Centro studi Cub, ‘crollo moda, tessile e auto ed esplode Cig’

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Montagnoli, finanziamenti pubblici per rilanciare produzione

Di Redazione |

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MILANO, 01 FEB – E’ in crisi la produzione
manifatturiera, fiore all’occhiello dell’imprenditoria italiana.
Nel 2024 – rileva il Centro studi Cub – si assiste ad un vero e
proprio crollo, a due cifre, nel settore moda, tessile e auto.
Per contro sale a livelli vertiginosi il ricorso alla Cig: 507
milioni di ore, di cui 426 milioni solo nel settore
manifatturiero (un aumento del 30% rispetto al 2023).
A soffrire – viene sottolineato – di più sono il settore
pelle e pelletteria (+140% ore di cig), seguito
dall’abbigliamento (+125%) e dal tessile (+75%). Non è andata
meglio nel settore automotive, dove la produzione è crollata di
oltre il 42%, l’export del 22% e la bilancia commerciale di
settore pesa con 15 miliardi di deficit. L’automotive desta
particolare preoccupazione, perché ha ancora un peso notevole
sul Pil (tra il 5 ed il 6%) e sul numero totale di occupati,
diretti e indiretti (circa 270.000).
“Le immatricolazioni in Italia – rimarca il sindacato – sono
calate di poco (-0,5%), ma il crollo del principale produttore
nazionale (Stellantis) è verticale. Dalle sue linee sono usciti
solo 475.000 veicoli, con un calo del 36% rispetto all’anno
precedente. In particolare, le auto prodotte si sono limitate a
283.000 pezzi (con un calo del 46%). Siamo ritornati ai livelli
del 1956. Sul piano delle vendite 2024, il Gruppo ha perso in
Italia tre punti di quote di mercato, scendendo sotto il 30%. In
tutti gli stabilimenti ex-Fiat la produzione è crollata: -70%
Mirafiori, -63% Melfi, -45% Cassino, -22% Pomigliano. Persino la
Maserati di Modena ha avuto un crollo del 79%”.
“Non si esce dalla crisi produttiva se non si fa un salto
tecnologico e produttivo, sostenuto da adeguati investimenti
mirati, per gestire la transizione verso un modello di trasporto
meno inquinante, meno costoso, più sostenibile sul piano
ambientale e più accessibile sul piano economico – afferma
Walter Montagnoli, segretario nazionale del sindacato -. È tempo
che i finanziamenti pubblici servano al rilancio della
produzione e di una vera riconversione, non al sostegno dei
profitti privati ottenuti con licenziamenti e chiusure”.

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