via dall’aula con la Costituzione in mano / VIDEO

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Costituzione in mano e coccarde sulla toga. I magistrati lasciano l’auditorium del tribunale di Firenze dove è in corso la cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Lo fanno, questa mattina, durante l’intervento del rappresentante del governo Antonio Sangermano, capo del dipartimento di giustizia minorile al ministero della Giustizia. Una protesta silenziosa, promossa dall’associazione nazionale magistrati, contro la riforma costituzionale di modifica dell’ordinamento giudiziario.  

“È un gesto verso un disegno riformatore costituzionale che non condividiamo – afferma Alessandro Ghelardini, presidente della sezione toscana dell’associazione nazionale magistrati – Si va a intervenire su un assetto ordinamentale perché si sostiene che, ad oggi, ci sia un deficit di terzietà del giudice. L’esperienza, anche recente, dimostra che l’attuale assetto della magistratura è in grado di valutare con piena indipendenza e terzietà le richieste dei pubblici ministeri, magistrati che come noi condividono il medesimo percorso professionale. Tutta questa necessità di intervenire sull’ordinamento giudiziario con questa separazione delle carriere che noi riteniamo pregiudizievole dell’interesse dei cittadini, non può essere una priorità”. 

I punti della riforma motivo di protesta

Secondo i magistrati la riforma incide, in modo peggiorativo, su due aspetti fondamentali riportati durante l’intervento in aula di Ghelardini. “Il primo è la separazione dei percorsi professionali della magistratura inquirente e di quella giudicante”. La nota separazione delle carriere. “È prevista infatti diversità di concorsi e diversità di autogoverno perché verrà istituito, a fianco di un consiglio superiore della magistratura giudicante, un consiglio superiore della magistratura inquirente. In sostanza le promozioni, i trasferimenti e ogni altro atto incidente sullo stato giuridico ed economico del magistrato saranno di competenza del consiglio giudicante”. Questo comporterebbe “l’allontanamento dei magistrati inquirenti dalla cosiddetta unitaria cultura della giurisdizione e trasformerà l’attuale pubblico ministero in una sorta di superpoliziotto, votato solo a perseguire prove di colpevolezza”.

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Il secondo punto, non condiviso, riguarda “le nuove modalità di nomina dei componenti dei Consigli Superiori” i quali attualmente vengono “eletti dai magistrati” mentre “il progetto riformatore prevede che la nomina dei consiglieri avvenga mediante estrazione a sorte passando, quindi, da un momento di scelta democratica al sorteggio”. Secondo la magistratura questo porterà “ad un chiaro svilimento della componente togata all’interno degli organi di autogoverno, verrà quindi eliminato il potere dei magistrati di scegliere i propri rappresentanti e selezionare quelli che al meglio potranno esercitare la funzione – continua Ghelardini – Ciò porterà senz’altro ad un rafforzamento del ruolo effettivo della componente politica nel governo della magistratura, con conseguente pregiudizio per la nostra indipendenza”. 

Le richieste dei magistrati

“Oggi la priorità non è la separazione delle carriere dei magistrati ordinari ma è quella di ridurre la durata dei processi – afferma il presidente Alessandro Ghelardini in conclusione al suo intervento – serve lavorare sugli organici dei magistrati e colmare le scoperture degli uffici, serve maggiore impegno nelle procedure di informatizzazione del processo. Serve la stabilizzazione del personale amministrativo assunto per l’ufficio del processo e serve maggiore attenzione all’edilizia giudiziaria e penitenziaria”. Su questo ultimo punto fa riferimento anche al carcere di Sollicciano e al palazzo di giustizia di Prato, i quali necessitano di “interventi rapidi, radicali su cui la politica deve necessariamente dare risposte in tempi brevi perché ci sono situazioni che incidono gravemente su diritti fondamentali”. 

Personale amministrativo: “Siamo precari, chiediamo stabilizzazione”

Oltre alle proteste in auditorium, da parte dei magistrati, fuori dal palazzo di giustizia di viale Guidoni ci sono i lavoratori del personale amministrativo. Un presidio organizzato dalla Cgil. “Siamo qua a chiedere più personale perché c’è una carenza di organico superiore al 35% inoltre l’età media del personale è di oltre cinquantotto anni – afferma Simone Chiné Milieri, addetto ufficio per il processo – Siamo precari Pnrr e presidiamo per chiedere stabilizzazione perché dal 2022, anno in cui siamo stati assunti stiamo migliorando l’efficienza della giustizia andando, come addetti all’ufficio per il processo, operatori data entry e tecnici di amministrazione, a svolgere tutta una serie di mansioni di ausilio sia alla giurisdizione sia alla parte amministrativa necessarie per la durata del processo”.

Tra le altre richieste anche “una strategia seria per l’informatizzazione dotandoci di strumenti nuovi e non obsoleti, il rinnovo del contratto integrativo, lo scorrimento delle graduatorie in modo da avere un’intesa programmatica pluriennale per le assunzioni e recuperare il patrimonio edilizio per tutelare il benessere dei dipendenti”. 

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