Da clone sottovalutato a possibile vino contemporaneo. Il Carmenere “Veneto Style” secondo un pioniere dei Colli Berici – Virtù Quotidiane

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Cantine e vini 30 Gen 2025 18:35

Andrea Mattiello

LONGARE – In principio erano due, oggi se ne contano quasi otto. Sono i produttori del Carmenere che credono a questo vino adatto ai gusti del bevitore attuale, esigente in fatto di rossi. Andrea Mattiello, uno dei pionieri della produzione, ha raccontato come questa “chicca” può diventare un vino curioso “Made in Veneto più che Italy”.

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Si sa, chi vive sui Colli Berici con il vino ci deve avere a che fare perché legante sociale, culturale e lavorativo. Per questo motivo l’approccio con il Carmenere da parte di Andrea non è stata certo una novità.

“Il Carmenere l’abbiamo sempre bevuto sotto mentite spoglie, anche se qualche dubbio sulla sua origine c’è sempre stato. Infatti rispetto agli altri cloni di Cabernet Franc, aveva codici numerici ed era oggetto di sperimentazione. Verso gli anni Novanta”, ricorda Mattiello, “per arginare il problema della flavescenza dorata ne fu vietata la coltivazione. A lungo andare il territorio si ritrovò ad avere bisogno, in fatto di produzione e consumo interno, di Cabernet, quindi bisognava ripiantare”.

Le condizioni però, cambiarono grazie allo studio del prof. Antonio Calò dell’Istituto superiore di Conegliano Veneto (Treviso). Grazie a lui si riuscì a dare un nome definitivo e diverso al clone, quindi nacque il Carmenere, varietà registrata nel 2008, anche se aveva sempre fatto parte della vita dei vignaioli locali, e anche di Cantina Mattiello.

Così nacque la prima etichetta che ne menzionava la provenienza: il Rosso Carmenere. “Rosso perché volevo avesse una connotazione inequivocabile e Carmenere perché si è ritenuto necessario familiarizzare con questa nuova realtà”, dice Mattiello.

Un vino elegante, fresco, pepato e difficile da assimilare a ciò che nei primi anni del Duemila il mercato voleva. Il Carmenere era una scommessa e sui Colli Berici a crederci ne furono solo in due, Stefano Inama con una visione più internazionale e appunto Mattiello, con il suo Carmenere “Veneto Style”.

“Si tratta di un vino da merenda veneta – continua il produttore – da pane e Sopressa vicentina. Complice la sua leggerezza, combatteva all’epoca contro un mercato alla ricerca di vinoni possenti da portare a tavola. Ma attualmente, visto che si cerca territorialità e storia, il Carmenere risponde benissimo alla richiesta del nuovo consumatore”.

Il Carmenere oggi vale circa 20 ettari rivendicati sui Colli Berici.

“Da due aziende in confronto e sana competizione, oggi siamo a 8 aziende che coltivano la varietà. Tutte hanno uno stile diverso, mai omologato, perché è importante sperimentare”.

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Mattiello continua sottolineando l’importanza di questo aspetto: “Il Carmenere è l’etichetta più importante per me ed è quella con cui sperimento di più. Sono partito con un semplice affinamento in acciaio, l’essenza del vitigno che è il Rosso Carmenere, arrivando poi alla riserva Foliage, ma non mi fermo. L’obiettivo è trovare il giusto compromesso tra legno e tempo di affinamento, in modo da ridurre il rischio dell’anonimato. È necessario mantenere la fragranza dei profumi, ciò che chiamo irriverenza, assieme a un grado alcolico contenuto, massimo 12,5%”.

Per il Carmenere questo è un momento storico. Ci sono grosse prospettive di crescita e negli anni della sua “rinascita” ha saputo dimostrarlo, soprattutto nel momento di crisi dei rossi così come li abbiamo sempre conosciuti in zona.

“La varietà potrebbe essere un pretesto per portare alla luce ancor di più questo territorio. Oggi il Carmenere non sempre lo si associa immediatamente al territorio, ma sarebbe utile farlo in modo da raccontare che oltre il Prosecco c’è di più in regione. Possiamo rendere riconoscibili i Colli Berici anche per questa varietà”.

“Il Carmenere negli anni ha avuto fortuna” ma si sa, questa aiuta sempre gli audaci, conferma Mattiello. “La varietà si è dimostrata agevole nel lavoro enologico e anche in annate complesse viene incontro al produttore. Questo con il Cabernet Franc non succede mica!”.

Gli elementi ci sono tutti, compresa una voglia di offrire al bevitore qualcosa di davvero diverso, semplice e non banale, ma ci vuole predisposizione alla scoperta affinché anche il Carmenere non faccia fatica ad emergere come eccellenza enologica.


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