cosa rivela il rapporto di Legambiente su Bologna e il resto dell’Emilia Romagna

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Maglia nera alle province di Modena, Piacenza, Rimini, Ferrara e Ravenna. Bologna è la città dell’Emilia Romagna nella quale la situazione sembra essere la migliore. Così la fotografia scattata dal rapporto annuale di Legambiente “Mal’aria di città” sull’inquinamento atmosferico nelle città del nostro territorio e dell’intero paese. 

 Nel 2024, 25 città, su 98 di cui si disponeva del dato, hanno superato i limiti di legge per il PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo), con 50 stazioni di rilevamento – dislocate in diverse zone dello stesso centro urbano.

Una situazione di picco, quella dello sforamento del limite giornaliero di PM10, che in molti casi ha riguardato molte centraline della stessa città. Un quadro che secondo Legambiente rivela come l’inquinamento atmosferico sia un problema diffuso e strutturale, ben più esteso di quanto amministratori locali e cittadini vogliano ammettere.

 

In Emilia-Romagna ben 5 città su 9 hanno superato i giorni di sforamento del limite di PM10; Modena è la peggiore con 52 sforamenti in un anno, seguita da Piacenza e Rimini a 40, Ferrara a 38 e Ravenna a 37.

 

Se andiamo poi a vedere la media annuale della concentrazione di PM10 rileviamo un dato positivo, ovvero che nessuna città ha superato i limiti attualmente vigore (40 µg/mc); ma se considerassimo i limiti inseriti nella nuova direttiva approvata a livello comunitario, che entrerà in vigore nel 2030 e che per il PM10 fissa la concentrazione media a 20 µg/mc, solo Forlì rispetterebbe il parametro. 

 

La situazione è migliore per quanto riguarda l’NO2, inquinate principalmente dovuto al trasporto su strada; nessun capoluogo di regione ha sforato i giorni di limite e il confronto con i nuovi valori richiesti dalla direttiva comunitaria (20 µg/mc) vede solo due città, Modena e Rimini, con necessità di interventi correttivi.

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Polveri sottIli (Pm10): dove va peggio in Italia

Le polveri fini, denominate PM10, sono delle particelle inquinanti presenti nell’aria che respiriamo. Queste piccole particelle possono essere di natura organica o inorganica e presentarsi allo stato solido o liquido. Le Pm10 sono state attenzionate dallo studio per stilare la classifica delle zone dove si registrano i maggiori sforamenti.

A guida questa poco lusinghiera classifica – con 70 sforamenti – c’è la città di Frosinone-Scalo, segue con 68 Milano-Marche (nel capoluogo lombardo anche altre tre centraline (Senato, Pascal Città Studi e Verziere) hanno abbattuto il muro dei 35 giorni rispettivamente con 53, 47 e 44 sforamenti). Al terzo posto in assoluto la centralina di Verona-Borgo Milano con 66 giorni (ma anche l’altra centralina cittadina di Giarol Grande è giunta a quota 53 sforamenti), seguita da quella di Vicenza-San Felice con 64 (registrati superamenti anche nelle centraline vicentine Ferrovieri (49) e Quartiere Italia (45)); Padova-Arcella con 61 (Padova Mandria si è fermata a 52), Venezia-via Beccaria 61 (altre 4 centraline del capoluogo veneto hanno registrato 54 sforamenti (via Tagliamento), 42 (Parco Bissuola), 40 (Rio Novo) e 36 (Sacca Fisola).

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Non si sono salvate neanche le città di Cremona (P.zza Cadorna 57, via Fatebenefratelli 46), Napoli (Ospedale N. Pellegrini, 57), Rovigo (Centro, 57 e Borsea (53)), Brescia (56 Villaggio Sereno 41 Broletto e San Polo, 40 via Tartaglia), Torino (55 superamenti nelle centraline di Rebaudengo e di Lingotto, seguite da Rubino con 41 e Grassi con 36), Monza (Machiavelli, 54 e Parco, 40), Treviso (via Lanceri 53 e strada S.Agnese 46).

“Una situazione di picco, quella dello sforamento del limite giornaliero, ma che in molti casi ha riguardato molte centraline della stessa città. A dimostrazione di come non siano casi o centraline isolate ad avere problemi, ma che l’inquinamento atmosferico è molto più ampio e diffuso di quanto amministratori locali e cittadini vogliano ammettere” rimarca Legambiente.

Per quanto riguarda l‘Emilia Romagna troviamo – come detto – tra le province peggiori quelle di Modena (Giardini, 52),  Piacenza (Giordani-Farnese 40), Rimini (Flaminia 40),  Ferrara (Isonzo 38) e Ravenna (Zalamella 37).  

In alto le città in Emilia Romagna che hanno superato con almeno una centralina urbana la soglia limite di polveri sottili (Pm10) alla data del 31 dicembre 2024 (Il D.lgs. 155/2010 prevede un numero massimo di 35 giorni/anno con concentrazioni superiori a 50μg/m3)

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Legambiente: corsa contro il tempo

“Se andiamo a vedere la media annuale di questo inquinante, il bicchiere può apparire mezzo pieno o mezzo vuoto a seconda di che limite si voglia prendere come riferimento. – aggiunge Legambiente – Perché se il bicchiere mezzo pieno è rappresentato dal fatto che nessuna città capoluogo di provincia ha superato nel 2024 il limite normativo stabilito in 40 microgrammi per metro cubo come media annuale, il rovescio della medaglia – ovvero il bicchiere mezzo vuoto – lo si ottiene se si prendono a riferimento i valori suggeriti dall’organizzazione Mondiale della sanità (Oms) che nelle sue linee guida indica in 15 µg/mc la media annuale da non superare. In questo caso, purtroppo, circa il 97% dei capoluoghi di cui si è riusciti a ricostruire la media annuale (95 su 98 capoluoghi esaminati) non rispetta tale valore. Con conseguenti danni alla salute delle persone che vivono e lavorano in queste aree urbane.

 Per fortuna, la nuova direttiva sulla qualità dell’aria recentemente approvata a livello comunitario, ha rivisto i limiti di riferimento per il PM10, avvicinandoli molto a quelli suggeriti dall’OMS; dal 2030 infatti il limite stabilito come media annuale da non superare scenderà dagli attuali 40 µg/mc a 20 (rimane 15 µg/mc il valore suggerito dall’OMS). Questo comporta che nel giro di cinque anni gli Stati Membri dovranno correre ai ripari – Italia in primis – per non farsi trovare impreparati dai nuovi limiti recentemente stabiliti ed approvati. Ad oggi, però, le nostre città sono ancora distanti da quei valori, con 19 capoluoghi che dovranno ridurre le concentrazioni attuali tra il 28% e il 39%: tra le più indietro in questo percorso ci sono Verona (media annuale 32,6 µg/mc e riduzione necessaria delle concentrazioni del 39%), Cremona, Padova e Catania (media 30,7 µg/mc e riduzione del 35%), Milano (media 30,5 e riduzione del 34%), 

Vicenza (media 30,3 µg/mc e riduzione del 34%), Rovigo e Palermo (media annuale 30,0 µg/mc e riduzione necessaria del 33%). Non semplice neanche per gli altri 51 capoluoghi che dovranno ridurre le concentrazioni tra il 3 e il 27%. Solo 28 capoluoghi, ad oggi, rispettano il valore previsto al 2030 e solo 3 città rispettano già oggi il valore indicato dall’OMS. Troppo poco”. 

Una corsa contro il tempo che dovrà necessariamente partire dalle città e dalle politiche necessarie al cambiamento, ma che dovrà vedere coinvolte anche le istituzioni regionali e nazionali per quanto di loro competenza secondo l’associazione ambientalista che sottolinea: “Infatti, le polveri sottili, o particolato o PM10, ha diverse fonti di emissione che lo generano e su cui bisogna intervenire in maniera sinergica e mirata. Il PM10 è emesso principalmente dalla 

combustione di combustibili solidi per il riscaldamento domestico, dalle attività industriali, dall’agricoltura e dal trasporto su strada. E in base al territorio ed alle caratteristiche in cui questi settori emissivi si sviluppano, il peso di uno o dell’altro settore incide in maniera differente. 

Ad esempio, il bacino padano nel nord del nostro Paese, è un’area densamente popolata e industrializzata con condizioni meteorologiche e geografiche specifiche che favoriscono l’accumulo di inquinanti atmosferici nell’atmosfera. Se a questo si aggiunge l’enorme impatto che genera anche il settore zootecnico o quello del riscaldamento domestico, si capisce bene come per risolvere il problema su scala di bacino sono tanti i soggetti chiamati in causa 

e molteplici i settori su cui bisogna intervenire. Nella bassa padana le emissioni che derivano dalle attività agricole, e in particolare dagli allevamenti intensivi, incidono sempre più sulla qualità dell’aria. Andrebbe rivisto l’intero sistema agrozootecnico padano mediante l’implementazione di buone pratiche (come la copertura delle vasche o ponendo dei limiti e dei controlli agli spandimenti di liquami) e, più in generale, andrebbe ripensato un intero settore cresciuto troppo nei decenni passati per rispondere al richiamo dell’industria alimentare, portandolo invece a produrre meno ma meglio, e in equilibrio con il territorio, riducendo così anche l’impatto sulla qualità dell’aria”.

La situazione in Emilia Romagna

“I dati per la nostra regione non sono del tutto negativi, le azioni messe in campo in questi anni stanno dando risultati. Occorre però essere più incisivi, perché al 2030 mancano solo 5 anni – commenta il presidente di Legambiente Emilia-Romagna, Davide Ferraresi. – Occorre potenziare il trasporto pubblico locale e abbandonare i progetti obsoleti di nuove autostrade e di allargamento delle esistenti per favorire il trasporto su ferro. Occorre anche incentivare l’efficientamento energetico degli edifici, la dismissione delle caldaie a gas e del riscaldamento a biomassa in città insieme alla produzione di energia da fonti rinnovabili.”

“Se da un lato alcune politiche regionali sono state coerenti con gli obiettivi da raggiungere, dall’altro permangono progetti che vanno in senso opposto come, sul versante delle infrastrutture trasportistiche, l’autostrada Cispadana o il Passante di Bologna; insieme a queste vi sono gli impianti in fase di realizzazione per la distribuzione del gas metano, come il rigassificatore di Ravenna e i nuovi metanodotti. Occorre, ultima ma non ultima, una nota sul mondo dell’agricoltura. Abbiamo visto in questi anni un impegno progressivo su diversi fronti per ridurre le emissioni inquinanti, ma restano forti criticità proprio nel settore agrozootecnico: se nel bacino padano vogliamo un’aria più pulita occorre che anche i soggetti di questo ambito facciano la loro parte”.

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“I dati del 2024 confermano che la riduzione dell’inquinamento atmosferico procede a rilento” – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – “con troppe città ancora lontane dagli obiettivi target. Le conseguenze non si limitano all’ambiente, ma coinvolgono anche la salute pubblica e l’economia. Alla luce degli standard dell’OMS, che suggeriscono valori limite molto più stringenti rispetto a quelli di legge attuali e che rappresentano il vero obiettivo per salvaguardare la salute delle persone, la situazione diventa è ancora più critica: il 97% delle città monitorate supera i limiti dell’OMS per il PM10 e il 95% quelli per l’NO2. L’inquinamento atmosferico, infatti, è la prima causa ambientale di morte prematura in Europa, con circa 50.000 morti premature solo in Italia”.

RAPPORTO QUALITà ARIA LEGAMBIENTE_SINTESI REGIONE EMILIA ROMAGNA


In altro la scheda con la concentrazione media annuale nel 2024 di Polveri sottili (PM10) e di Biossido di azoto (NO2) nelle città capoluogo di provincia. La media annuale della città è stata calcolata a partire delle medie annuali delle singole centraline di monitoraggio ufficiale delle Arpa classificate come urbane (fondo o traffico). La “riduzione delle concentrazioni necessaria” (valore negativo) indica, per ciascun parametro, di quanto dovrà diminuire la concentrazione attuale, in percentuale, per raggiungere i valori normativi che entreranno in vigore a partire dal 2030. 

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