Libera banca in libero Stato. Mps, Mediobanca e regole europee

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Il risiko bancario riavviato qualche settimana fa con l’annuncio di un’offerta pubblica di acquisto di Unicredit sulla Banca popolare di Milano ha avuto una svolta a dir poco clamorosa con l’annunciata intenzione del Monte dei Paschi di Siena di un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca. L’istituto senese, la più antica delle nostre banche, ha proposto 23 azioni di nuova emissione contro 10 azioni Mediobanca. La prima risposta all’operazione è venuta dalla Borsa: Mediobanca salita di quasi il 7% e di pari entità è crollata Mps.

È legittima, utile al sistema bancario e, più in generale, utile all’Italia una simile operazione? È conforme alle regole europee e al Tuf (testo unico della finanza)? Cominciamo dalla prima domanda. Sì, è assolutamente legittima. Mps è una banca commerciale le cui dimensioni ne fanno una banca “di sistema” secondo i regolamenti europei poiché ha attività superiori ai 30 miliardi annuali. Mps è stata sempre solvibile ma dal 2016, allorché fu sottoposta dalla Bce allo stress test, si mostrò sufficientemente capitalizzata con qualche criticità per quanto riguardava la solidità del patrimonio in caso di crisi finanziarie. Dal 2017 lo Stato italiano ha iniettato capitali in quella banca per circa 8,8 miliardi di euro. Soldi dei contribuenti e non degli azionisti o portatori di obbligazioni ordinarie o subordinate. La Bce consentì infatti una deroga alla regola del bail in (l’obbligo per le banche di salvaguardare il patrimonio senza aiuti esterni, quindi riducendo il valore delle proprie azioni oppure scaricando gli oneri sui portatori di obbligazioni subordinate) e autorizzò il bail out (l’aiuto dello Stato) per ricapitalizzare la banca essendo Mps una banca “di sistema” la cui improvvisa crisi finanziaria avrebbe potuto avere conseguenze sul sistema europeo.

Negli anni successivi alla ricapitalizzazione sono entrati nel capitale la Delfin (finanziaria degli eredi di Del Vecchio) e l’immobiliarista e finanziere Gaetano Caltagirone con quote di oltre il 9% Delfin e di poco oltre il 6% Caltagirone. Lo Stato è rimasto nel capitale, diluendo le sue quote con successivi aumenti di capitale, passando da oltre il 39% all’attuale 11,5%. È vero, lo Stato è in parte rientrato dei soldi messi in Mps (si stima circa 2,5 miliardi) ma la sua quota è oggi suscettibile di un cartellino rosso da parte della Commissione europea poiché ha personale il carattere di “temporaneità” (sono passati 8 anni).

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La posizione in cui si trova Mps è lo Stato italiano non è censurabile in alcun modo. Qualcuno dal Pd ha fatto notare che l’Ops (offerta pubblica di scambio) non può essere autorizzata poiché lo Stato è insieme giocatore e arbitro. È un’osservazione del tutto infondata. Gli arbitri son la Bce, la Banca d’Italia, la Vigilanza europea e quella italiana. Lo Stato nel caso specifico è un attore, impegnato a rientrare dei soldi a suo tempo messi nel capitale. Le criticità sono altre semmai. Quale creazione di valore può scaturire dalla fusione fra una banca commerciale e una banca d’affari come Mediobanca? Su questo punto, gli analisti sono molto scettici. Allora qual è la ratio che ha ispirato la mossa senese? È presto detto: acquisire Mediobanca, nel cui capitale sono presenti Delfin e Caltagirone, significa avere una massa di manovra capace di condizionare la gestione di Generali, poiché l’effetto cascata dei due soci Delfin e Caltagirone (azionisti di Mps, Mediobanca e Generali) avrebbe come conseguenza il controllo del secondo più grande gruppo assicurativo europeo, sottraendolo così agli accordi con la francese Natixis.

È stato detto: per tutelare meglio il risparmio degli italiani. Bugia: per tutelare il debito pubblico italiano, i cui titoli sono in larga misura nel portafoglio delle famiglie e, quindi, solo indirettamente si tutela il risparmio italiano.

È opportuno, utile e vantaggioso per il governo e per gli italiani che vada in porto l’offerta di Mps su Mediobanca? La risposta è: inopportuno, inutile e rischioso. Inopportuno perché la Bce vorrà guardare dentro l’operazione per verificarne la congruenza rispetto alle regole di Basilea II e accertarsi che tutti i soggetti abbiano una patrimonializzaziome sufficiente per sostenerla. Mps dovrebbe, da predatore, ingoiare una preda più grande del 40-45%. E già questo solleva più di un dubbio. È inutile perché l’unico vero arbitro – il mercato – ha già sentenziato. Quanto al vantaggio, i rischi lo superano di gran lunga. Coltivare l’idea di un sovranismo bancario è anacronistico dopo che tutti i paesi dell’Eurozona hanno approvato direttive e regolamenti e solo per l’opposizione dell’Italia non è costruito il terzo pilastro dell’Unione bancaria, vale a dire l’accettazione di un rating di rischio per i titoli di Stato in portafoglio alle banche.



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