L’algoritmo (italiano) che aiuta le aziende a misurare la «prontezza» di progetti per il mercato

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Lo ha elaborato NsbProject, società attiva nella certificazione per conto del Mimit. Fabrizio Riccomi: «Così diamo al mercato informazioni precise sulla maturità tecnologica, la prontezza manifatturiera e gli indicatori commerciali di progetti o prodotti nati in laboratorio». La soluzione di «readiness» aiuta fondi di venture capital e private equity a valutare le scelte di investimento in startup e scalup

Ammonta a un milione, secondo alcune stime di mercato, il numero di imprese finite nella rete dell’Agenzia delle Entrate, tra accertamenti, contenziosi e processi (circa 50 mila nel solo anno 2019), ancora nessuno arrivato in Cassazione. La vicenda è quella dei crediti d’imposta su ricerca, sviluppo, innovazione, di cui hanno usufruito le aziende ma che adesso si ritorce loro contro, specialmente alle pmi. Secondo alcuni esperti del settore, sul tavolo mancano tra i 40 e 50 miliardi di tasse non incassate dallo Stato nell’arco di dieci anni, da quando cioè è partito per legge il meccanismo del credito d’imposta, mentre oggi gli incentivi fiscali a favore delle aziende stanno precipitando. Ma per avere un quadro migliore della complessa situazione, occorre fare in passo indietro.

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A partire dal 2015 per le aziende che genericamente innovano o fanno ricerca e sviluppo, viene previsto un credito fiscale con una compensazione secca sulle tasse che varia tra il 25% e il 50%, ma già nel biennio 2017-2019 lo “sconto” fiscale arriva a quota 50% sui costi sostenuti. Ciò ha prodotto il grande risultato di avvicinare gli investimenti in ricerca e sviluppo alla media dei Paesi europei. Questo era, del resto, l’obiettivo della misura, insieme agli altri due interventi (Industria 4.0 e il Patent box sui brevetti).
Però, nel 2019 il quadro cambia radicalmente e la macchina dello Stato inserisce la retromarcia: l’Agenzia delle Entrate fa partire controlli con sanzioni anche sul pregresso: per esempio, chi nel 2016 ha usufruito di un credito da 100 mila euro si ritrova a doverne pagare 230 mila tre anni dopo.
Per inciso, le ultime due leggi di Bilancio hanno abbassato al 15% e poi al 10% in vigore quest’anno, quell’incentivo mentre in altri Paesi come Germania, Spagna e Francia rimane attorno al 25%.




















































Arrivano i certificatori

Ma oramai le aziende hanno timore di questo strumento fiscale: ogni intervento è potenzialmente a rischio di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate e non vengono esclusi profili penali. «Il vero peccato originale è stato di aver confuso l’innovazione o l’investimento in nuove tecnologie con la ricerca & sviluppo. Per riparare ai guasti, ogni anno il dispositivo di legge è stato modificato, anche più volte durante l’anno. E così alla fine, nel tentativo di ridurre il numero di contenziosi, il governo ha creato l’albo dei certificatori che ha un compito importante: deve validare le iniziative delle imprese ai fini del credito d’imposta», spiega Fabrizio Riccomi, ceo e co-fondatore di NsbProject, una realtà italiana partner dell’Unione europea in progetti del programma Horizon e nata per accompagnare le aziende nel tanto acclamato ma poco praticato trasferimento tecnologico. Cioè quando un’idea o intuizione di laboratorio viene portata sul mercato.
«Da quando il Mimit, Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha fatto partire questo meccanismo, c’è un boom di richieste di certificazione per centinaia di milioni di euro», sostiene l’esperto. Trasparenza nelle procedure e affidabilità dei protagonisti sono le chiavi che potrebbero chiudere la stanza dei vecchi pasticci. Come funziona il meccanismo? I certificatori professionisti verificano i progetti presentati dalle imprese secondo i criteri della normativa, in particolare rispetto a parametri di qualità come l’innovazione e la rilevanza tecnologica degli investimenti. Alla fine, chi ottiene il bollino blu della certificazione può stare tranquillo rispetto all’Agenzia delle Entrate.

La «readiness» dei progetti

La storia potrebbe finire qui. Ma non per i professionisti di NsbProject, che fanno un passo avanti. Se lo Stato vuole una perizia ispirata al cosiddetto Modello Frascati (uno standard di rilevanza degli anni Sessanta), NsbProject ha sviluppato uno strumento di misurazione ancora più analitico, oggettivo e numerico. Mettendo sul tavolo il concetto della «readiness» per dare al mercato informazioni precise sulla maturità tecnologica, la prontezza manifatturiera che valuta la capacità di un prodotto di essere realizzato su larga scala in modo affidabile ed economico. E ancora: il livello di integrazione di un sistema dentro un contesto più ampio ma anche gli indicatori commerciali. Un ultimo gradino misura la “adoption readiness” cioè quanto una soluzione sia pronta per essere adottata da mercato di riferimento.
Una volta che sarà terminata l’odissea delle imprese italiane tra sconti fiscali, progetti e bollini di certificazione, l’algoritmo di NsbProject potrà essere usato in altre situazioni. «In realtà, lo stiamo già sperimentando con fondi di venture capital e private equity attenti ad aggiungere un ulteriore strumento di valutazione alle proprie scelte di investimento in startup e scaleup», assicura Riccomi. In questo modo, chi vuole misurare gli investimenti necessari per portare un’idea sul mercato, qui ha lo strumento pronto. 


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24 gennaio 2025 ( modifica il 24 gennaio 2025 | 14:22)

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