Quelli che «non sono trumpiano, ma…», e la teodicea politica del grande reset

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


Il trionfo di Donald Trump alle presidenziali americane viene per lo più raccontato in Italia secondo il canone di una particolare teodicea politica. La democrazia illimitata, teorizzata dal nuovo padrone della Casa Bianca e le tecno-distopie transumaniste, costruite nella fabbrica dell’immaginario di Elon Musk, sono considerate conseguenze fatali e, per quanto rischiose, benedette del Big Bang politico occidentale.

Tutto quel che sta succedendo attorno al nuovo re della repubblica americana sarebbe una distruzione creativa e una tempesta energetica, che potrà anche fare danni e vittime, ma soppiantando regole, prassi e protocolli dell’Ancient Régime liberaldemocratico – non solo degli Stati Uniti – saprà anche rinvigorire le membra e ringiovanire lo spirito di società invecchiate, altrimenti destinate all’estinzione. Il trumpismo non come rottamazione, ma come grande reset.

A suffragare questa lettura profetica non sono solo i seguaci del Commander in chief dell’alt right americana e del suo nocchiero planetario, ma anche molti critici dello status quo che pure rigettano la divisa sovranista, persuasi che il trumpismo sia il canarino nella miniera dell’Occidente e abbia, se non altro, il merito di denunciarne l’irrespirabilità politica.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Tra questi non mancano anche molti critici, in sé molto ragionevoli, dello stupidismo dirittista, del luddismo ambientalista e della bigotteria antisviluppista di quella sinistra che, disertati campi e officine, si è rifugiata nella riserva dell’industria culturale, mediatica e pubblicitaria o nelle caserme della parola e del pensiero cosiddetto woke.

Visto che il trumpismo non è affatto un’alternativa di governo per gli Stati Uniti, ma di sistema per il mondo, e intende inaugurare un nuovo paradigma globale, più adatto alle scorribande imperiali dell’America First, ha bisogno che se ne riconoscano le premesse, prima che le pretese, a partire da quella che il vecchio mondo è morto e un altro ne deve nascere, perché il primo non ci porti tutti con sé nella tomba. Ancora con questi bignamini liberaldemocratici? Basta, dobbiamo andare su Marte!

Quindi a Trump fanno un ottimo servizio soprattutto quelli che senza apprezzarne la pars construens – anzi, dissociandosene – ne glorificano quella destruens, come se il trumpismo fosse innanzitutto un pensiero critico e demistificante, anziché un’ideologia e una psicagogia affabulatoria, che non osteggia il pervertimento, ma proclama il sovvertimento delle fondamenta giuridiche e morali della società aperta e che non vuole ripulire il modello liberaldemocratico da incrostazioni burocratiche, rendite di potere e paranoie regolatorie, ma omologare democraticamente un modello di autocrazia plebiscitaria, che deve fuoriuscire programmaticamente dai limiti costituzionali del potere liberale, per sprigionare tutta la potenza necessaria alla «nuova età dell’oro dell’America».

Eppure è difficile sbagliarsi: il trumpismo è un fenomeno politico tutt’altro che dissimulato ed è scoperto ed esibito proprio nei suoi elementi di rottura più fragorosa dell’ordine costituzionale interno e dell’ordine politico internazionale.

Al primo giorno di mandato, Trump ha modificato la Costituzione americana con un ordine esecutivo, abolendo lo ius soli per i figli degli stranieri irregolari, perfettamente consapevole dell’abnormità di questa scelta e fiducioso che qualunque decisione prenderà la Corte Suprema non dovrà pagare pegno, e che perfino i più originalisti tra i togati di Washington potrebbero adeguarsi al nuovo spirito dei tempi.

Prima di entrare in carica ha minacciato di prendersi militarmente la Groenlandia, cioè il territorio di un Paese alleato, se la Danimarca non gliela venderà come chiede, persuaso che l’Unione europea – come poi è accaduto – sarebbe stato paralizzata dalla minaccia, e una larga schiera di pacificatori avrebbe iniziato a cavillare su alternative più indolori, che portassero allo stesso esito.

Se Joe Biden con una scelta coraggiosa e tutt’altro che indolore non avesse graziato preventivamente quanti hanno indagato e testimoniato sull’assalto al Campidoglio del 2021, per sottrarli alla vendetta promessa da Trump (una vendetta condotta con chissà quali mezzi legali, anch’essi decretati direttamente dallo Studio Ovale), al primo giorno di mandato Trump, oltre ad annunciare la liberazione degli «ostaggi del 6 ottobre», come egli chiama i «ragazzi orgogliosi» che invasero Capitol Hill nel «giorno dell’amore», avrebbe avviato un bel regolamento di conti contro i loro esecratissimi carcerieri.

Trump continua a scavalcare tutte le possibili linee rosse etico-politiche, sapendo di desensibilizzare progressivamente l’opinione pubblica all’enormità di ogni scavalcamento e di consolidare l’incantesimo Maga di fronte a queste spericolate prove di potere assoluto.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Cosa ci sarebbe di positivo, direttamente o indirettamente, in questa demolizione nichilista dei checks and balances liberali, in questo neo-legittimismo tecno-reazionario, in questa escatologia politica imperiale, in questo assolutismo democratico etno-nazionalista, in questo esperimento di eternizzazione algoritmica dell’alienazione cognitiva americana?

L’idea che Trump debba essere considerato l’uomo della Provvidenza anche da parte di chi non l’apprezza fai il paio con quella, da cui discende, che a questo punto tanto vale buttare i bambini tristemente invecchiati del liberconservatorismo e del liberalprogressismo mainstream con l’acqua sporca di tutti gli opportunismi, i conformismi e le retoriche intimidatorie o parassitarie che si sono naturalmente annidate nel discorso pubblico e nelle pratiche di potere del vecchio Occidente. Tabula rasa.

Certo, non possiamo passare i prossimi quattro anni solo a maledire il destino cinico e baro che ha regalato al mondo la seconda presidenza del palazzinaro bancarottiere e golpista, né a immaginare sganciamenti irrealistici e sedizioni velleitarie dal rapporto con gli Usa, che sono e rimarranno il centro di gravità dell’Occidente e che per molte ragione storiche, economiche e sociali – pur con la Presidenza Trump – rimarranno con grande probabilità un Paese irriducibile a un sistema di democrazia illiberale e autoritaria.

Trump proverà e presumibilmente riuscirà a fare macerie del vecchio Occidente democratico soprattutto fuori dai confini americani, per cui sarebbe saggio fare, anche in Italia, quello che consiglia il Donald giusto, il presidente polacco Tusk: «Non chiedetevi cosa può fare l’America per l’Europa e la sua sicurezza, chiedetevi cosa possiamo fare noi stessi per essa».

Magari sarebbe anche saggio, tra gli italo-trumpiani e tra gli ancor più numerosi «non sono trumpiano, ma…» dismettere quel riflesso condizionato storicista per cui i motivi che hanno portato alla vittoria di Trump negli Stati Uniti diventano tout court una prova storica irrefutabile della virtù politica e della salubrità democratica dell’ideologia Maga, da cui trarre preziosi insegnamenti anche in Italia e in Europa.

Trump va affrontato come un problema e fronteggiato come un pericolo, non seguito come un esempio. Con tutto il realismo che il rapporto con gli Stati Uniti comporta per chi sta da questa parte dell’Oceano, ma anche con tutta la consapevolezza che la guerra commerciale annunciata da Trump contro l’Europa è solo il primo degli atti di ostilità para-bellica cui dovremo abituarci. Altro che pietirne l’amicizia per scampare alle sue ire e rimanere tra i salvati e non tra i sommersi della sua furia.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link