Sgominata la “paranza” delle truffe agli anziani, banda di 29 persone

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Si sa, le truffe per funzionare devono essere convincenti e, molto spesso, per questo puntano a toccare l’emotività delle vittime, per spaventarle o mandarle in confusione al punto da essere disposte a pagare o fare quanto richiesto; quando però la categoria presa di mira è particolarmente fragili, come gli anziani puntati dalla banda che in questi giorni hanno smantellato i Carabinieri di Genova in collaborazione con i colleghi di Napoli, Torino e Caserta, c’è davvero poca comprensione per i responsabili.

In totale, i militari hanno eseguito 29 ordinanze di custodia cautelare per altrettanti individui, tutti originari del napoletano, per associazione per delinquere finalizzata alle truffe in danno di anziani. 21 di queste persone sono state arrestate e portate in carcere, 5 si trovano agli arresti domiciliari e 3 sono sottoposte a obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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È un modello di raggiro particolarmente crudele che si è diffuso moltissimo negli ultimi anni: il criminale si spaccia per un parente prossimo della vittima oppure per una persona delle forze dell’ordine che ha soccorso o arrestato il parente, millanta una situazione di emergenza che si può risolvere solo pagando una grossa cifra di denaro. L’anziano quindi è pressato a ritirare contanti oppure a svuotare il portagioie o la cassaforte – sempre tenuto al telefono, in modo che non possa verificare con i familiari – e consegnare tutto a una persona che aiuterà a risolvere la situazione.

Persino durante il primo lockdown truffatori del genere utilizzavano la pandemia per spillare quattrini agli anziani, a Genova ma anche in tutta Italia, chiedendo di pagare per somministrare alle persone care un miracoloso farmaco americano, sperimentale e costosissimo, unica speranza di sopravvivere al Covid-19.

Truffe telefoniche agli anziani, il modus operandi

Passata l’emergenza globale pandemica, sono comunque moltissimi gli espedienti per approfittarsi degli anziani attraverso chiamate allarmistiche.

Tra le casistiche accertate più frequentemente, i truffatori si spacciano per poliziotti e comunicano che i figli hanno investito una persona e che l’unica possibilità per evitare il carcere è farsi subito carico dei danni causati, pagando alla famiglia della vittima una grossa somma di denaro.

È un genere di richiesta che, a mente lucida, a chiunque solleva dei dubbi: perché le forze dell’ordine sul sito di un incidente si dovrebbero mettere a fare gli intermediari in una transazione di denaro tra vittima e responsabile per evitargli le accuse? Eppure è facile immaginare come una persona anziana e sola possa facilmente cadere preda dell’emotività ed essere pronta a fare di tutto per proteggere i propri figli o nipoti, cosa che rende particolarmente subdolo questo tipo di raggiro.

Dalle registrazioni delle tante telefonate truffaldine, emergono anche anziani che hanno mangiato la foglia, spesso perché il telefonista si smentisce da una frase all’altra. È il caso di una signora che si è insospettita perché, dopo essersi qualificata come operatrice di un ufficio postale per informarsi del suo stato di famiglia, la truffatrice di turno le comunicava che la figlia era in custodia dei carabinieri per aver causato un incidente. Quando la vittima le ha chiesto spiegazioni, ha provato a convincerla che aveva capito male, ma a quale punto la donna ha capito che qualcosa non tornava e non è cascata nella truffa. Molti però non sono stati così lucidi e hanno perso tutti i risparmi di una vita.

Tenere gli anziani al telefono fino alla consegna del bottino per continuare a spaventarli e impedire di verificare la storia

Il telefono si rivela così un’arma particolarmente pericolosa, per gli anziani scelti come bersaglio di questo tipo di truffa: da un lato, rende più facile camuffare la voce e spacciarsi o direttamente per i familiari della vittima o per forze dell’ordine o avvocati, ammantandosi di un’aura di credibilità che rende più difficile mettere in dubbio la storia raccontata.

Dall’altro impedisce alla vittima di contattare direttamente il figlio o il nipote reso “soggetto” della storia per verificare che stia bene. Non a caso in molti tentativi il telefonista ripete che, poiché il parente si trova sotto custodia delle forze dell’ordine, non può né intervenire nella telefonata né rispondere al proprio numero. In alcuni casi, la truffa è stata sventata fortuitamente proprio dal parente che sarebbe stato in difficoltà, che ha chiamato magari sul numero fisso della vittima trovando il cellulare occupato.

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Una coppia a capo della banda dei truffatori

Le indagini, piuttosto complesse, hanno richiesto più di due anni ma hanno permesso di individuare un’organizzazione criminale capeggiata, secondo gli inquirenti, da una coppia, Alberto Macor e Marica Mastroianni (entrambi con precedenti). La scelta dei criminali e promotori delle truffe di utilizzare termini propri della criminalità organizzata napoletana, come “paranza”, “boss” e “o mast”, contribuisce a definirli un sodale criminale.

La struttura della banda di truffatori era dislocata su tutto il territorio nazionale. Al gruppo di persone preso in custodia ieri si contestano 54 episodi di truffe pluriaggravate (45 consumate, 9 tentate), avvenuti tra l’aprile 2022 e il marzo 2024.

Un “lavoretto” che, stando sempre agli inquirenti, avrebbe fruttato agli indagati più di 700mila euro. Nel corso degli arresti inoltre i carabinieri hanno recuperato anche il bottino di alcuni degli ultimi colpi, per un valore di circa 90mila euro tra denaro contante e gioielli.

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