“La separazione delle carriere non mina l’autonomia della magistratura” – Il Tempo

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Rita Cavallaro

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«Costituzione alla mano, la separazione delle carriere non mina l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Non capisco questa idea di bloccare la riforma prima che il popolo si esprima con il referendum. Non è questa una forzatura costituzionale?». Antonio Di Pietro, politico ed ex magistrato del pool di Mani Pulite, invita la giurisdizione a valutare nel merito la riforma della giustizia.

Di Pietro, davvero la separazione delle carriere mina l’indipendenza delle toghe?
«I magistrati che protestano ragionano esclusivamente da magistrati, ma dovrebbero mettersi nei panni anche degli altri soggetti processuali, perché quando si entra in un’aula di giustizia, tutto dipende dalla giacchetta che hai addosso per sentirsi sereno. L’art. 104 dice: la magistratura è autonoma e indipendente. Questa riforma sta cambiando questo articolo? No. Il refrain è che la separazione mina l’indipendenza del pubblico ministero. Ma non è vero».

Si spieghi meglio.
«Se la riforma non cambia quell’articolo, allora dove sarebbe il pericolo di essere assoggettati alla politica? L’unico modo è che il pm sia così sciocco da mettersi sotto il cappello del politico di turno. E questo lo può fare pure adesso, non ha bisogno della separazione se vuole vendere l’anima al diavolo. A mio avviso, ha più potere un pm che un politico».

 

Se fosse il contrario non avremmo avuto Mani Pulite e le inchieste contro Silvio Berlusconi, no?
«E infatti. Io mi sento anche offeso quando sento queste cose. Un politico deve rispettare la legge come tutti. Il pm che vuole fare il suo dovere non viene certo fermato dal governo di turno, ma solo in due modi: un quintale di tritolo o un altro pm. Il pm con questa riforma rimane indipendente. Stabilito questo, andiamo all’art. 111 della Costituzione».

Il processo si svolge tra le parti davanti a un giudice terzo.
«Esattamente. La parola terzo presuppone che c’è il primo e il secondo, ovvero l’accusa e l’imputato, ma se uno di questi fa parte della stessa famiglia del terzo, mi spiega come ci si può sentire sereni? E poi, se il pm deve rimanere autonomo rispetto al giudice, perché mai dovrebbe esserci un solo Csm, che giudica sia l’uno che l’altro? E lì che nasce l’ingorgo».

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Quindi lei è d’accordo anche sul restyling del Csm e l’istituzione dell’Alta Corte?
«È una riforma che va vista nel complesso. Chi può essere mai contrario al fatto che finalmente è prevista un’Alta Corte di giustizia, che giudica disciplinarmente i comportamenti dei magistrati. Questa cosa che all’interno del Csm ci si giudica da sé la trovo ingiustificata».
 

 

Cosa pensa delle proteste e dello sciopero?
«Riconosco che giudici e magistrati, come tutti, godono delle garanzie costituzionali. Lo sciopero è legittimo, ma l’ordine giudiziario è a tutti gli effetti un potere dello Stato. Un potere che fa sciopero contro un altro potere è un controsenso».

L’Anm si è espressa contro un testo votato dal Parlamento. Le pare scontro tra poteri?
«L’Anm è un insieme di persone altamente qualificate, che possono dare il loro contributo dal punto di vista scientifico. Fin quando restano tali, cioè un’associazione, non c’è nulla di male. Personalmente non mi sono mai iscritto, men che meno ad una delle correnti, perché ritenevo allora, e ancor più oggi, che l’Anm sia diventata la terza Camera della Repubblica».

Eppure sostengono di non fare politica.
«Siamo in un momento in cui una forza politica ha vinto le elezioni, e non è la mia sia chiaro, anche su una proposta che va sottoposta alla valutazione del popolo italiano, il giudice ultimo della democrazia. Rispetto a questa proposta, che terminato l’iter parlamentare va all’attenzione dei cittadini, perché la magistratura vuole bloccarla prima? Quando ci sarà il referendum, l’Anm farà tutti i suoi interventi, i partiti i loro e i cittadini si esprimeranno. È la democrazia.» 

 

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