La collaborazione transregionale tra Emilia Romagna e Toscana, entrambe regioni “rosse”, prosegue e si allarga alle infrastrutture, con la proposta di potenziare la cabina di regia sulla linea ferroviaria Direttissima (la Bologna-Prato) anche alle ferrovie appenniniche, le linee Faentina e Pontremolese, con la possibilità di allargarsi al versante stradale, lavorando insieme a una programmazione dei principali itinerari di valico appenninico.
Gli assessori alla Mobilità e Infrastrutture di Emilia Romagna e Toscana, rispettivamente Irene Priolo e Stefano Baccelli, si sono incontrati anche a seguito della lettera di intenti e di collaborazione siglata dai presidenti delle due regioni, Michele de Pascale ed Eugenio Giani, lo scorso 18 gennaio, che potrebbe gettare le basi di una macroregione Appenninica in salsa Dem, cosa oggettivamente interessante specie alla luce del fatto che la nuova giunta de Pascale è uscita ufficialmente dal percorso di maggiore autonomia iniziato nel 2018 dal precedente governatore Stefano Bonaccini in collaborazione con l’allora governo di Paolo Gentiloni.
«Lavoreremo insieme per lo sviluppo sinergico dei due sistemi regionali – affermano Priolo e Baccelli -, che passa naturalmente attraverso una sempre più forte integrazione e connessione infrastrutturale tra i nostri due territori. Per questo abbiamo deciso di istituire subito una cabina di regia estesa sulle ferrovie appenniniche, che convocheremo già il prossimo 20 febbraio, in modo da tenere insieme tutti gli attori interessati anche alle due linee ferroviarie al momento più in sofferenza, la Pontremolese, importante dorsale di collegamento per passeggeri tra Liguria, Toscana ed Emilia Romagna, e la Faentina che collega Ravenna, Faenza e Firenze».
«Proprio su quest’ultima tratta – aggiungono Priolo e Baccelli – cogliamo le preoccupazioni di cittadini e amministratori e, per questo motivo, chiederemo insieme a Trenitalia, in generale, un’indispensabile regolarità del servizio scongiurando assolutamente eventuali soppressioni e una non prorogabile maggiore puntualità, nonché un potenziamento del servizio di sostituzione con mezzi su gomma durante le allerte meteo, quando è prevista l’interruzione della linea su ferro, oltre al potenziamento del sistema di comunicazione ai cittadini dell’attivazione e disattivazione dei servizi sostitutivi».
La maggiore collaborazione tra regioni è salutata positivamente dal coordinatore della nuova forza politica autonomistica “Patto per il Nord”, Paolo Grimoldi: «le regioni fanno bene a collaborare tra loro, stringendo alleanze che potrebbero evolvere positivamente anche in un auspicabile cambio dell’assetto amministrativo nazionale, creando realtà regionali più omogenee ed efficaci sotto l’aspetto operativo, oltre che istituzionale. Bene fanno Toscana ed Emilia Romagna a collaborare più strettamente e, magari, arrivare pure alla costituzione di una macroregione Appenninica, che potrebbe pure comprendere le Marche e l’Umbria. Sarebbe utile che analogo cammino fosse intrapreso anche dalle regioni del Nord Italia, riprendendo in mano il progetto di una macroregione Alpina».
Per Grimoldi quello della macroregione Alpina «potrebbe essere uno scenario vincente alla luce del fallimento del processo di maggiore autonomia causato dalla Lega Salvini Premier per non avere voluto seguire il processo stabilito dall’art. 116 della Costituzione, finito nelle paludi della legge quadro, poi finita impallinata, assieme ad una parte dello stesso articolo 116 Costituzione, così come riformato nel 2001 da una maggioranza di centro sinistra, dalla recente sentenza della Corte costituzionale. Le regioni del Nord hanno bisogno di fare maggiori economie di scala, sinergie, di affrontare e gestire problematiche di comune interesse che non si fermano ai confini di regione, di avere maggiori libertà di dialogo e collaborazione con le confinanti realtà alpine al di là dei confini di Stato».
L’obiettivo di una macroregione Alpina, secondo Grimoldi, «potrebbe essere centrato ricorrendo all’articolo 132 della Costituzione, che prevede la possibilità di disporre la fusione di regioni esistenti creando una realtà di almeno un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. In caso di esito positivo, toccherebbe al governo e al Parlamento recepire l’esito della volontà popolare tramite legge costituzionale. Sarebbe un processo, sicuramente più lungo e complesso di quello della trattativa diretta tra Stato e Regioni per la maggiore autonomia previsto dall’art. 116 della Costituzione, ma almeno questo non avrebbe in mezzo il problema dei Lep e amenità similari che non portano da nessuna parte. Con quasi 21,5 milioni di abitanti e un Pil decisamente sopra la media italiana, la macroregione Alpina potrebbe generare economie di scala ed efficienze più ampie di quelle garantire da una devoluzione a mezzadria sempre soggetta alle ubbie della maggioranza nazionale di turno».
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