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Le frequenti visite di Schifani evidenziano il feeling con le truppe di Scateno. I segnali di una futura alleanza
Se ci fosse una parola per definire questa fase della legislatura, non ci sarebbero dubbi: è “Messina”. Il 30 dicembre scorso, due giorni dopo l’approvazione della Finanziaria da parte dell’Ars, Renato Schifani era a Messina – o meglio, in collegamento da remoto con Palazzo dei Leoni, sede della Città Metropolitana – per la conferenza stampa col sindaco Federico Basile e con Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord; il 9 gennaio Renato Schifani era davvero a Messina, questa volta di persona, per la firma di un accordo per la rifunzionalizzazione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare della città, ma anche per effettuare un sopralluogo nell’area ex Sanderson (passata dalla disponibilità dell’Esa a quella del Comune).
Il 22 gennaio Schifani è ritornato per l’inaugurazione dell’anno accademico e la consegna di dottorato honoris causa al presidente della Repubblica Mattarella, e ne ha approfittato per un sopralluogo a Santa Teresa di Riva, dove il lungomare è franato a causa del maltempo. Anche ieri il presidente della Regione si è recato nella città dello Stretto: dapprima per la sottoscrizione di un protocollo d’intesa con Rfi per la rigenerazione delle aree ferroviarie dismesse; poi per inaugurare il Pronto soccorso del Policlinico e, infine, per un altro sopralluogo a Santa Teresa, dove il governatore è impegnato in prima persona per la messa in sicurezza del litorale.
Nel piccolo comune rivierasco, dove un tempo amministrava Cateno De Luca, l’attuale sindaco è Danilo Lo Giudice, fedelissimo di Scateno e già deputato a Palazzo dei Normanni. E lungo il crinale delle complesse relazioni con De Luca, evolute in una tregua e infine a una vera e propria pace, che va inquadrato (anche) l’impegno di Schifani sul fronte peloritano. Non perché Messina non meriti attenzioni, tutt’altro; ma perché era rimasta l’unica provincia dell’impero di cui né Musumeci né lo stesso Schifani erano riusciti a mettere piede. La situazione è cambiata da quando De Luca, con una chiara virata a destra, s’è lasciato alle spalle mesi di insulti e di turpiloquio, dicendosi disposto a diventare il “numero due” di chiunque pur di non rimanere tagliato fuori dai centri decisionali.
E siccome adesso c’è Schifani, gli accordi vanno fatti con lui. Non importa che sia stato un “servo sciocco della Meloni” o un “ologramma” che di rado si palesava in aula, a Sala d’Ercole: oggi bisogna andarci d’accordo. E in effetti la strategia funziona. La provincia di Messina, che in giunta era rappresentata dalla sola assessora Elvira Amata, può godere di grandi attenzioni. Ma anche il rapporto fra Scateno e Renato potrebbe nascondere clamorosi colpi di scena all’orizzonte. Giusto qualche giorno fa Sud chiama Nord ha promosso una conferenza stampa per annunciare la fase-2; ossia un’iniziativa chiamata ‘La Sicilia che vorrei’ per andare oltre Cateno, in un certo senso per emanciparsi, senza mai rinunciare alle vibes del suo leader. Che peraltro – rumors alla mano – era stato individuato come il possibile presidente del Consiglio provinciale di Messina qualora si sarebbe tornati all’elezione diretta nelle ex province. Ovviamente sarebbe stato il candidato unitario del centrodestra, e non soltanto l’irruente conquistador “contro tutti e tutto”.
Oggi De Luca è stato legittimato dal potere contro il quale si è battuto con veemenza. E tutto è cominciato in quella famosa conferenza stampa di fine anno, assieme al sindaco Basile (una sua creatura). In quel caso Schifani gli recapitò un messaggio affettuoso: “Verifico in Cateno De Luca una capacità amministrativa che ho toccato con mano in questi anni anche se stavamo su fronti diversi. Ricordo come Cateno abbia salvato Messina e adesso ha salvato Taormina”. Dal dissesto, s’intende. Mentre De Luca, mettendo da parte i trascorsi poco sereni – almeno da quando i due si sono sfidati per Palazzo d’Orleans – ha dovuto ripescare un episodio del 2019 per allungargli un complimento: “Il presidente Renato Schifani a maggio 2019 ha dato assenso per il patto della Madonnina che ha portato una nostra candidata nella lista di Forza Italia alle Europee, e all’accordo sulla legge per il risanamento”.
Insomma, i due (ex) rivali hanno trovato delle basi da cui ripartire, per giustificare un avvicinamento che è nelle cose. E che promette grandi cose. Schifani sta imparando a fidarsi di De Luca, più di quanto non si possa fare con alcuni componenti della sua stessa coalizione: ad esempio il solito, goffo assessore Scarpinato, di Fratelli d’Italia. Il responsabile dei Beni culturali aveva nominato come consulente la renziana Daniela La Colla, che pochi mesi fa, assieme a Davide Faraone, protestò in accappatoio fuori da palazzo d’Orleans per denunciare le carenze di Schifani nella gestione della crisi idrica. L’incarico è stato revocato nel giro di ventiquattr’ore, ma pare che il presidente non l’abbia presa benissimo. E’ cosa assai diversa (quasi una testimonianza d’affetto) la vicinanza mostrata da Sud chiama Nord, che a Roma – col suo unico rappresentante, Francesco Gallo – aveva presentato un emendamento per la reintroduzione delle elezioni dirette nelle ex province. Ipotesi stoppata (guarda caso?) da un patriota.
Non è un mistero nemmeno il profondo apprezzamento di Schifani per Federico Basile, attuale sindaco di Messina che De Luca s’è scelto (e ha fatto eleggere) come suo successore dopo le dimissioni del 2022. Per Basile ha avuto parole che, in confronto, Lagalla si sogna. Persino sul Ponte, che Sud chiama Nord aveva criticato in maniera aspra, è arrivata una mossa conciliante, subito sottolineata dal presidente: “Sono contento che il sindaco Basile sia sempre più coinvolto nel progetto portato avanti dal ministro Salvini. E sono contento che Basile non abbia manifestato una contrarietà pregiudiziale. Ha chiesto solo di essere sentito su alcuni temi che riguardano la città e mi sembra doveroso”, ribadì Schifani nel corso della famosa conferenza stampa di dicembre. Il suo governo, nell’ambito dell’accordo di Coesione con la Meloni, ha annunciato un altro investimento – pari a 300 milioni – per migliorare le arterie di collegamento: la Palermo-Messina e la Messina-Catania.
Questa forma di “dare e avere” consente di sprecare meno energie, di migliorare la reciproca considerazione e di pensare in grande per il futuro. De Luca ha ottenuto mezzo milione di voti alle ultime Regionali e pur avendo perso per strada cinque deputati su otto all’Assemblea regionale – e forse alcuni pezzi dell’opinione pubblica per aver abbandonato il ruolo di oppositore feroce e non disposto ai compromessi – può contare su uno zoccolo duro che, specie in provincia di Messina, conserva un peso specifico notevole. Anche gli alleati di Schifani, sempre più sfilacciati e alla ricerca di alchimie che possano ricucire la coalizione, dovranno farsene una ragione. E aggiungere un posto a tavola.
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