“Esprimo la mia preoccupazione per l’aggravarsi della situazione securitaria nella Repubblica Democratica del Congo. Esorto tutte le parti in conflitto ad impegnarsi per la cessazione delle ostilità e per la salvaguardia della popolazione civile di Goma e delle altre zone interessate dalle operazioni militari. Seguo con apprensione anche quanto accade nella Capitale, Kinshasa, auspicando che cessi quanto prima ogni forma di violenza contro le persone e i loro beni. Mentre prego per il pronto ristabilimento della pace e della sicurezza, invito le Autorità locali e la Comunità internazionale al massimo impegno per risolvere con mezzi pacifici la situazione di conflitto”.
Al termine dell’udienza generale papa Francesco ha espresso preoccupazione per la situazione nella Repubblica democratica del Congo, dove le milizie ribelli del ‘Movimento per il 23 marzo’ (M23) hanno annunciato d’aver preso il controllo di Goma, la più importante città del Nord Kivu, regione ricca di risorse minerarie al confine con il Rwanda, invitando a non dimenticare gli altri conflitti: “E non dimentichiamo di pregare per la pace: Palestina, Israele, Myanmar e tanti Paesi che sono in guerra. La guerra sempre è una sconfitta! Preghiamo per la pace”.
Mentre nel saluto in lingua polacca ha ribadito di non abbandonare la memoria delle vittima nei lager: “In questi giorni ricordiamo i vostri connazionali che insieme ai membri delle altre nazioni furono vittime dello sterminio nei campi di concentramento tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Siate custodi della verità e della memoria di questa tragedia e delle sue vittime, tra cui non pochi martiri cristiani. E’ un monito per il costante impegno per la pace e per la difesa della dignità della vita umana in ogni nazione e in ogni religione”.
Infine ha ricordato la festa di san Giovanni Bosco: “Ricorre dopodomani la memoria liturgica di san Giovanni Bosco, sacerdote ed educatore. Guardate a lui come a un maestro di vita e apprendete dalla sua esperienza spirituale a confidare in ogni circostanza in Dio, Padre misericordioso”.
Mentre nell’udienza generale il papa ha proseguito la catechesi su ‘Gesù Cristo, nostra speranza’, incentrando la riflessione sull’annuncio a san Giuseppe con l’invito a chiamarLo Gesù: “Se Luca ci permette di farlo nella prospettiva della madre, la Vergine Maria, Matteo si pone nella prospettiva di Giuseppe, l’uomo che assume la paternità legale di Gesù, innestandolo sul tronco di Iesse e collegandolo alla promessa fatta a Davide”.
E’ descritto come ‘fidanzato di Maria’: “Giuseppe entra in scena nel Vangelo di Matteo come il fidanzato di Maria. Per gli ebrei il fidanzamento era un vero e proprio legame giuridico, che preparava a ciò che sarebbe accaduto circa un anno dopo, cioè la celebrazione del matrimonio. Era allora che la donna passava dalla custodia del padre a quella del marito, trasferendosi in casa con lui e rendendosi disponibile al dono della maternità”.
Nel Vangelo è definito anche come uomo ‘giusto’: “Matteo definisce Giuseppe come un uomo ‘giusto’ (zaddiq), un uomo che vive della Legge del Signore, che da essa trae ispirazione in ogni occasione della sua vita. Seguendo pertanto la Parola di Dio, Giuseppe agisce ponderatamente: non si lascia sopraffare da sentimenti istintivi e dal timore di accogliere con sé Maria, ma preferisce farsi guidare dalla sapienza divina. Sceglie di separarsi da Maria senza clamori, privatamente. E questa è la saggezza di Giuseppe che gli permette di non sbagliarsi e di rendersi aperto e docile alla voce del Signore”.
A questo punto il papa ha introdotto il tema del ‘sogno’, che nella Bibbia è molto presente: “Ora, che cosa sogna Giuseppe di Nazaret? Sogna il miracolo che Dio compie nella vita di Maria, e anche il miracolo che compie nella sua stessa vita: assumere una paternità capace di custodire, di proteggere e di trasmettere un’eredità materiale e spirituale. Il grembo della sua sposa è gravido della promessa di Dio, promessa che porta un nome nel quale è data a tutti la certezza della salvezza”.
Di fronte a tale ‘sogno’, come è avvenuto nel ‘sogno’ dell’altro Giuseppe, figlio di Giacobbe, egli si fida di Dio: “Di fronte a questa rivelazione, Giuseppe non chiede prove ulteriori, si fida. Giuseppe si fida di Dio, accetta il sogno di Dio sulla sua vita e su quella della sua promessa sposa. Così entra nella grazia di chi sa vivere la promessa divina con fede, speranza e amore”.
Quindi, riprendendo il libro di papa Benedetto XVI sull’infanzia di Gesù, il papa ha concluso la catechesi con l’invito all’ascolto della Parola di Dio: “Giuseppe, in tutto questo, non proferisce parola, ma crede, spera e ama. Non si esprime con ‘parole al vento’, ma con fatti concreti. Egli appartiene alla stirpe di quelli che l’apostolo Giacomo chiama quelli che ‘mettono in pratica la Parola’, traducendola in fatti, in carne, in vita… Sorelle, fratelli chiediamo anche noi al Signore la grazia di ascoltare più di quanto parliamo, la grazia di sognare i sogni di Dio e di accogliere con responsabilità il Cristo che, dal momento del nostro battesimo, vive e cresce nella nostra vita”. (Foto: Santa Sede)
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