Il 16 dicembre 2024 la Moldova dichiarava lo stato di emergenza. La Transnistria, la regione filorussa a nord del Paese, lo aveva già fatto il 10 dicembre. Per capire come ci si è arrivati e come le autorità cerchino di non far restare una parte del Paese al buio, Linkiesta ha intervistato Oleg Serebrian, vicepremier moldavo per la Reintegrazione.
«Il contratto per il transito di gas naturale sul territorio ucraino, stipulato tra Naftogaz Ucraina e Gazprom, che garantiva il passaggio del gas verso la Transnistria, è scaduto il 31 dicembre 2024», spiega Serebrian. Da qui l’interruzione delle forniture. Ma Kyjiv aveva comunicato per tempo, già durante tutto il 2023, che non poteva prorogarlo. «Gazprom ha poi deciso unilateralmente di non onorare il contratto firmato nel 2022 con Chișinău, valido fino a settembre». Un contratto che prevedeva il trasporto del gas fino alla frontiera statale della Repubblica Moldova, anche attraverso alternative come Turkish Stream e South Stream. Il governo moldavo aveva chiesto ripetutamente a Tiraspol di «interagire con le autorità nazionali per identificare soluzioni che garantissero forniture di gas alla regione», promettendo misure di sostegno alla popolazione alla sinistra del Nistro, ma incontrando poca collaborazione.
Il 1° gennaio Gazprom ha effettivamente interrotto le forniture di gas attraverso l’Ucraina. Da allora, assicura Serebrian, è in corso «un dialogo costante con Tiraspol, sia politico che tecnico, per trovare opzioni alternative per la fornitura di gas alla Transnistria, coinvolgendo i partner esteri». Il cuore decisionale è la neo-costituita Commissione per le Situazioni di Emergenza (Cse) che si occupa di «centralizzare le necessità di assistenza per gli obiettivi sociali, come scuole, asili, case di accoglienza, case-famiglia, penitenziari ecc., anche nelle località transnistriane e i territori adiacenti». Si cerca di acquistare dall’estero macchinari e materiali, come generatori, aria condizionata, combustibile. Tiraspol, con il leader Vadim Krasnoselski, sa che «di tali forme di assistenza può beneficiare anche la sua popolazione».
Non da ultimo, la Repubblica Moldova ha attivato il Meccanismo europeo di protezione civile, di cui è stato partecipante dal gennaio 2024. Lo strumento dell’Unione europea, che consente agli Stati di offrire assistenza a un altro stato colpito da un disastro o una calamità naturale, era già entrato in funzione quando Chișinău aveva dovuto gestire l’enorme flusso di sfollati provocato dall’invasione russa dell’Ucraina.
La Moldova ha poi «interagito con le autorità di Kyjiv, le quali si sono dette disposte a sostenere la generazione di corrente elettrica presso la centrale termoelettrica della Transnistria offrendo le quantità di carbone necessarie». Questa è solo una delle misure proposte nell’ambito di un pacchetto a cui il governo di Dorin Recean e Ursula von der Leyen hanno lavorato intensamente. Il pacchetto Ue è stato presentato il 27 gennaio e comprende anche «aiuti d’emergenza erogati come sovvenzioni a fondo perduto per un valore di trenta milioni di euro per acquistare gas sul mercato europeo e trasportarlo nella regione transnistriana».
L’elettricità generata dalla centrale termoelettrica di Dnestrovsk (Cuciurgan), al confine ucraino, sarà in uso agli abitanti di entrambe le sponde del Nistro. Questo «per garantire il consumo di gas fino al 10 febbraio». Fino ad allora il governo e l’Ue annunceranno un «meccanismo multilaterale di assistenza energetica da attuarsi in due anni a beneficio di tutti i cittadini della regione». Il meccanismo, su cui Chișinău, Tiraspol e Bruxelles stanno discutendo in queste ore, prevede investimenti per produzione e distribuzione di elettricità a tariffe ridotte. Per Recean, sarà un modo per «non ricevere più ricatti sull’energia».
Quel che è certo è che in una prima fase, Moldovagaz erogherà d’urgenza alla Transnistria tre milioni di metri cubi di gas, richiesti proprio da Tiraspol, da restituire entro il 1° marzo, onde porre subito fine alla crisi energetica. Meno male, dato che sin dall’inizio della crisi, lamenta il vicepremier, «nonostante le misure costruttive proposte da Chișinău a Tiraspol, i messaggi che ci arrivano sono in gran parte di non collaborazione». Una delle divergenze è la fornitura di carbone che Kyjiv si è impegnata a dare, ma rifiutata da Krasnoselski.
Non sono facili neppure i rapporti con la Russia, che incolpa Chișinău di non aver saldato a Gazprom un debito di oltre settecento milioni di dollari. Una cifra mai invocata prima d’ora e che, secondo il ministero dell’energia, che cita un audit internazionale, ammonta a soli 8,6 milioni di cui ne rimangono meno di tre, da estinguere nel 2025. La commissaria Ue per l’allargamento Marta Kos ha parlato di un vero e proprio «ricatto». Ma l’Unione europea cercherà di contrastare le azioni di Mosca mettendo in campo una strategia di comunicazione che esalta i lati positivi dello status di membro Ue. Infatti, dice Serebrian, «la delegazione dell’Ue a Chișinău e la Missione di partenariato in Moldova collaborano con noi, offrendoci assistenza per consolidare la comunicazione strategica e contrastare gli effetti della guerra ibrida informatica messa in atto dalla Federazione Russa».
Non è la prima crisi energetica che la Moldova affronta. Nel 2022, cruciale era stato il ruolo della Romania, grazie al contratto tra Hidroelectrica e Energocom (Moldova) e ai prezzi offerti più bassi di quelli romeni. Anticipando la crisi attuale, il governo Recean aveva chiesto di nuovo assistenza ai cugini danubiani per l’acquisto di elettricità a prezzi calmierati presso società romene, compresa, per la prima volta, Nuclearelectrica (attraverso la centrale nucleare di Cernavodă)», precisa il vicepremier. Oggi il fabbisogno di elettricità sarebbe garantito per la quasi totalità da Bucarest. Il gas naturale, anche di provenienza romena, è invece trasportato dal gasdotto Iași-Chișinău, lungo 150 km e dalla portata di 2,2 miliardi di metri cubi.
Un aiuto importante viene anche dal Parlamento europeo, che questi giorni nelle commissioni bilancio e affari esteri ha chiesto un’adozione più rapida del piano di crescita da 1,8 miliardi per la Moldova adottato dalla Commissione a ottobre, destinati, tra l’altro, a consolidare le interconnessioni energetiche. In attesa di un accordo con il Consiglio, un emendamento di Victor Negrescu (Pse) propone ulteriori cinquanta milioni da erogare subito come «misure transitorie».
La Transnistria, specie sulla sponda sinistra, ha dovuto ricorrere in un primo momento alle riserve di gas e adottare misure severe di razionamento dei consumi di elettricità ed energia termica. È stata poi messa in atto «la disconnessione a catena dell’elettricità sulla sponda sinistra, mentre il gas è rimasto accessibile a gennaio solo per preparare i pasti».
Interrogato sullo status della Transnistria (distretti alla sinistra del Nistro e municipio di Bender), Serebrian sottolinea che non gode di alcuno statuto speciale: «Secondo la nostra costituzione, la Moldova è uno stato unitario. Quel che aggrava la situazione degli abitanti della Transnistria, di cui il novanta per cento ha la cittadinanza moldava, è l’assenza di controllo da parte delle autorità nazionali».
Il ministero di Serebrian, che attua politiche per la reintegrazione e la ricomposizione del conflitto transnistriano, al momento collabora con la Cse per adottare «misure necessarie a garantire alle località alla sinistra del Nistro tecniche e materiali per superare gli effetti della crisi, nonché a raccordare alcune località alle reti nazionali di elettricità e gas». In precedenza la regione separatista «non pagava il gas acquistato da Gazprom e la popolazione e gli operatori economici non si adattavano alla realtà economica attuale». Per questo, preparandosi a una potenziale crisi, Chișinău aveva già suggerito più volte a Tiraspol, reticente, di «aumentare gradualmente il prezzo del gas per i consumatori finali della regione», attutendo lo shock per il possibile passaggio al prezzo di mercato. «Le risorse energetiche hanno un prezzo e anche in Transnistria dovranno funzionare regole di mercato, le stesse del territorio nazionale».
I ricatti energetici hanno anche altri scopi. Serebrian aveva dichiarato a dicembre che la sospensione delle fornite di gas poteva essere un tentativo per screditare l’attuale governo moldavo in chiave elettorale. Le prossime elezioni parlamentari si terranno infatti tra luglio e ottobre. «Le autorità nazionali faranno in modo che i risultati riflettano unicamente la volontà dei cittadini, garantendo il rispetto di regole e standard democratici». Poiché la Russia di recente ha fallito nel far deviare la Moldova dal percorso europeo, anche utilizzando «i suoi accoliti nella classe politica locale», si attende una «diversificazione dei metodi, anche della guerra ibrida». Chișinău, invece, intende «proseguire sulla via europea e ricomporre il conflitto in Transnistria esclusivamente con mezzi pacifici», realizzando così l’auspicio di reintegrare pienamente questa regione mantenendo integrità e sovranità nazionale.
La Moldova è in questo più fortunata della Georgia, avendo un governo e una presidente europeisti. Il referendum sull’adesione all’Ue tenutosi ad ottobre, dove il Sì ha vinto di poco, ha confermato la scelta europea di Chișinău. Il quaranta per cento degli elettori in Transnistria aveva votato sì, il che dimostra, per Serebrian, una «diversificazione delle opinioni» nella regione e un aumento dei sostenitori dell’integrazione europea. «Un fatto quasi miracoloso, se pensiamo alla propaganda delle strutture statali di Tiraspol e alla limitazione del libero accesso dei cittadini ai mass media del resto del Paese», aggiunge. Un’evoluzione positiva che denota un desiderio sempre maggiore di «appartenere a una società democratica, libera, dove i diritti umani sono rispettati e si può raggiungere la prosperità attraverso l’Europa».
Quanto fatto dalle autorità con i partner europei e internazionali per superare la crisi energetica contribuisce senz’altro a creare «un’immagine positiva di Chișinău e dell’Unione europea tra gli abitanti della Transnistria». Non solo: l’aumento dei cittadini che sostengono l’integrazione europea aumenta le possibilità di reintegrazione della regione nella Repubblica. Il 25 giugno 2024 sono ufficialmente iniziati i negoziati di adesione all’Ue, la quale considera la Transnistria «una parte inalienabile del Paese», ribadisce il vicepremier. Un aspetto sottolineato più volte dalle posizioni ferme di stati membri e istituzioni in merito alla «integrità territoriale del paese nelle frontiere riconosciute a livello internazionale».
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