Trump salva la faccia della sconfitta minacciando sanzioni a Mosca

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Zelensky apre ai colloqui con Putin. Il capo dell’ufficio presidenziale ucraino Ermak: la situazione al fronte è difficile

Dietro il linguaggio criptico dei capi di Stato, i media talvolta si fermano alla superficie delle parole. Ed ecco che Trump, dopo aver promesso di fermare il conflitto in Ucraina per scongiurare una possibile terza guerra mondiale, ora sembra minacciare Putin nel tentativo di imporgli una pace da una posizione di forza.
Non cerco di fare male alla Russia, mi piace il popolo russo e ho sempre avuto una relazione molto buona con il presidente PutinNon dobbiamo dimenticarci che la Russia ci ha aiutato durante la Seconda Guerra Mondiale”, ha affermato sul social Truth, apparentemente nel tentativo di mettere l’omologo con le spalle al muro: “Patteggia ora e metti fine a questa ridicola guerra. Se non ci sarà un accordo a breve non avrò altra scelta se non imporre nuove tasse, dazi e sanzioni su tutto quello venduto dalla Russia e vari altri Paesi partecipanti negli Stati Uniti. Facciamola finita con questa guerra che non sarebbe mai iniziata se fossi stato presidente. Lo possiamo fare in modo semplice o in modo difficile. È il momento di fare un accordo, non dovrebbero essere perse altre vite”, ha concluso Trump.
D’altra parte, secondo Reuters, citando una fonte anonima a conoscenza della posizione del Cremlino, il presidente russo Vladimir Putin ritiene che Mosca abbia già raggiunto gli obiettivi principali della guerra contro l’Ucraina, essendo riuscita a controllare i territori che collegano la terraferma con la Federazione Russa, inclusa la Crimea, e avendo indebolito le forze armate ucraine.
L’agenzia ha osservato che nel 2024 la Russia ha ottenuto le conquiste territoriali più significative dai primi giorni della guerra, e ora controlla quasi un quinto dell’Ucraina.
La pubblicazione poi prosegue delineando quelle che sono le preoccupazioni più urgenti in merito alle distorsioni nell’economia russa. Putin sarebbe “frustrato” dalla situazione finanziaria del Paese e ha “rimproverato” gli alti funzionari economici in una riunione tenutasi al Cremlino il 16 dicembre 2024. Una fonte di Reuters informata dopo l’incontro ha detto che Putin era “visibilmente infelice” quando ha saputo che gli investimenti privati erano stati schiacciati da prestiti costosi.
Indiscrezioni interpretabili come la disponibilità di Mosca ai negoziati, avallando un’amministrazione Trump che, con lo spauracchio delle sanzioni, può uscire dal conflitto a testa alta, vendendo all’opinione pubblica un successo che nasconda l’effettiva sconfitta strategica subita da Washington in Ucraina.
D’altronde, 3 anni di misure coercitive occidentali contro Mosca non hanno piegato in alcun modo la macchina bellica e l’economia russa, pur risentendo oggi di un’inflazione vertiginosa che ha spinto la banca centrale del paese ad aumentare i tassi di interesse di riferimento al 21%.
Ne ha parlato il New York Times all’inizio di quest’anno, spiegando che “le previsioni dei primi mesi della guerra secondo cui le restrizioni economiche avrebbero presto indebolito il regime del presidente Vladimir V. Putin o ridotto il rublo in ‘macerie’ non si sono avverate”.
Secondo la pubblicazione, nel corso del tempo, Mosca ha sviluppato ulteriori modi per aggirare le sanzioni, come lo sviluppo di una propria flotta ombra di navi per il trasporto di petrolio dopo che sono state imposte restrizioni sull’uso da parte della Russia di petroliere occidentali e sull’assicurazione contro le fuoriuscite di petrolio. Nel frattempo l’Unione Europea continua ad acquistare quasi il 50% del gas naturale liquefatto esportato dalla Russia.

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Nel frattempo il Financial Times riporta che le navi da trasporto del gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti all’Asia e al Sud Africa stiano cambiando rotta verso i porti europei. Una virata molto insolita secondo l’analista del mercato GNL, Alex Frawley.
Addirittura il tycoon, durante un discorso a Davos, ha suggerito che avrebbe chiesto all’Arabia Saudita e all’OPEC di abbassare i prezzi del petrolio, anche per esercitare pressioni sulla Russia sulla questione della guerra in Ucraina. “Se il prezzo del petrolio scende, la guerra in Ucraina finirà”, ha detto Trump, nell’ottica di compromettere la grande rendita garantita a Mosca, data dalla vendita di questa materia prima.
Tuttavia, da diverso tempo è in corso una svalutazione dei rapporti tra Washington e Riad. Un deterioramento emerso chiaramente nell’autunno 2022, quando anche l’amministrazione Biden ha cercato di ottenere dall’Arabia Saudita un aumento della produzione petrolifera per abbassare i prezzi e danneggiare le entrate della Russia. Invece, Riad ha confermato un taglio di produzione insieme a Mosca, portando a un rialzo delle quotazioni. Successivamente, l’Opec+ ha annunciato ulteriori tagli, minando l’impegno di stabilizzare il mercato petrolifero che gli Stati Uniti avevano cercato di imporre. La decisione ha avuto un impatto significativo sull’economia globale, con il “Global Times” che ha definito l’azione come una sfida diretta all’egemonia statunitense.
Una misura che ha messo a dura prova la disponibilità dei Paesi membri dell’“Occidente collettivo” a tener fede al tetto del prezzo del petrolio a 60 dollari per barile imposto contro la Russia.


Zelensky: “Colloqui con Putin”, ma con garanzie

Nel frattempo a Kiev, la leadership ucraina rompe un tabù rispetto al passato. Zelensky ha detto all’agenzia Bloomberg che potrebbe avere colloqui con Putin se il presidente degli Stati Uniti Donald Trump fornirà all’Ucraina garanzie di sicurezza.
Ha inoltre sottolineato che i colloqui di pace devono essere “equi”, precisando che questa equità dipende non solo dagli Stati Uniti, ma anche dall’Unione Europea. In un messaggio su Telegram, il presidente ucraino ha spiegato che la fine della guerra dovrebbe rappresentare una vittoria per Trump, non per Putin.

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Ha poi aggiunto che senza garanzie di sicurezza forti e irrevocabili da parte di Washington e Bruxelles, un cessate il fuoco potrebbe permettere alla Russia di riorganizzarsi e rilanciare l’offensiva. “L’unica domanda è quali garanzie di sicurezza, e voglio capire bene prima dei colloqui”, ha dichiarato.
Zelensky ha proseguito sottolineando che i negoziati possono essere considerati giusti o ingiusti, a seconda della prospettiva. “Molto dipende da come definiamo la giustizia“, ha scritto sui social, evidenziando che la posizione di Stati Uniti ed Europa, e la loro indipendenza, sono cruciali. Secondo lui, anche la posizione del “Sud globale” avrà un impatto importante.
In sostanza il leader ucraino cerca ancora una via d’uscita dalla catastrofe che non torbi l’immagine elettorale dell’uomo che ha portato il Paese alla pace con un negoziato trionfale.


La situazione per Kiev sul fronte orientale peggiora

Intanto al fronte la condizione per i difensori peggiora sempre di più. Il capo dell’ufficio di Zelensky, Andrei Ermak, ha ammesso che la situazione delle forze armate ucraine è difficile e tesa, soprattutto nell’est e nella regione di Kursk. 
Con lo stato attuale del conflitto, siamo ancora in una situazione più tesa e più difficile nell’est e anche nella regione di Kursk, dove rimaniamo ancora… Sì, questa è una situazione difficile“, ha detto Ermak alla CNBC. 
A descrivere un bollettino di guerra drammaticamente peggiorato è anche il giornale svizzero Neue Zürcher Zeitung, secondo cui a Velikaya Novoselka, Chasov Yar e Pokrovsk, le forze armate ucraine sono finite “in una trappola”. La prima delle tre, una città che per tre anni è stata una roccaforte contro l’avanzata russa nel sud del Donbass, è prossima a cadere. Le forze ucraine sembrano essere tagliate fuori da ogni via di rifornimento, e i soldati rimasti possono solo sperare di raggiungere un luogo sicuro a piedi, attraversando i campi o usando traghetti improvvisati sul fiume Mokrye Yaly. Nel frattempo, mentre sono costretti ad abbandonare le loro attrezzature pesanti. 
I tentativi di soccorso sembrano essere falliti, come dimostra, tra l’altro, un video che mostra veicoli blindati distrutti nelle vicinanze. Questo scenario ricorda le difficili battaglie di ritirata vissute un anno fa vicino ad Avdiivka e a Ugleder, dove l’alto comando ha tardato a ordinare la ritirata, contribuendo a una forte frustrazione tra i soldati ucraini.
Dopo la caduta di Velikaya Novoselka, le forze armate russe tenteranno una spinta verso nord, in direzione del confine con la regione di Dnepropetrovsk, dove ci sono pochi ostacoli topografici. Neue Zürcher Zeitung definisce Velikaya Novoselka come un simbolo del cambiamento nel destino della guerra, ricordando che proprio in questa area si era verificata la fallita controffensiva ucraina nell’estate del 2023.

Foto © Imagoeconomica

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