Vietare l’utilizzo di simboli del comunismo sovietico, equiparandoli a quelli del regime nazista. C’è anche questo nella risoluzione votata dal Parlamento europeo “sulla disinformazione e la falsificazione della storia da parte della Russia per giustificare la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina“. Nel testo che ha passato l’esame della Plenaria con 480 voti favorevoli, 58 contrari e 48 astensioni viene denunciata l’opera di disinformazione orchestrata da Mosca e si allarga il discorso con vari esempi, dalla lettura putiniana del Patto Molotov-Ribbentrop a quella che gli eurodeputati considerano una mancata condanna delle violenze contro oppositori e minoranze durante il periodo sovietico. Un insieme di considerazioni che, alla fine, portano l’Eurocamera a “deplorare il continuo utilizzo di simboli di regimi totalitari negli spazi pubblici e chiede il divieto dell’uso di simboli a livello dell’Unione sia nazista che comunista sovietico, nonché simboli dell’aggressione compiuta attualmente condotta dalla Russia contro l’Ucraina”.
Tutto sullo stesso piano, quindi: il progetto di conquista imperialista di Adolf Hitler, 70 anni di Unione Sovietica e l’invasione russa dell’Ucraina ordinata da Vladimir Putin. Proprio questo passaggio, al punto 14 della risoluzione, è risultato molto divisivo: per gli italiani hanno votato contro la Lega e il M5S insieme a Ilaria Salis di Avs e al Pd. A favore invece la delegazione di Fratelli d’Italia e quella di Forza Italia e Ignazio Marino dei Verdi, mentre Cristina Guarda e Benedetta Scuteri hanno votato contro. Sull’intera risoluzione si sono espressi a favore FdI e Forza Italia, mentre si è astenuta la Lega e il M5S ha votato contro insieme a Salis.
Le motivazioni di tale presa di posizione si ritrovano in parte allo stesso punto 14 del testo. Si spiega che l’Eurocamera “ritiene che i tentativi della Russia di distorcere, rivedere e travisare la storia dell’Ucraina minano la memoria collettiva e l’identità dell’Europa nel suo insieme e rappresentano una minaccia alla verità storica, ai valori democratici e alla pace in Europa; invita pertanto gli Stati membri a investire maggiormente nell’istruzione e la ricerca sulla storia comune dell’Europa e sulla memoria europea, e sostenere progetti che promuovono una migliore comprensione dell’impatto di divisione dell’Europa durante la Guerra Fredda; sostiene la costruzione di un memoriale Paneuropeo a Bruxelles per tutte le vittime dei regimi totalitari del XX secolo”.
In più, gli europarlamentari condannano il fatto che “la Federazione russa non ha accertato le responsabilità per i crimini sovietici e il suo deliberato ostruzionismo nei confronti della ricerca storica negando l’accesso agli archivi sovietici e chiudendoli, come pure il fatto che ha adottato una legislazione che configura come reato la rappresentazione veritiera dei crimini sovietici e russi e ha perseguitato le organizzazioni della società civile che indagano sui crimini sovietici, ha esaltato il totalitarismo stalinista e ne ha ricreato i metodi; sostiene che l’impunità e la mancanza di un dibattito pubblico e di un’istruzione basati su una visione obiettiva della storia hanno contribuito alla capacità dell’attuale regime russo di rivitalizzare le politiche imperialiste e di strumentalizzare la storia per i suoi scopi criminali; condanna la persecuzione delle organizzazioni della società civile che indagano sui crimini sovietici o sui crimini commessi dall’attuale regime, compresa la liquidazione dell’organizzazione Memorial International, del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial e del Gruppo di Helsinki di Mosca, nonché la chiusura forzata del Centro Sacharov“.
Il punto affronta un tema che è stato sollevato già nei giorni precedenti dell’invasione russa dell’Ucraina. Perché è stato proprio Vladimir Putin, inizialmente, a cercare una giustificazione anche storica alla sua decisione di portare i carri armati di Mosca al di là del confine. Così, ha parlato di “denazificazione” dell’Ucraina, di una terra, la Crimea, che è stata ceduta “per errore” e ha sostenuto altre tesi col solo scopo di giustificare l’attacco. Un’azione, sostengono, che ha lo scopo di influenzare non solo l’opinione pubblica interna, ma anche quella internazionale inserendosi nel dibattito democratico specialmente nei Paesi membri che si apprestano ad andare al voto. Per questo il Parlamento “esorta vivamente l’Unione e i suoi Stati membri a intensificare ulteriormente e a coordinare i loro sforzi per contrastare tempestivamente e rigorosamente la disinformazione e la manipolazione delle informazioni e le ingerenze straniere da parte della Russia, al fine di proteggere l’integrità dei loro processi democratici e rafforzare la resilienza delle società europee, tra l’altro promuovendo attivamente l’alfabetizzazione mediatica e sostenendo i media di qualità e il giornalismo professionale, in particolare il giornalismo investigativo che svela la propaganda russa, i suoi metodi e le sue reti”.
Mentre per gli organi di informazione considerati vicini al Cremlino devono essere applicate sanzioni, mentre si stanziano “risorse sufficienti per far fronte con efficacia a questa guerra ibrida”. E “invita l’Ue e gli Stati membri a rafforzare il loro sostegno ai media russi indipendenti in esilio, al fine di consentire voci diverse tra i media in lingua russa”.
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