Italia-Europa-Rivoluzione!
Questo slogan dei giovani missini, nato nelle piazze italiane degli anni Settanta, racchiudeva il sogno di un’Europa forte, unita, e finalmente libera dalle influenze esterne, fossero esse il comunismo sovietico o la protezione interessata degli Stati Uniti.
Un grido che oggi, a distanza di decenni, riecheggia nelle parole di Donald Tusk, premier polacco e voce di un’Europa che vuole riscoprire il proprio ruolo storico come faro di civiltà e potenza globale. Il suo discorso al Parlamento europeo, pronunciato in occasione dell’inizio del semestre di presidenza polacca, offre spunti chiari su come l’Europa possa tornare a essere padrona del proprio destino.
Donald Tusk, il premier Polacco
“L’Europa non è ancora perduta, finché siamo vivi”, ha esordito Tusk, parafrasando l’inno nazionale polacco. Le sue parole sottolineano lo stato d’animo di un continente che, tra crisi economiche, conflitti ai confini e incertezze politiche, appare smarrito. Eppure, come ha ricordato il premier polacco, l’Europa rimane un colosso geopolitico: quasi 450 milioni di cittadini, un PIL comparabile a quello degli Stati Uniti, e una storia che ha modellato il mondo moderno.
Ma questa grandezza è minacciata. La Russia, la Cina e persino gli Stati Uniti vedono l’Europa come un campo di manovra, un partner debole o una potenziale preda. Di fronte a queste sfide, il messaggio di Tusk è chiaro: “Alzate la testa, europei”. Il continente deve abbandonare la passività e ritrovare l’orgoglio e la determinazione che l’hanno reso la culla della civiltà. Tra i pilastri della rinascita europea delineati da Tusk, la sicurezza occupa un posto centrale. Il premier ha invitato gli Stati membri a investire fino al 5% del PIL nella difesa, sottolineando che la forza militare è una condizione imprescindibile per l’autonomia geopolitica. Non si tratta di militarismo, ha precisato, ma di garantire che l’Europa possa proteggere i propri confini e influenzare il proprio futuro senza dipendere dagli alleati d’oltreoceano.
Questo investimento deve tradursi non solo in spese nazionali, ma anche in una maggiore integrazione a livello europeo. Progetti congiunti, come la creazione di uno scudo orientale contro le aggressioni russe, sono essenziali. Tuttavia, come ha evidenziato Tusk, l’idea di un esercito europeo unico è, purtroppo, ancora prematura: le differenze politiche tra gli Stati membri rendono difficile una leadership unitaria. La priorità, quindi, è rafforzare la cooperazione tra le nazioni e costruire infrastrutture comuni per la sicurezza.
Un altro aspetto cruciale per l’autonomia europea è la sicurezza economica. Tusk ha richiamato l’attenzione sulla necessità di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, una lezione dolorosamente appresa durante la guerra in Ucraina. L’Europa deve investire in fonti di energia sostenibili e competitive, senza però sacrificare la propria competitività economica.
Il premier polacco ha anche lanciato un appello per una deregolamentazione coraggiosa, al fine di stimolare l’innovazione e rendere il continente il luogo più competitivo al mondo. Questo richiede una revisione critica delle normative, compreso il Green Deal, per garantire che gli obiettivi ambientali non penalizzino le imprese e i cittadini europei. Per Tusk, la rinascita europea passa anche dalla riaffermazione dei valori fondamentali: libertà, rispetto dei diritti umani, Stato di diritto. Tuttavia, ha ammonito contro l’ingenua apertura che, in passato, ha esposto l’Europa a minacce come l’immigrazione clandestina e la disinformazione. La difesa delle frontiere e la lotta contro la propaganda, e le visioni del wokismo globalista sono indispensabili per preservare la democrazia europea.
Il premier ha anche sottolineato l’importanza di un’educazione comune che protegga i giovani dalle insidie della disinformazione e promuova un senso di appartenenza al progetto europeo. “Non abbiate paura”, ha detto, citando Giovanni Paolo II. Questo spirito di coraggio e determinazione deve guidare le scelte politiche e culturali dell’Unione, attingendo alla storia comune del continente, senza indulgere alle visioni mondialiste e cosmopolite propugnate dalle centrali del capitale oligopolistico americano e, in ultima analisi, funzionali al dominio finanziario ma anche culturale sull’Europa.
Il discorso di Tusk non è solo un richiamo alla memoria storica, ma un manifesto per il futuro. L’Europa, ha affermato, deve affrontare le sfide come opportunità: il tempo delle comodità è finito, ma il continente ha le risorse e le capacità per tornare a essere protagonista a livello globale. Per farlo, è necessario rafforzare i legami politici ed economici tra gli Stati membri, investire in una difesa comune, garantire l’indipendenza energetica e riaffermare i valori democratici. Solo così l’Europa potrà riconquistare il posto che le spetta nel mondo, non come vassallo delle grandi potenze, ma come una forza autonoma e unita.
“Il futuro è nelle nostre mani, non in quelle della Cina, della Russia o degli Stati Uniti”, ha concluso Tusk. Questa visione di un’Europa forte, orgogliosa e padrona del proprio destino è il sogno che le generazioni passate hanno custodito e che oggi può diventare realtà.
Italia-Europa-Rivoluzione: un grido che, oggi come allora, può guidare il continente verso una nuova stagione di grandezza.
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