Lingotti d’oro e rendite da favola: sede in centro a Treviso per la truffa milionaria

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L’ufficio è lì: via Municipio 47. A pochi passi da Ca’ Sugana, a 40 metri dal comando provinciale dei carabinieri.

Discreto, molto discreto, quasi invisibile, alla fine del portico dell’immobile che troneggia all’incrocio fra via Cornarotta e la via che porta a piazzetta Trentin.

Da poco l’ufficio è ancora più misterioso, perché sono state tolte, da un giorno all’altro in tutta fretta, le insegne che pubblicizzavano l’attività.

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Era nientemeno che l’agenzia trevigiana della Global Group Consulting, organizzazione dedita alla raccolta fondi, ad investimenti in lingotti d’oro e al commercio di apparecchiature sanitarie, appena sgominata dalla Guardia di Finanza e dalla polizia valutaria, con un’inchiesta per truffa e abusivismo finanziario, condotta dalla Procura di Milano.

Con tanto di 5 arresti (2 in carcere, 3 ai domiciliari, altri 2 sfuggiti agli ordini di custodia cautelare), con un sequestro di beni per 23 milioni di euro.

L’inchiesta è stata chiusa il 20 gennaio scorso. Tutti gli arrestati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e all’abusivismo finanziario: sarebbero 5 mila le vittime in tutta Italia, centinaia anche nella Marca, che avrebbero consegnato alla società 89 milioni di euro dal 2019 ad oggi. Fra loro Samuel Gatto, 40enne milanese, considerato una delle menti.

L’altra Giorgio Maria Marone, 61 anni, di Pavia. Secondo l’accusa, i vertici del sistema – imperniato sul classico schema piramidale – che era in grado di convincere i clienti a comprare lingotti d’oro con il miraggio di una rendita mensile oscillante fra il 3 ed il 4%, per un ricavo annuale compreso fra il 40 e il 48%. Per ogni 10 mila euro investiti, insomma, ne sarebbero maturati poco meno di 15 mila dopo 12 mesi.

Tutto sarebbe partito dalla denuncia di due donne, convinte a investire in Alto Adige (con Trentino e Veneto fra i territori più battuti dai promotori della Global Group). La casa madre aveva sede a Parigi, con diramazioni in altri paesi europei. A gestire però il patrimonio aureo era la Private Gold srl, sede nel Milanese.

E a Treviso? L’agenzia di via Municipio è stata aperta a fine del 2021, e gestita da Nicola Meneghetti e Antonella Bianchi, marito e moglie, residenti nel Veronese.

In precedenza, la Global aveva organizzato incontri e presentazione in alberghi (uno a Vittorio Veneto) ma Meneghetti, prima di approdare nel capoluogo, aveva trovato accoglienza in un ufficio concessogli da una nota assicurazione nella filiale di Susegana (la società assicuratrice è estranea alle vicende giudiziarie).

Premessa: Meneghetti non è oggetto di provvedimenti giudiziari, così come la consorte. Tutto fa ritenere che a Treviso e dintorni la Global abbia raccolto non meno di 2-3 milioni (in Trentino circa 4, con quasi 200 clienti truffati).

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Ai clienti venivano prospettati diversi “tagli”, per entrare nel sistema: 10 mila euro, o 30 mila, altrimenti 60 mila, fino alla soglia dei 100 mila, con possibili varianti.

La Global si impegnava a investirli nell’acquisto di lingotti d’oro, o meglio in operazioni di compravendita di materiale sanitario garantite dal controvalore dei lingotti d’oro che l’investitore lasciava in deposito alla Global stessa.

E di destinare poi i proventi in un altro fronte, quello azionario, acquistando quote di colossi del settore farmaceutico e sanitario. O ancora, commercializzando sofisticate attrezzature ospedaliere che assicuravano rendimenti fino al 300%, almeno così era garantito dai promotori.

Tutto è proseguito, finché i clienti non hanno più voluto attendere le rendite. E sono passati al contrattacco, con le prime denunce.

La Finanza, per le indagini, oltre alle denunce avrebbe utilizzato sia le tracce social della Global (i post sugli eventi e gli spot per la raccolta fondi), sia il contributo di un promotore pentito, che avrebbe consentito di ricostruire i meccanismi interni dell’organizzazione.

Il gip Massimo Baraldo, negli atti, parla di «raccolta porta a porta abusiva del risparmio di dimensioni imponenti».

E secondo le titolari dell’inchiesta, le pm milanesi Celle e Serafini, l’organizzazione aveva poi un modus operandi particolare: concedeva soldi a chi li chiedeva, sapendo che al contempo la gran parte dei clienti aveva più pazienza e non voleva subito i rendimenti promessi. Così l’organizzazione poteva continuare ad agire e a raccogliere somme ingenti nei diversi territori, tramite la diffusa rete dei promotori.

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C’era poi un’altra strategia, per tenere buoni i clienti che chiedevano di ricevere i soldi promessi: veniva loro proposta dalla Global l’iscrizione ad un’associazione, il Global Club, che garantiva sconti e vantaggi in una serie di negozi di lusso, o ancora organizzava gratuitamente eventi mondani e ricevimenti di gala, per finalità finanziarie dell’organizzazione innescate dagli investimenti dei clienti.



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