Comproprietà e agevolazioni prima casa, se si vende prima dei 5 anni la responsabilità è in solido — idealista/news

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Un nuovo intervento della Cassazione ha stabilito che i comproprietari di un immobile, che ha goduto delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa e che viene venduto prima del decorso dei 5 anni dalla data del rogito, rispondono in solido della decadenza del beneficio fiscale se non ne hanno comprato un altro da adibire ad abitazione principale. Il recupero dell’intera maggior imposta dovuta, quindi, può avvenire rivolgendosi indifferentemente a ciascuno di essi. L’amministrazione finanziaria non deve avanzare richiesta in misura proporzionale alla quota di comproprietà. 

La questione è stata trattata dal quotidiano economico Il Sole 24 Ore, che ha riportato quanto contenuto dall’ordinanza 2505 del 3 febbraio della Cassazione. Quest’ultima – come indicato dal quotidiano economico – è intervenuta esaminando la vicenda relativa a “un avviso di accertamento notificato a una madre che, per la quota di comproprietà in ragione dell’1 per cento, aveva comprato un’abitazione al figlio che si era intestato la restante quota di comproprietà (99%). Entrambi avevano poi venduto la casa, senza ricomprarne un’altra, un paio d’anni dopo il contratto cui era stata applicata l’agevolazione prima casa”. 

Cosa dice la normativa sull’agevolazione prima casa e cosa è stato stabilito 

All’articolo 1, comma 4, della Tariffa parte prima allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro del 26/04/1986 n. 131, si legge: “In caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. Se si tratta di cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima. Sono dovuti gli interessi di mora di cui al comma 4 dell’articolo 55 del presente testo unico. Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”. 

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Nel caso in esame, seguendo le disposizioni dettate dalla normativa, l’Agenzia delle Entrate ha “rivolto l’azione di recupero sia verso la madre che verso il figlio”. La madre si è quindi opposta, lamentando il fatto che il Fisco l’ha chiamata a rispondere dell’intera pretesa e non solo dell’1 per cento dovuto. Nel primo grado di giudizio, la Ctp Roma (7752/47/2014) ha dato ragione alla signora; ma nel secondo, la Ctr Lazio 743/38/2016 ha dato parere contrario. Adesso, dopo quasi venti anni, è arrivata la sentenza della Cassazione che ha confermato quando stabilito dalla Ctr Lazio. 

Secondo la Cassazione, come riportato dal Sole 24 Ore, “l’acquisto in comunione pro indiviso determina l’insorgere, a carico dei comproprietari, di obbligazioni solidali passive correlate all’acquisto stesso, con la conseguenza che la diversa caratura delle quote di comproprietà di ciascun acquirente ha rilievo solamente nei loro rapporti interni e non anche per le prestazioni che essi devono identicamente effettuare verso un creditore come il fisco”. 

La Cassazione, da un punto di vista esclusivamente fiscale, ha poi sottolineato che “la legge testualmente impone all’ufficio di effettuare il recupero dell’agevolazione nei confronti degli acquirenti che abbiano fruito congiuntamente del beneficio, senza dovere prestare rilievo alcuno alle singole quote di comproprietà di titolarità di ciascuno di essi”. In caso contrario, “il recupero fiscale, nonostante riferito a un bene in comproprietà indivisa, sarebbe destinato a restare impossibile ove uno dei due comproprietari fosse divenuto, nel frattempo, del tutto insolvibile”.
 



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