Israele congela l’accordo e blocca gli sfollati

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Doveva essere un giorno di gioia anche per loro. A migliaia si sono fermati a Nuseirat, a ridosso del Corridoio Netzarim controllato dall’esercito israeliano, in attesa di passare e di tornare finalmente al nord di Gaza. La speranza di tutti, flebile dopo i 15 mesi di bombardamenti a tappetto di Israele, è trovare in piedi, anche solo in parte, la propria abitazione. È previsto dall’accordo di cessate il fuoco il loro ritorno a Jabaliya, Beit Hanoun, Beit Lahiya, nomi abbiamo conosciuto solo per morte e distruzione. Ma il premier israeliano Netanyahu ieri ha congelato questa parte delle intese proclamando che non permetterà il passaggio degli sfollati palestinesi fino a quando non sarà rilasciata Arbel Yehud, che, afferma, avrebbe dovuto essere liberata ieri. Anzi, riferisce la tv saudita al Hadath, ha chiesto attraverso i mediatori il rilascio dell’ostaggio entro due giorni e non tra una settimana come intenderebbe fare il movimento islamico. Israele contesta a Hamas di aver violato l’accordo rilasciando ieri quattro soldatesse prima di due donne civili, Arbel appunto e Shiri Bibas. E di trattenere ancora i figli di Bibas, due bambini piccoli. Il movimento islamico invece considera Arbel Yehud una militare e non una civile poiché avrebbe partecipato ad addestramenti armati.

Nel braccio di ferro che Netanyahu ha avviato con Hamas, perciò, sono rimasti stritolati gli sfollati che aspettano di tornare al nord di Gaza. Ieri sera erano accampati sulle strade Rashid e la Salah Edin con materassi e coperte, poche cose in sacchi di plastica, spesso scalzi e con pochi viveri. Forse riusciranno a passare oggi, così assicura l’ufficio stampa governativo di Gaza promettendo l’arrivo di automezzi. Intanto i soldati israeliani per tenere dietro la folla hanno sparato ferendo almeno tre persone. «Sono tutti scioccati dal fatto che l’esercito israeliano abbia aperto il fuoco su di loro», ha raccontato Tareq Abu Azzum, giornalista di Al Jazeera sul posto.

Questo mentre il secondo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas previsto nei 42 giorni della prima fase della tregua, è andato senza particolari intoppi. Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag, quattro soldatesse, sono tornate libere dopo 477 giorni nella Striscia dove furono portate il 7 ottobre 2023. Le immagini giunte da Gaza le mostravano ieri tra centinaia di persone e decine di combattenti di Hamas e Jihad, ma sorridenti e in apparenti buone condizioni di salute. Sono anche salite su di un palco allestito in piazza Saraya a Gaza city per salutare la folla tenendo in mano una busta regalo ricevuta dal movimento islamico. In un filmato diffuso nel pomeriggio dalle Brigate Qassam, il braccio armato di Hamas, le quattro militari hanno ringraziato in arabo i palestinesi per il «buon trattamento» ricevuto durante la prigionia. Una volta consegnate alla Croce Rossa, le quattro hanno raggiunto il punto di accoglienza dell’esercito israeliano dove hanno riabbracciato i genitori. Ieri sera le famiglie degli altri ostaggi e di quelli già liberati sono scese in strada a Tel Aviv per chiedere che siano liberati tutti gli ostaggi (90) e non solo i 33 previsti dalla prima fase della tregua; quindi, di non riprende l’offensiva contro Gaza come vorrebbero diversi ministri e lo stesso Netanyahu.

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La fibrillazione nel governo è elevata. Le immagini di Hamas in pieno controllo della Striscia dopo 15 mesi di bombardamenti israeliani – costati la vita a decine di migliaia di civili palestinesi, inclusi quasi 20mila bambini e ragazzi – non fanno che aumentare rabbia e frustrazione nel governo Netanyahu che, dopo il 7 ottobre, aveva promesso «la distruzione totale di Hamas». E invece, il gruppo palestinese è ancora «vivo e vegeto», ha commentato il noto giornalista israeliano Gideon Levy. «Si può vedere che Hamas è l’unica forza nella Striscia di Gaza che può gestire la vita lì», ha detto e, pertanto, ha aggiunto Levy, la liberazione dei soldati israeliani «non può nemmeno essere presentata come una vittoria, perché sappiamo tutti che avrebbero potuto essere rilasciati mesi fa, con Israele che ha ostacolato il loro rilascio».

Foto EPA

Grandi feste, con canti e balli, anche a Ramallah, in Cisgiordania, dove sono arrivati i bus carichi di prigionieri palestinesi scarcerati da Israele, 200. L’accordo prevede infatti il rilascio di 50 detenuti in cambio di un soldato israeliano (30 per ogni civile). Nonostante la polizia dell’Autorità Nazionale avesse provato in precedenza a limitare l’afflusso delle persone, una folla enorme ha portato in trionfo i liberati. Non tutti. 16 sono stati portati a Gaza e 70, condannati all’ergastolo, sono stati trasferiti in Egitto e con ogni probabilità andranno in esilio in Algeria, Qatar o Turchia. Non è stato scarcerato Zakaria Zubeidi, ex comandante delle Brigate di Al Aqsa di Fatah durante la seconda Intifada a Jenin, e tra i detenuti più popolari. È libero invece Muhammad Al Arda che con Zubeidi evase dalla prigione di Gilboa nel 2021. Tra i rilasciati c’è Raed al Saadi, il prigioniero più anziano che ha trascorso 36 anni in cella. L’esercito israeliano ieri sera ha effettuato raid nelle case di due detenuti liberati, a Betlemme e Kufr Aqab.



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