Il sole del primo pomeriggio picchia forte sulla sabbia rossa del deserto di Al-Ula, mentre Giorgia Meloni scende la scaletta dell’aereo con la figlia Ginevra per mano. «You brought the nice weather with you», hai portato il bel tempo, la saluta il governatore della provincia di Medina, prima di scortare la premier nel tendone allestito in mezzo alle rocce e alle dune del sito patrimonio Unesco, sull’antica Via dell’incenso. È qui, tra cuscini e tappeti su cui ci si accomoda a gambe incrociate, che l’attende il principe ereditario Mohammed Bin Salman. I giudizi di Meloni sulla monarchia saudita non erano stati teneri, in passato. Ma la premier, in missione nella penisola per incoraggiare un «salto di qualità» nelle relazioni Roma-Riad, fa sfoggio di pragmatismo. «C’è un enorme potenziale non sfruttato nella nostra cooperazione», interviene di fronte alla delegazione saudita: «Possiamo aprire una fase completamente nuova nella partnership tra Italia e Arabia».
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GLI ACCORDI
Le premesse del resto ci sono tutte. Dalla tre giorni Meloni rientrerà questa sera con le relazioni bilaterali con l’Arabia elevate al rango di «partenariato strategico». E soprattutto, con accordi firmati per dieci miliardi di dollari. Cifra che per la leader italiana dà, «un’idea dello straordinario salto che ci siamo impegnati a fare insieme» su difesa, energia, ricerca e molto altro. E pazienza, allora, per la mancata photo opportunity con Daniela Santanchè, la ministra del Turismo che a Gedda è atterrata ieri sera, qualche ora dopo la partenza di Meloni per Al-Ula. Non si incroceranno, le due: la “Pitonessa” di FdI oggi inaugurerà il Villaggio Italia sul Mar Rosso. A Roma tornerà giovedì, quando si sarà già deciso se l’indagine per truffa ai danni dell’Inps che la riguarda resterà a Milano o passerà alla procura della Capitale (con un allungamento dei tempi). E quando Giorgia e la “Santa”, chissà, potrebbero anche incontrarsi.
Tornando agli accordi siglati, che valgono circa 10 miliardi, una grossa fetta (6,6 miliardi) ricadrà sotto l’ombrello di Sace. Che garantirà tra l’altro un prestito da 3 miliardi erogato da banche internazionali per la costruzione di Neom, la futuristica megalopoli green che bin Salman vuole tirare su da zero entro il 2039. Della delegazione tricolore fa parte anche Fincantieri, che annuncia una partnership con un centro di ricerca saudita per condividere know-how sulla tecnologia navale. C’è Marco Tronchetti Provera, ad di Pirelli, che aprirà in loco uno stabilimento in joint-venture con un fondo sovrano saudita da tre milioni e mezzo di pneumatici l’anno. E c’è Roberto Cingolani, ad di Leonardo. Che parla di un interesse «molto concreto» dei sauditi per entrare nel programma di Italia, Gran Bretagna e Giappone per progettare il caccia da combattimento di sesta generazione, anche se si parte con un accordo su elicotteri e aerei da pattugliamento e trasporto. «Quello del Golfo – spiega Cingolani – è un mercato enorme, con numeri inconcepibili in Europa». Sul fronte dell’energia, tocca a Snam siglare un memorandum d’intesa con Acwa Power, la più grande società privata di desalinizzazione dell’acqua al mondo, con cui si punta a realizzare una «catena di fornitura di idrogeno verde in Europa». E pure il Salone del mobile annuncia una prossima edizione in terra d’Arabia.
I NODI INTERNAZIONALI
Ma non è solo il business a far andare per le lunghe i colloqui di Meloni col principe Bin Salman, al punto che il cerimoniale è costretto a rimandare di un paio d’ore l’intervento della premier al Maraya, lo scenografico auditorium ricoperto da specchi in mezzo alle sabbie del deserto. Sul tavolo del bilaterale c’è il Piano Mattei, su cui Roma punta a coinvolgere anche Riad. «Dobbiamo aiutare l’Africa a sfruttare meglio le sue risorse», è l’auspicio della premier, convinta che sul piano per ridurre le partenze di migranti «possiamo lavorare molto bene insieme, perché ciò che accade lì è importante per entrambi». E alcune delle intese firmate ad Al-Ula con fondi, banche e società saudite da Sace, Cassa Depositi e Prestiti e Ansaldo Energia riguardano proprio la cooperazione per realizzare data center e progetti energetici sul continente africano.
E poi c’è il nodo del Medio Oriente. Capitolo sul quale la monarchia saudita è considerata un interlocutore centrale, non solo da Roma. Non è un caso se la prima telefonata con un capo di stato estero per Donald Trump è stata proprio con Bin Salman. Il tycoon vede nel giovane principe ereditario una possibile figura chiave per la stabilità del Medio Oriente e quella futura di Gaza. E “Mbs”, da parte sua, ha tutto l’interesse ad accrescere la centralità di Riad sullo scacchiere internazionale a sfavore di Teheran. Mentre la famiglia saudita punta a un allentamento delle sanzioni sulla Siria: una posizione condivisa anche da Roma, che – i sauditi ci sperano – è nella posizione migliore per mediare con Washington.
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