Le tute blu degli operai dell’acciaieria tornano alla carica, costretti a inseguire risposte che non arrivano. Nella giornata di oggi, nuova tappa nella trafila delle riunioni: stavolta tocca alla Regione, con la presidente Stefania Proietti e l’assessore Francesco De Rebotti chiamati a dire qualcosa di concreto. Gli uffici regionali di Terni diventano il teatro dell’ennesimo confronto, mentre gli operai restano con l’unica certezza possibile: quella di non avere certezze.
Acciaieria Terni, il rebus degli investimenti e la paura del solito bluff
Fine febbraio incombe, ma di nero su bianco c’è poco o nulla. Gli annunci del direttore commerciale Mattia Sala fanno più rumore che sostanza e i lavoratori non si fidano. Vogliono sapere chi mette i soldi, come e quando. Vogliono risposte sui posti di lavoro, sulle condizioni dell’acciaieria, sulla sua sopravvivenza. La paura? Che tutto si riduca all’ennesimo teatrino senza fatti.
Il governo prende tempo, gli operai non ci stanno
In parallelo, il ministero delle Imprese e del Made in Italy latita. La convocazione ufficiale si fa attendere, e il sospetto che si voglia prendere tempo si fa ogni giorno più forte. Gli operai, intanto, sono stanchi di promesse e tavoli che non portano a nulla. La loro richiesta è semplice: basta chiacchiere, vogliono impegni scritti. Perché mentre i piani alti temporeggiano, chi lavora è quello che rischia davvero.
Sindacati italiani in prima linea a Bruxelles
Mercoledì 5 febbraio, una folta delegazione di lavoratori del comparto metalmeccanico, chimico-farmaceutico, energetico, della gomma-plastica, ceramica, vetro e moda si sposterà a Bruxelles.
L’appuntamento è sotto la sede del Consiglio europeo, in place Jean Rey, per far sentire la voce di chi manda avanti le fabbriche ma viene sempre lasciato per ultimo nelle decisioni che contano. La manifestazione, organizzata da IndustriAll Europe, chiama a raccolta i sindacati di tutto il continente per pretendere un vero piano industriale europeo. Tra i partecipanti ci saranno anche delegazioni dall’Umbria, pronte a rivendicare un cambio di passo nelle politiche di sviluppo.
Transizione ecologica o pretesto per licenziare?
Le parole d’ordine della protesta sono chiare: basta tergiversare. “Sono necessarie risposte concrete e urgenti per governare e non subire la transizione ecologica”, denunciano i sindacati. L’assenza di un piano industriale serio, i ritardi negli investimenti e le scelte aziendali sbagliate hanno già trasformato il rischio di deindustrializzazione in realtà.
A Bruxelles verranno avanzate cinque richieste: investimenti per la formazione e il lavoro con garanzie sociali, maggiore peso alla contrattazione collettiva, pratiche di acquisto eque lungo le filiere produttive, e una rete energetica moderna, stabile e a basso costo.
Energia e acciaierie: il nodo Terni resta aperto
Il tema dell’energia conveniente, poi, si lega direttamente al destino dell’acciaieria di Terni. Arvedi attende la firma dell’Accordo di programma, ma dal ministero tutto tace. Il ministro Adolfo Urso aveva promesso che l’intesa sarebbe stata siglata entro fine febbraio, ma il calendario avanza e i lavoratori temono l’ennesimo rimpallo burocratico.
Nel frattempo, il prefetto di Terni, Antonietta Orlando, ha fissato un vertice sullo stabilimento per la mattina del 4 febbraio, accogliendo la richiesta urgente dei sindacati Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl. Sul tavolo, tutte le criticità di Arvedi Ast: caro-energia, calo degli ordini, fermate produttive e l’Accordo di programma ancora fermo ai blocchi di partenza. I sindacati chiedono che il prefetto si faccia portavoce presso il governo per sbloccare una situazione sempre più ingarbugliata.
L’industria in ginocchio, ma il governo tace
“Non c’è solo la siderurgia, è l’industria nel suo complesso a soffrire”, sottolinea Alessandro Rampiconi, segretario provinciale della Fiom Cgil. “Le politiche nazionali ed europee non incentivano l’industria, e per questo Fiom e Fim manifesteranno il 5 febbraio a Bruxelles. A Terni, intanto, Ast è costretta a importare bramme indonesiane, accogliendo in casa propria il peggior concorrente”.
Una situazione che sembra sfuggire a chi governa, mentre in città l’acciaieria vale ancora il 70% del Pil comunale e una fetta importante di quello regionale. E l’Accordo di programma? “Siamo nell’ennesima fase di stallo”, conferma Rampiconi. “Il ministro Urso aveva detto che entro il 20 gennaio si sarebbero chiariti i costi energetici, ma oggi non sappiamo ancora nulla. La firma entro febbraio? Vedremo. Intanto una linea dell’area a caldo di Ast resterà ferma fino al 31 gennaio”. Insomma, tutto fermo. Tranne l’inquietudine degli operai.
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