Radio Al-Salam, voce di speranza tra i profughi in Iraq

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Il giornalismo come azione e canale di pace, portavoce di chi voce non ha. A Erbil, nel Kurdistan iracheno, l’emittente si fa carico da dieci anni di questa missione. La direttrice: è un progetto indipendente che vuole restituire il mosaico di culture della regione raccontando le criticità ma soprattutto belle storie: “nella vecchia Mosul, per esempio, riprendono i concerti, si ricostruiscono chiese e case, si riaprono i ristoranti. E abbiamo la prima donna arbitro di calcio di squadre maschili”

Félicité Maymat – Città del Vaticano

È una melodia di pace in un Iraq tormentato. Radio Al-Salam, fondata nel 2015 quando Daesh è arrivato in Iraq, si è data la missione di informare e dare voce agli sfollati e ai rifugiati che vivono in campi di fortuna nella piana di Ninive. Dopo dopo dieci anni di vita, la radio locale svolge ancora un ruolo importante nella regione e si impegna a trasmettere “informazioni di qualità, neutrali e rispettose”, spiega Marion Fontenille, che ne è direttrice dal 2023. In un’intervista a Radio Vaticana-Vatican News, parla della vocazione di un mezzo che si adopera per la riconciliazione e il dialogo tra le comunità.

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La genesi di un progetto di riconciliazione

Nel 2015, con l’arrivo di Daesh, alcuni sfollati e rifugiati fuggiti dall’Iraq si sono stabiliti nel Kurdistan iracheno. Il diplomatico Frédéric Tissot, allora console generale di Francia a Erbil, e Hugues Dewavrin, vicepresidente de La Guilde du Raid, si sono trovati di fronte a una gravissima situazione umanitaria e hanno deciso di creare Radio Al-Salam come segno concreto di aiuto a queste persone. L’obiettivo era “tenere informata la gente dei campi, fare da ponte tra loro e le autorità, le ONG, le istituzioni e le organizzazioni internazionali”, in modo che “queste comunità sparse potessero rimanere in contatto tra loro”, racconta Marion Fontenille, descrivendo la nascita di un progetto editoriale unico nel suo genere. Nei primi anni della crisi, “quotidianamente i giornalisti andavano nei campi e intervistare le persone” per raccontare la loro condizione, le preoccupazioni e le difficoltà. È fin dall’inizio stata “la voce dei senza voce”, e continua ad esserlo per coloro che sono “invisibili”.

Sul campo per raccontare le storie di profughi

Un decennio dopo, la stazione radio trasmette ancora nel nord dell’Iraq e rimane una parte importante del paesaggio mediatico, ma “anche del paesaggio umano dell’Iraq”, insiste Fontenille, che all’attivo ha una esperienza di giornalista in Marocco e in Turchia. L’Iraq è un vero e proprio mosaico di comunità, con una ricca diversità di lingue, religioni ed etnie, “musulmani sunniti, sciiti, cristiani, yezidi e minoranze di cui si sente parlare molto poco”. Marion descrive questa coesistenza unica: “Vivono tutti fianco a fianco, creano convivialità, ma non necessariamente si conoscono o, quando si conoscono, nutrono pregiudizi reciproci”.



Radio al-Salam

Radio Al-Salam, che in arabo significa “radio della pace”, svolge un ruolo fondamentale. Oggi i cinque giornalisti dell’emittente continuano ad andare sul campo dalle persone, si interessano a queste minoranze, per scoprire la loro vita quotidiana, per parlare delle loro difficoltà. Nei campi, dove alcuni siriani vivono da più di dieci anni, nascono anche “belle storie”. Ne accenna alcune: “Ho incontrato artisti lì: un pittore rifugiato siriano ha organizzato mostre di tanto in tanto fuori dai campi; un poeta ha trovato il modo di far pubblicare le sue opere; uno di loro ha persino aperto uno studio musicale”, racconta Marion.

In arabo e curdo, un’antenna multiculturale

Per far sentire questi spaccati di vita, Radio al-Salam ha deciso di trasmettere in arabo e curdo, le lingue più diffuse del Paese. Ha anche un programma in lingua siriaca condotto da due cristiani. In effetti, all’interno del team della radio si parlano tutte le lingue del Paese, “e questa è la ricchezza della redazione e la sua forza. Abbiamo accesso a tutte le popolazioni senza bisogno di traduttori”. Questa scelta è anche “parte del DNA della radio”. Gli stessi ascoltatori non ne sono sorpresi. “Per loro fa parte della musicalità della regione e dei valori di integrazione per tutti”, afferma Marion Fontenille, convinta che l’incontro con gli altri, il rispetto verso le differenze siano valori da mettere al centro dell’attività dell’emittente. “Ora ci sono cinque giornalisti e un manager multimediale, tutti rifugiati o sfollati: “Lavorare insieme non è stata una scelta ovvia all’inizio”, ammette.

Accesso neutrale alle informazioni

Finanziata da ONG francesi, la Guilde du Raid e Œuvre d’Orient, la radio tiene molto alla sua indipendenza e alla sua identità apolitica. “È chiaro che non c’è politica. Si tratta di affrontare per lo più questioni sociali: ambiente, per sensibilizzare e spiegare agli ascoltatori cosa sta accadendo nel loro Paese, che soffre di siccità a causa del riscaldamento globale. L’obiettivo è quello di educare e prevenire “la disinformazione”. I contenuti affrontano anche il tema dell’uguaglianza di genere “con un programma speciale che dà voce alle donne riguardo al loro posto nella società, che cerchiamo di discutere invitando anche gli uomini, cercando di confrontare un po’ i punti di vista e guardando al futuro, per vedere come le cose potrebbero cambiare”.

Catalizzatore della voglia di ricostruzione

La stazione radio si concentra sull’attualità nel nord dell’Iraq, nei campi e nella piana di Ninive. La situazione in Medio Oriente e in Siria, con la caduta del regime di Bashar al-Assad, solleva molti interrogativi. Radio al-Salam si propone di fare luce con risposte concrete, senza schierarsi, dando la parola a studiosi e specialisti. L’emittente si impegna a “fornire accesso a informazioni neutrali, praticamente inesistenti nel panorama mediatico iracheno”, insiste Marion Fontenille. L’ambizione della radio è di ampliare la copertura in Iraq, raggiungendo città come Baghdad, Ramadi e Bassora. Il team editoriale è anche interessato a intercettare i giovani iracheni, che costituiscono un’ampia fascia della popolazione, con le loro numerose sfide, come quella dell’accesso al lavoro. Intanto, nella vecchia Mosul riprendono i concerti, si ricostruiscono chiese e case, si riaprono i ristoranti. “Abbiamo incontrato una donna arbitro di calcio, l’unica e la prima in Iraq ad arbitrare partite di squadre maschili a Erbil”, racconta la giovane donna. “Queste sono le piccole storie che raccontano la storia più grande” di riscatto che tutta la regione, attraversata ancora da molte tensioni, desidera.

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