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Lino Silvestri aveva costruito una realtà fatta di sport e rigenerazione sociale: ma la burocrazia e il Comune di Napoli l’hanno demolita

Napoli è stata nominata capitale europea dello sport 2026, ma gli spazi e i centri sportivi dove svolgere le attività dove sono? La consigliera regionale Maria Muscarà in un post sui social definisce Napoli capitale dello sport «un ossimoro». «Se per sport – ironizza Muscarà – il sindaco e l’Assessore intendono attività come gli scacchi e lo scopone scientifico, allora forse siamo la città dello sport».

Infatti, a Napoli le strutture sportive degradate o dimenticate sono numerose. Un esempio lampante di struttura abbandonata, di proprietà del Comune di Napoli, è la palestra sita in via Sottomonte ai Ventaglieri dove Lino Silvestri, figlio del campione riconosciuto a livello nazionale Geppino, aveva costruito una realtà fatta di sport e rigenerazione sociale. «Ho dovuto chiudere la palestra – spiega Lino a Stylo 24 – a causa di un attacco fiscale molto importante. Ci hanno addebitato 2 milioni di euro di arretrati. Il giudice Maresca ha provato ad aiutarmi, ha fatto di tutto per salvare l’attività. Nulla è andato mai a buon fine. Non gli hanno mai dato i documenti richiesti».

L’assegnazione dell’immobile

Oltre 20 anni di storia e di lotta, 3.000 mq di spazio, oltre 100 iscritti annuali, 19 dipendenti e 45 ragazzi affidati ogni anno a titolo gratuito dagli assistenti sociali e dalla Municipalità per intraprendere un percorso di recupero dalla strada e avvicinamento allo sport. La storia della Napoli Boxe, questo il nome della palestra, comincia il 25 agosto del 1995 quando Lino comincia a svolgere la sua attività in un centro sociale, chiamato DAM, sito nel parco Ventaglieri. Dopo 5 anni di attività al terzo piano di questo centro sociale, Silvestri decide di partecipare a un bando pubblico per l’assegnazione di un immobile comunale. «Ero il numero 100 della lista delle associazioni e società che hanno manifestato interesse verso questi locali del Comune», spiega Lino. «Le 99 associazioni e società che mi precedevano – ha proseguito – dopo aver visitato l’immobile hanno rifiutato l’assegnazione e alla fine l’ho preso io». Lo spazio si trova a vico Sottomonte ai Ventaglieri, numero 10/a. «Il numero civico – racconta ancora Silvestri con tono nostalgico e affezionato – l’ho inventato io, non esisteva. Il vicoletto è talmente piccolo che si fermava al numero nove». Così, nel 2001 inizia la travagliata storia che lo ha condotto alla chiusura, ma anche ad affermarsi come prima realtà importante di Boxe agonistica partenopea.

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Quasi mezzo milione per la ristrutturazione

Nel 2001 Silvestri ottiene l’assegnazione dell’immobile e si impegna nella ristrutturazione per una stima giurata di un valore pari a 450mila euro. «Quando mi è stato assegnato il bene – racconta Lino – non c’erano cancelli, contatori e il locale non era abitabile. Il Comune non ha effettuato nemmeno il cambio di destinazione d’uso. Ancora oggi è accatastato come rimessa. È stato tutto a onere mio, anche la manutenzione ordinaria e straordinaria». Lo spazio, esteso su due livelli, corrispondeva al piano inferiore di due edifici scolastici: il Fonseca e il Baccini-Mazzini. I sottoservizi delle scuole, come scarichi o fognature, erano tutti nel seminterrato, dove si trova la palestra. Prima che nascesse la Napoli Boxe la manutenzione dei sottoservizi era gestita dal Comune, con l’apertura della palestra invece è diventato tutto a carico di Lino. «Quando c’ero io nella palestra – racconta ancora Lino – dovevo intervenire immediatamente e a spese mie. Non è mai venuto il Comune di Napoli a risolvere questi problemi, anche perché i tempi sarebbero stati più lunghi».

Un contesto particolare

L’attività nella palestra è comunque cominciata con i lavori in corso, terminati 17 anni dopo, nel 2018. «C’era tanto da fare – spiega Silvestri – tra muri, impianti elettrici, impianti idraulici, ho dovuto spendere tantissimo e potevo farlo solo utilizzando le quote associative degli atleti che si venivano ad allenare, che non erano sicuramente quelli del pugilato, ma quelli delle attività collaterali al pugilato. Il pugilato l’ho fatto sempre a titolo gratuito. Ogni anno investivo una somma nei lavori di ristrutturazione e manutenzione. Quando non avevo liquidità per pagare, mi impegnavo in prima persona per realizzare i lavori acquistando il materiale e improvvisandomi imbianchino o operaio».

Dopodiché altre spese sono state necessarie per creare attrattiva. Vicoletto Sottomonte ai Ventaglieri è un vicolo cieco di Montesanto, residenziale, dove prima della palestra non c’era nulla. «Era il vicolo noto per pugilato, armi e droga. Solo il pugilato non si fa più», afferma ancora rammaricato Silvestri. L’uomo si impegnava a promuovere il pugilato anche tramite l’organizzazione di eventi, dimostrazioni in piazza e altre iniziative. «Il quartiere – spiega – è particolare, dovevo sperare venisse gente anche da fuori». Così particolare che non sono mancate nemmeno difficoltà di altra natura. Lino racconta che 8 anni fa ha subito un’aggressione da uno spacciatore che cercava di organizzare una piazza di spaccio fuori la palestra. «L’ho combattuto verbalmente per un periodo di tempo – racconta – poi l’ho affrontato e mi ha spaccato una bottiglia in testa, quella di spumante con fondo spesso. Ho subìto un tentativo di omicidio, ma non solo. Sono stato accoltellato all’addome per tentativi di estorsione. È come fossi stato in trincea per tanti anni, ma nessuno mi ha mai dato una mano».

Le prime difficoltà

Le prime complicazioni, oltre a quelle riscontrate con il contesto difficile in cui è sito lo spazio, sono state riscontrate a causa dei problemi di viabilità provocati dai genitori dei ragazzi che si andavano ad allenare in palestra. Così, Lino chiese al Comune di Napoli le concessioni per utilizzare un’area specifica, trasformandola in garage di pertinenza dell’associazione. Fu emessa una delibera da parte del Comune e lo spazio gli viene assegnato. Furono fatti i lavori all’interno, sempre a onere dell’uomo, furono ottenuti i certificati di prevenzione e tutta la documentazione necessaria per utilizzare il garage regolarmente. Da quel momento ci furono le prime contestazioni da parte del consigliere comunale e attuale presidente della Commissione Sport Gennaro Esposito, il quale sostenne che in quella palestra non si svolgesse attività sociale.

«Ho denunciato e smentito più volte, – dichiara Lino – mi sono assicurato che i ragazzi che seguivo a titolo gratuito presentassero tutte le carte che certificavano che erano seguiti da me a titolo gratuito, dimostrando, così, di fare attività sociale attraverso le documentazioni rilasciate dal tribunale dei minori e dagli assistenti sociali della Municipalità. Era tutto documentato, ho presentato tutto al Comune, ma l’amministrazione appena scaduti i contratti aggiunse ai 500 euro che pagavo per la concessione, 10.800 euro. Ovviamente non avevo la disponibilità economica per sostenere un costo del genere, proprio perché facevo attività sociale. Con le altre associazioni che hanno debiti anche più esosi e altre strutture in concessione, hanno azzerato il debito. Hanno cacciato solo me».

Per cercare di rientrare con le spese, quando l’autorimessa fu aperta a disposizione dei clienti con delibera regolare del Comune, Lino proponeva dei pacchetti che comprendevano il posto auto. Era un modo per fidelizzare i clienti e coprire i costi di manutenzione dell’immobile e del personale. L’ultimo bilancio fu di 4.500 euro di spese fisse mensili (utenze, mensilità al Comune e dipendenti) e le offerte erano il suo modo per sanarlo.

I primi controlli, la prima chiusura

«Tutto – piega ancora Lino – era corredato da impianti antincendio, tutto a norma e tutto regolarmente registrato. Vennero a fare dei rilievi dopo le segnalazioni di Gennaro Esposito e mi chiusero una prima volta a causa di un finestrone che risultò per poco non conforme alle misure del progetto. Lo allargai per renderlo a norma, feci tornare gli addetti ai controlli e mi diedero il via per la riapertura», ma nemmeno bastò. «Mi hanno fatto uno sgombero coatto, mi hanno mandato una lettera sostenendo dovessi pagare quasi 11mila euro stracciando le delibere che mi assegnavano come quota sociale di 500 euro e le hanno volute calcolare per cifre intere dal primo giorno in cui sono entrato nell’edificio, dal 2001. Dovrei dare al Comune di Napoli circa 2 milioni di euro». Nel 2016 con l’amministrazione de Magistris scoppiò un contenzioso, con la prima carta di sgombero mai reso esecutivo fino all’arrivo di Manfredi. Poi la richiesta di due milioni di euro per danno erariale. Non sono bastate le manifestazioni, nemmeno incatenarsi fuori Palazzo San Giacomo per contestare l’amministrazione. Non è bastata la solidarietà dei residenti, né la caparbietà del giudice Maresca.

L’amministrazione disposta al dialogo? Ad oggi lo spazio è chiuso

Dopo lo sgombero, avvenuto il 6 marzo del 2023, l’amministrazione comunale si era dichiarata disponibile a dialogare con i gestori della palestra (lo dichiarava in una nota, ndr) per trovare possibili compromessi. Convocò perfino un tavolo tematico sugli sgomberi «per monitorare le singole vicende e verificare con tutti gli organismi competenti gli strumenti per individuare le possibili soluzioni di conciliazione che rispondano agli obblighi di legge per l’amministrazione e salvaguardino le attività sociali svolte sui singoli territori a favore dei giovani e delle fasce deboli». Ad oggi, dopo due anni la palestra è ancora chiusa e non si è trovato alcun compromesso. I vigili sono andati a visionare lo spazio con ipotetici assegnatari: Abc e Flordo Cafè. Il primo hanno trovato l’immobile in uno stato di degrado totale, poiché abbandonato e non manutenuto da due anni ormai e hanno rinunciato all’affidamento. Il secondo ha rifiutato per la posizione scomoda e defilata che non consentirebbe ai fornitori di raggiungerla facilmente.

Conto e carta

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«Io quello spazio me lo riprenderei…»

Tanti sono i ragazzi del centro storico e zone limitrofe che hanno trovato una casa nella Napoli Boxe che gli ha consentito di allontanarsi dalla strada e da realtà difficili, in cui si sono visti costretti a tornare nel momento in cui gli è stato sottratto lo spazio e una valvola di sfogo. «Abbiamo fornito per tanti anni un’alternativa alla strada, ma questi alternative non ne hanno», dice ancora Lino. «Io – prosegue – quel locale me lo prenderei di nuovo, anche perché chi subentra dopo di me comunque non pagherebbe i soldi che pretendono da me». Oggi Silvestri ha aperto una nuova realtà a Soccavo, affidandosi a un privato. «Pago una cifra esorbitante per andare avanti con questa palestra, ma non ce la faccio. I ragazzi che fanno pugilato in questi quartieri non sono benestanti, non posso chiedere cifre grandi per iscrizioni e corsi. A breve potrei chiudere, non ce la si fa».

Restituire lo spazio di via Sottomonte ai Ventaglieri alla cittadinanza in occasione di Napoli capitale europea dello Sport potrebbe essere un modo per lanciare un segnale, per manifestare la voglia di riqualificare i quartieri difficili e affiancare i giovani in percorsi per contrastare la violenza che sta degenerando in città tra i minori.





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