Case a Bologna, il mercato degli affitti secondo Dondi (Nomisma): «Inaccessibile e sta peggiorando, spirale di prezzi come Milano»

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di
Marco Madonia

L’analisi dell’esperto sulle ultime iniziative del Comune, come la Fondazione Abitare: «Mancano risposte strutturali. Scarsità anche per qualità dell’offerta. Sul mercato locali che hanno altri usi e vengono adibiti al residenziale»

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«Sugli affitti la situazione continua a peggiorare, le testimonianze confermano che Bologna è diventato un mercato inaccessibile per scarsità e anche per qualità dell’offerta. Sul mercato arrivano locali che hanno altri usi e vengono adibiti al residenziale per l’opportunismo dei proprietari che cercano di ricavare nell’emergenza. Mancano soluzioni strutturali, se non qualche singolo progetto non all’altezza del fabbisogno», dice Luca Dondi, executive board member di Nomisma e grande esperto del mercato immobiliare che ragiona sulla grande crisi dell’abitare. 

L’ultima iniziativa del Comune è il progetto di co-housing per 11 unità abitative in via Fioravanti. «Mancano investimenti strutturali — dice Dondi —. Bisogna agire su due fronti: un piano di realizzazioni e l’accordo con i proprietari».




















































Il Comune ha lanciato la Fondazione Abitare.
«Un’iniziativa un po’ dirigistica che presuppone il riconoscimento di un vantaggio fiscale ai proprietari che apportano l’immobile a questa nascente fondazione e ne delegano la gestione. Sono tutte cose da capire e declinare nel concreto, ma si rischia di replicare l’ex Agenzia metropolitana. La Fondazione che poteri e strumenti avrà a disposizione? Se si tratta solo di cambiare nome non arriveranno risultati».

E sul versante dell’acquisto com’è il mercato?

«La riduzione dei tassi ha prodotto una ripresa più graduale di quanto si immaginasse. C’è un tema di offerta che innesca spirali sul prezzo».

A Bologna i tempi di vendita sono i più rapidi.
«I tempi sono corti perché manca il prodotto ed è comunque inadeguato rispetto alle esigenze. Il tempo fa il gioco dell’offerta, non della domanda. L’amministrazione ha sempre ribadito di non voler seguire l’sesempio di Milano, ma poi nei fatti non siamo molto lontani da quelle dinamiche».

Si riferisce alle quotazioni folli?
«La spirale dei valori è andata fuori mercato. La verità è che in città non si è fatto abbastanza, andrebbe realizzata una riflessione vera sul modello di sviluppo urbano e immobiliare».

Per fare cosa?
«Per identificare i bisogni e capire come dare risposte. Il tema centrale resta l’affitto e passa, nel breve, dal recupero dello sfitto, ma bisogna trovare delle convenienze per i proprietari in una logica di partnership. Serve l’accordo e non un’imposizione. Bisogna capire perché preferiscono tenere sfitti gli immobili, quali sono i motivi e vedere se si può rispondere».

Molti lo fanno per i rischi di insolvenza e i tempi lunghi degli sfratti. Il 
Comune su questo può fare poco.

«Serve un intervento a più piani, non solo locale. Ma il Comune può essere più incisivo, favorendo il ritorno sul mercato di investitori di lungo periodo interessati al residenziale».

Tipo?
«Le aree dismesse, ne parliamo da decenni, ma sono ferme o finite nel dimenticatoio. Cosa ne facciamo? Perché non si sbloccano? Certo, non c’è solo la responsabilità dell’amministrazione, ma bisogna creare condizioni per aumentare l’offerta in locazione di immobili non gestiti da piccoli proprietari».

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Un esempio?
«Pensiamo al Ravone, la società che ha vinto il bando è disponibile a realizzare un grande investimento. I tempi quali sono? La corsia preferenziale di questo sviluppo così strategico come procede? Ho l’impressione che la macchina si fermi quando entra in gioco il piano politico. Ma quell’area ha una redditività al limite che si basa su tempi certi. Bisogna accelerare».

Lo dice in generale?
«Sia sulla parte dello sviluppo che sull’integrazione dell’offerta in locazione manca il senso dell’urgenza, non viene avvertita come priorità. Tante cose vengono fatte, ma si dà enfasi a micro iniziative anche interessanti. Manca la logica strutturale, andiamo con interventi puntiformi e politicamente corretti. Ma bisognerebbe fare qualcosa di radicale, non si può accontentare tutti»

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