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Messe a punto le contromisure. L’opzione della trattativa. Insomma la Ue sembra, almeno in apparenza, muoversi in modo compatto
Giorgia Meloni arriva al Palais d’Egmont, nel cuore della città, infilando l’ingresso di fretta, senza cercare le telecamere, nessun commento. Ma, nonostante il protocollo, una breve discussione sui dazi e le relazioni transatlantiche coinvolge tutti, proprio all’inzio del Consiglio europeo, prima ancora di affrontare il nodo della difesa e di come costruire una nuova filiera industriale nel settore militare.
I principi comuni
Secondo fonti del Consiglio europeo, tutti i leader hanno aderito ad almeno un paio di principi comuni, sui quali non si riscontrano divisioni. Principi sui quali anche il nostro governo dovrebbe essere dunque schierato insieme ai 27. Primo: una guerra di dazi fra Washington e la Ue non può che fare del male ad entrambi i soggetti. Secondo, una risposta ad eventuali dazi americani deve essere efficace, ma prima di ogni cosa va fatto di tutto per scongiurarla, anche con i contatti che fra i vertici della Commissione e la Casa Bianca si svolgono in queste ore.
Le indiscrezioni
Ovviamente è una discussione al buio, per tutti, e anche per Meloni, visto che esistono solo indiscrezioni ufficiose sulle intenzioni di Trump. L’ultima sarebbe quella di una mossa unilaterale e generale per tutta la Ue, senza distinguere fra uno Stato e l’altro, su tutti i prodotti europei che varcano i confini americani e che potrebbero essere tassati al 10%.
Ma sono, appunto, indiscrezioni. Di sicuro c’è che la Ue non è impreparata.
Risulta infatti al Corriere che nel gabinetto della von der Leyen un comitato ristretto sui dazi sia stato costituito, e in modo molto strutturato, sin da questa estate. Sono dunque almeno sei mesi che la Ue si prepara, e sulla scrivania più alta dell’Unione è certamente pronto un set di risposte e contromisure alla possibilità che Trump agisca in modo unilaterale.
È forse anche per questo che diversi leader dell’Unione europea dichiarano di esser pronti, se dovesse scoppiare una guerra commerciale. Su questo sono uniti, convinti che l’Unione europea sia una potenza commerciale in grado di tenere testa anche gli Stati Uniti. In caso di questioni commerciali con l’America «l’Europa, da potenza qual è, dovrà farsi rispettare e reagire», annuncia in modo fermo Emmanuel Macron, al suo arrivo al Palais d’Egmont. Sulla stessa linea del capo dell’Eliseo l’altra potenza economica del Continente, la Germania guidata da Olaf Scholz. «È chiaro che, in quanto forte area economica, possiamo gestire autonomamente le nostre questioni e reagire alle politiche di dazi con politiche di dazi». La premessa tuttavia resta uguale: «I dazi non fanno bene a nessuno». E al tavolo di confronto, chi ha potuto assistere allo scambio fra i leader, ha riportato questa sintesi: «I dazi sono dannosi per entrambi le sponde dell’Atlantico, quando sorgono problemi bisogna trovare soluzioni».
La linea compatta
Insomma la Ue sembra, almeno in apparenza, muoversi in modo compatto. E se c’è da registrare qualcosa che riguarda l’Italia è, oltre ad alcune punture più o meno velate, il sollievo per i viaggi americani di Meloni. Nei corridoi della Commissione, infatti, non pochi sono più che soddisfatti che la nostra premier abbia disinnescato la possibilità che Orbán si proponesse come ambasciatore di Trump in seno alla Ue. Se qualcuno deve avere un rapporto speciale, almeno visto da Bruxelles, è molto meglio che sia un Paese fondatore e una leader fortemente europeista, come Meloni. Al termine della cena filtrano queste parole della premier: «Meglio evitare il muro contro muro, non avere reazioni scomposte e cercare di negoziare. Come dimostra il caso del Messico, Trump è un negoziatore».
Ma sono in tanti ad esprimere il proprio punto di vista. Per la Polonia, guidata da Donald Tusk, aprire una guerra commerciale sarebbe «stupido». Per l’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, farebbe «ridere» solo la Cina. Intanto il premier canadese, Justin Trudeau, ha avuto una telefonata con Costa per avvisarlo dell’intenzione di adottare contromisure nei confronti degli Stati Uniti.
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