Nuovo taglio dei tassi, ma credito ancora caro: le Pmi restano in difficoltà

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Christine Lagarde, presidente della Bce: «Nel quarto trimestre l‘economia è in stagnazione e resterà debole nel breve termine: la manifattura è in contrazione, i servizi si espandono ma la fiducia dei consumatori si deteriora e la spesa delle famiglie non sale». In un contesto che sembra travolgere qualsiasi fiducia e rallentare qualsiasi scatto in avanti, il taglio dei tassi da parte della Banca Centrale Europea – il quarto in ordine di tempo – è da considerarsi un punto a favore per l’economia mondiale perché per i depositi si passa dal 3% al 2,75% e per i finanziamenti principali al 2,9%. Guai a parlare di stagflazione: «Le condizioni di ripresa restano», e se la crescita non è al suo potenziale sempre di crescita si tratta.

IL COSTO DEL CREDITO E’ ANCORA TROPPO ALTO

Se da un lato Confartigianato premia il nuovo taglio dei tassi di 25 punti base, definendolo “apprezzabile”, dall’altro il costo del credito per le imprese resta sempre troppo alto. E rischia di frenarne gli investimenti e l’impegno ad affrontare le transizioni green e digitale. Nell’ultimo biennio l’aumento dei tassi d’interesse ha comportato, per le aziende, 44,3 miliardi di maggiori oneri finanziari e un calo dei prestiti che per le piccole imprese è arrivato addirittura all’8%.

CREDITO E PMI: UNA CORSA AD OSTACOLI

Costo del credito alle imprese

Eppure, se è vero che per la prima volta dal terzo trimestre 2022 i prestiti alle imprese stanno registrando un trend positivo, è anche vero che le Pmi continuano a dover affrontare gli stessi problemi di sempre nel rapporto con le banche:

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

  • Tassi di interesse più elevati, rispetto alle grandi imprese, perché legati al maggiore rischio percepito
  • Procedure di valutazione più complesse e lunghe, che impattano sui tempi di ottenimento del credito
  • Minor peso contrattuale delle Pmi, che riduce la possibilità di negoziare condizioni vantaggiose

BASILEA III+ E IL RAPPORTO TRA BANCHE E IMPRESE

All’alto costo del denaro, che rischia di compromettere l’espansione delle imprese sui mercati internazionali, si aggiungono le rigidità delle norme su Basilea3+ imposte alle banche. Lo aveva raccontato a Confartigianato Imprese Territorio Valentina Lagasio, docente di Risk management e creazione di valore per le banche all’Università “La Sapienza” di Roma: «Gli obblighi sono aumentati: la regolamentazione che interessa il mondo bancario è sempre in aggiornamento e diventa sempre più stratificata e complicata. Se ci riferiamo alla concessione di credito, le banche devono considerare non solo le indicazioni finanziarie tradizionali delle imprese, ma anche i fattori qualitativi: la sostenibilità del modello di business, l’impatto che le attività imprenditoriali possono avere sul clima, il modello di governance. In particolare, le banche devono adempiere a normative come il Pillar 3 e la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDE), che richiedono la disclosure sui principali impatti negativi che l’impresa può avere sui fattori di sostenibilità». Ma il rapporto si deve costruire, giocoforza, tra le due parti. La consapevolezza nei confronti di una certa rigidità normativa c’è. Ed è stato Antonio Patuelli, Presidente dell’Abi, ad aver chiesto ai legislatori europei di rivedere le regole dell’Autorità Bancaria Europea. L’assetto normativo europeo mal si adatta ai cambiamenti sempre più repentini del mercato e penalizza soprattutto le piccole imprese, poiché rende poco conveniente per le banche finanziare lo small business.

SENZA INVESTIMENTI CI SI FERMA

Costo del credito alle imprese

Le imprese sono ad un bivio, perché gli investimenti sono la base dello sviluppo e della creazione di valore e ricchezza per gli imprenditori. «Un’azienda che non investe prima o poi non solo si ferma, ma arretra – aveva detto a Confartigianato Imprese Territorio Paolo Gualtieri, professore di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università Cattolica di Milano -. Bisogna per forza investire. Ed è importante farlo soprattutto oggi in una fase di effettivo cambiamento tecnologico. Ma per ottenere credito, le imprese dovrebbero essere brave a spiegare anche come le nuove tecnologie impattano sulla loro attività in maniera positiva per valorizzare i propri punti di forza».

MISURERARE E COMUNICARE LE PERFORMANCE ESG

Al dibattito non si può non aggiungere un punto che può fare la differenza nell’ottenimento dei finanziamenti: la compliance ai criteri ESG. Rossella Locatelli, docente di Economia Bancaria all’Università dell’Insubria di Varese e Como, lo aveva sottolineato con estrema chiarezza: «Per le imprese, soprattutto per quelle di piccole e medie dimensioni, il problema non è tanto lo strumento di finanziamento prescelto ma dimostrare di essere “green” e, comunque, di essere in grado di dimostrare il loro posizionamento con riferimento ai fattori ESG. In quello che già fanno, tante Pmi sono sostenibili e dimostrano una particolare attenzione all’ambiente, al sociale e alla governance, ma il problema è fare emergere queste performance, misurarle e comunicarle».



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