“Ha vanificato possibilità di avere giustizia”

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Roma, 3 febbraio 2025 – “Io sono stato vittima di orrori e atrocità: il Governo italiano ha vanificato la possibilità di avere giustizia”. A dirlo è Lam Magok, testimone delle torture del comandante della polizia giudiziaria libica Osama Almasri, che presentato alla procura di Roma una denuncia per “favoreggiamento per le condotte di Nordio, Piantedosi e Meloni che hanno sottratto il torturatore libico alla giustizia”. E aggiunge: “Il silenzio del ministro Nordio stato chiaramente funzionale alla liberazione di Almasri”.

Lam Magok Biel Ruei, vittima e testimone delle torture del generale libico Osama Almasri

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

“Orrori denunciati alla Corte internazionale”

Il raccomnto di Lam Magok Biel Ruei. “Orrori che ho già raccontato alla Corte penale internazionale, ma il Governo italiano mi ha reso vittima una seconda volta, vanificando la possibilità di ottenere giustizia sia per tutte le persone, come me, sopravvissute alle sue violenze, sia per coloro che ha ucciso sia per coloro che continueranno a subire torture e abusi per sua mano o sotto il suo comando”, continua Lam Magok che ha depositato la querela al Governo tramite l’avvocato Francesco Romeo.

Mandato d’arresto internazionale

“Una possibilità che – prosegue Lam Magok – era diventata concreta grazie al mandato d’arresto della Corte penale internazionale e che l’Italia mi ha sottratto. Faccio questo nella convinzione che l’Italia si possa ancora definire uno Stato di diritto, dove la legge è uguale per tutti, senza subire sospensioni o eccezioni, e dove le persone definite pericolose a causa dei crimini commessi vengano consegnate alla giustizia e non ricondotte comodamente nel luogo dove hanno commesso e continueranno a commettere atrocità”.

Il legale: “Italia informata del mandato di cattura”

Esiste un comunicato ufficiale della Corte penale internazionale del 22 gennaio 2025 che, secondo Francesco Romeo, legale di Lam Magok, “dimostra che le autorità italiane erano state non solo opportunamente informate dell’operatività del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attività di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire l’adeguata ricezione della richiesta della Corte e la sua attuazione”.

“In quello stesso comunicato si riporta inoltre che le autorità italiane hanno chiesto espressamente alla Corte penale internazionale di non commentare pubblicamente l’arresto di Almasri, dimostrando, quindi, di esserne a conoscenza”, sottolinea.

Il “silenzio” di Nordio

“L’inerzia del ministro della Giustizia, il quale avrebbe potuto e dovuto chiedere la custodia cautelare del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale, e il decreto di espulsione firmato dal ministro dell’Interno, con l’immediata predisposizione del volo di Stato per ricondurre il ricercato in Libia, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi all’arresto e di ritornare impunemente nel suo Paese di origine, impedendo così la celebrazione del processo a suo carico”, si legge in una nota dell’associazione Baobab Experience.

Un “silenzio prolungato”, quello del ministro della Giustizia Nordio, “tenuto in aperta e plateale violazione” dell’art. 59 della l. 232/99 (legge di ratifica dello Statuto della Corte penale internazionale) che impone allo Stato destinatario di una richiesta di arresto della Corte di prendere ‘immediatamente’ provvedimenti per garantire l’arresto della persona di cui è stata richiesta la cattura.

Non solo. Nordio non avrebbe osservato nemmeno l’art. 2, comma 3 della l. 237/2012 (norme per l’adeguamento alle disposizioni dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale) che prevede che “il ministro della Giustizia nel dare seguito alle richieste di cooperazione assicura che sia rispettato il carattere riservato delle medesime e che l’esecuzione avvenga in tempi rapidi”, prosegue la nota.

Quel volo di Almasri per la Libia

“Prima ancora del rilascio del ricercato, il volo destinato a riconduro in Libia era in rotta per Torino addirittura in anticipo rispetto alla decisione di scarcerazione della Corte d’Appello. La decisione di adottare il decreto di espulsione da parte del ministro dell’Interno Piantedosi è stata condivisa con la Presidente del Consiglio, come dichiarato e rivendicato dalla stessa Giorgia Meloni in un video pubblicato su Facebook”, precisa il comunicato.

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“Motivi di sicurezza dello Stato”, così Piantedosi giustifica l’allontanamento di Almasri. Un criminale, tuttavia, che “non è pericoloso in Italia, ma in Libia”. “È in Libia – dice Lam Magok – che ha commesso i crimini di guerra e contro l’umanità per i quali è ricercato dalla Corte penale internazionale e che, grazie alla condotta del governo italiano, continuerà a perpetrare a danno di donne, uomini e bambini”.

“Nessuno lo consegnerà alla giustizia”

“Ed è del resto chiaro a tutti che in Libia nessuno consegnerà il capo della Polizia giudiziaria alla giustizia. Secondo la giurisprudenza, l’espulsione prevista per motivi di sicurezza dello Stato (ex art.13 comma 1 del Testo Unico sull’immigrazione) ha quale scopo primario quello di prevenire futuri reati sul territorio italiano, di evitare che la presenza dello straniero sul territorio nazionale possa agevolare organizzazioni o attività terroristiche o, comunque, mettere in pericolo la sicurezza dello Stato”, riporta la nota.



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