Assalto al territorio, GRiG: “Nel Golfo di Cagliari più torri che delfini”.

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Quattordici progetti di centrali eoliche offshore presentati per il mare della Sardegna meridionale, di cui dodici predisposti e depositati presso gli uffici della Capitaneria di Porto di Cagliari per l’ottenimento delle relative concessioni demaniali marittime e due (progetto Sardegna 1 e progetto Sardegna 2) della società abruzzese Renexia s.p.a., del Gruppo Toto Holding, che hanno affrontato direttamente la procedura di scoping per individuare i contenuti dello studio di impatto ambientale necessario per la procedura di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.).

Progetti che dovrebbero portare alla installazione di ben 540 “torri” eoliche davanti alle coste della Sardegna meridionale.

Complessivamente, ricordano dal Gruppo di Intervento Giuridico, sono almeno ventidue i progetti di centrali eoliche offshore presentati nei mari sardi,  di cui venti con richiesta di concessione demaniale marittima, pur in assenza di procedure di valutazione ambientale di alcun genere e con altrettanti atti di opposizione presentati con successo dal Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), tanto da non far rilasciare gli atti concessori.

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“Complessivamente – spiegano dal GRiG – ben 1.123 “torri” eoliche per una potenza di MW 18.428 (dei quali 15.270 MW collegati al sistema elettrico isolano e altri 3.158 MW collegati al sistema elettrico peninsulare), cioè tre volte tanto l’aumento di potenza da energie rinnovabili richiesto alla Sardegna dal D.M. 21 giugno 2024 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili).   Sintomo palese di una vergognosa assenza di pianificazione energetica e ambientale degne di questo nome, sintomo di un disastro ambientale, economico-sociale (basti pensare alla ricadute negative su turismo, pesca, agricoltura) e identitario”. “La guerra – sacrosanta e doverosa per chiunque abbia un po’ di buon senso – è contro la speculazione energetica arrembante nel povero Bel Paese“.

Eppure la stessa Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto che “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto”.

Un fenomeno, quello della speculazione energetica, rilevabile non solo in Sardegna, ma anche nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sicilia, sui crinali appennnici.

In Sardegna, si legge nella nota del GRiG, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 dicembre 2024 risultano complessivamente ben 767, pari a 52,28 GW di potenza, suddivisi in 498 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 20,91 GW (40,00%), 239 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 16,54 GW (31,63%) e 30 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 14,83 GW (28,37%).

52,28 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021).

“Questo – secondo il GRiG – è il frutto di un’assenza completa di qualsiasi decente pianificazione, il Far West che tanto piace agli speculatori energetici e ai fiancheggiatori dell’ambientalmente corretto. Un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta). Significa – proseguono – energia che dovrà esser pagata dal Gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti)”.

“Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche, che – oltre in precedenza ai certificati verdi e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Terna invia specifici ordini per ridurre o aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata”.

Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”.   In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.

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Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”.

“Insomma – aggiungono dal GRiG – siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici. Le Regioni e le Province autonome, dopo l’entrata in vigore del D.M. 21 giugno 2024 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili), ora devono individuare con legge le aree idonee e non idonee per l’installazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, come previsto fin dall’art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i“.

“Ribadiamo ancora una volta la nostra proposta – proseguono dal GRiG -. Dopo aver quantificato il quantitativo di energia elettrica realmente necessario a livello nazionale, sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica. In realtà, la prima cosa necessaria, a breve termine, sarebbe una moratoria nazionale (non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili”.



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