vendita.
“Oggi più che mai, il comparto del fashion retail multibrand si trova di fronte a una crisi senza precedenti. Se non verranno adottate misure di sostegno mirate, rischiamo di assistere a una drastica riduzione delle nostre più importanti boutique nei prossimi cinque anni. Il Governo pensa giustamente alle aziende produttrici, ma è fondamentale considerare anche il destino dei punti vendita. Senza una rete distributiva solida e sostenibile, i marchi italiani non avranno più spazi adeguati e di valorizzazione per proporre i propri prodotti ai consumatori finali. Servono quindi agevolazioni fiscali e un più facile accesso al credito”.
Se non fosse chiaro che la situazione non è rosea, la presidente Ceolini ha lasciato a Urso, al teine del sesto tavolo della Moda, una serie di numeri: nei primi 9 mesi 2024 c’è stato un aumento delle richieste di CIG del +139,4% per la filiera della pelle rispetto allo stesso periodo del 2023. Siamo tornati ai livelli della pandemia e gli aumenti riguardano ogni distretto, ma soprattutto le Marche: Lombardia +60%, Veneto + 59%, Toscana + 218%, Marche + 178%, Campania + 175%.
“Sottolineiamo l’urgenza di interventi strutturali a lungo termine per sostenere il comparto moda, fondamentale per l’economia del nostro Paese e a rischio di perdere competenze, qualità e numerosi posti di lavoro” ha concluso Giovanna Ceolini.
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