Comportamenti scorretti tra avvocati: le espressioni offensive

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Guida alla corretta condotta degli avvocati per prevenire sospensioni e sanzioni disciplinari.

Il legale, nell’esercizio della professione, è tenuto a rispettare rigorosi doveri deontologici. Nei comportamenti scorretti tra avvocati è incluso anche l’obbligo di evitare espressioni offensive e denigratorie nei confronti dei colleghi: quelle ad esempio che possono “scappare” nel corso di un’udienza infuocata, negli stessi atti processuali o anche al di fuori dal tribunale, quando ci si scontra per una ragione anche estranea alla difesa dei propri assistiti.

L’art. 52 del Codice Deontologico Forense stabilisce che «L’avvocato, nella redazione degli atti in giudizio e, comunque, nell’esercizio dell’attività professionale, deve evitare di utilizzare espressioni offensive o sconvenienti nei confronti di colleghi, magistrati, controparti o terzi». Questo standard è richiesto non solo durante l’esercizio professionale ma anche nella vita privata, a testimoniare l’importanza del ruolo sociale dell’avvocato.

Analogamente, l’art. 89 del Codice di Procedura Civile dispone che: «Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni sconvenienti od offensive».

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Le espressioni sconvenienti o offensive assumono rilievo di per sé, indipendentemente dal contesto in cui sono usate e dalla veridicità dei fatti che ne costituiscono oggetto (Cass. Sez. U, sent. n. 10852/2021; Cass. Sez. U, sent. n. 13168/2021). Il divieto è previsto a salvaguardia della dignità e del decoro della professione, e l’avvocato è tenuto a esprimere il proprio biasimo o a formulare la propria denuncia in modo rispettoso della personalità e della reputazione altrui, astenendosi da ingiustificata animosità e da toni irriguardosi.

Quali sono le frasi offensive tra avvocati

Ecco alcune frasi da evitare:

  • attribuire al collega comportamenti illegittimi o illegali senza fondamento, come affermare che ha commesso reati o atti illeciti (Tribunale Ordinario Napoli, sez. 6, sentenza n. 110/2022);
  • utilizzare espressioni denigratorie delle qualità personali, morali e intellettuali del collega, come definirlo “demente”, “furfante” o “squallido” (Tribunale Ordinario Alessandria, sez. 1, sentenza n. 625/2015; Cass. Civ., Sez. U, N. 9949 del 12-04-2024);
  • toni dispregiativi o offensivi che eccedono le esigenze difensive, come accusare il collega di essere “una testa di cazzo” o “un handicappato” (Corte di Appello di Milano, Sentenza n. 471 del 16 maggio 2024);
  • fare illazioni gratuite e lesive della dignità del collega, come insinuare che abbia rapporti illeciti con magistrati o che agisca in malafede (Cass. Civ., Sez. U, N. 19030 del 06-07-2021).

Un avvocato è stato sospeso per aver utilizzato espressioni gravemente offensive nei confronti di un magistrato e di un consulente tecnico d’ufficio, definendoli “demente“, “diversamente abile” e “rudere” (Cass. Civ., Sez. U, N. 9949 del 12-04-2024).

La sentenza n. 312/2024 del Consiglio Nazionale Forense illustra chiaramente le ripercussioni di un comportamento non corretto. Un avvocato era stato sospeso dall’esercizio della professione per sei mesi per aver chiamato una collega “dilettante allo sbaraglio“, dimostrando così come la mancanza di decoro possa portare a sanzioni significative.

Nel caso specifico menzionato, l’avvocato sanzionato aveva indirizzato una missiva a più persone definendo la collega di controparte in termini molto negativi, paragonando la sua attività a una “gita turistica”. Questo tipo di linguaggio è considerato inappropriato e lesivo della dignità professionale dell’altro avvocato.

La giurisprudenza riconosce che, sebbene possa essere necessario utilizzare un linguaggio forte per difendere adeguatamente un cliente, ciò non deve mai sfociare in attacchi personali o commenti denigratori che non hanno a che fare con la sostanza del caso. L’avvocato deve sempre bilanciare la necessità di una difesa efficace con il rispetto delle norme deontologiche.

Pertanto, anche se le condotte in questione possono non avere alcuna rilevanza penale (se rivolte all’interessato, essendo stata depenalizzata l’ingiuria), la condotta ha pur sempre una rilevanza disciplinare.

Il CNF ha sottolineato che l’ammissione di responsabilità da parte dell’avvocato potrebbe mitigare la sanzione disciplinare. Nel caso in discussione, l’assenza di tale ammissione ha influenzato la decisione del consiglio di mantenere la sanzione originaria, dimostrando l’importanza della responsabilità personale nell’ambito della deontologia forense.

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Conseguenze disciplinari

L’uso di espressioni sconvenienti o offensive può comportare sanzioni disciplinari, tra cui la sospensione dall’esercizio della professione. La sospensione è prevista quando la condotta dell’avvocato viola gravemente i doveri di probità, dignità e decoro professionale (Cass. Civ., Sez. U, N. 9949 del 12-04-2024][Cass. Civ., Sez. U, N. 19030 del 06-07-2021).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che:

«L’avvocato deve obiettivamente e serenamente elevarsi al di sopra delle parti e, nel dare l’indispensabile contributo tecnico per la risoluzione della lite in favore del proprio cliente, è tenuto a moderare la passione, da cui talvolta può essere trascinato, nei limiti invalicabili dettati dal necessario rispetto verso tutti i protagonisti del processo» (sent. n. 10852/2021).



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