Fisco, tempi incerti per il taglio delle tasse al ceto medio

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Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 


Il governo ha promesso la riduzione dell’Irpef per chi guadagna fino a 50-60mila euro l’anno ed è a caccia delle risorse. La misura arriverà entro l’anno? Il viceministro all’Economia Maurizio Leo dice che non se la sente di prendere impegni sui tempi. Prudenza, poi, sulla rottamazione delle cartelle e auspicio di un dialogo fra Ue e Usa sulla imposta sulle multinazionali dopo le minacce di ritorsioni da parte di Donald Trump

La certezza che il taglio delle tasse al ceto medio arriverà quest’anno non c’è. Il viceministro all’Economia Maurizio Leo “non se la sente di impegnarsi sui tempi”. Così ha risposto quando gli è stato chiesto, durante TeleFisco del Sole 24 Ore, se entro il 2024 arriverà l’intervento promesso dal governo.


Caccia alle risorse

“Ci lavoriamo”, ha risposto Leo, confermando che si stanno cercando le risorse per abbassare l’Irpef a chi guadagna fino a 50mila euro lordi l’anno (forse anche 60 mila). Quello che resta un obiettivo del governo è stato rinviato perché non si sono trovati i soldi col concordato preventivo per le Partite Iva. Nonostante la riapertura dei termini a dicembre, infatti, con la sanatoria per commercianti e professionisti si è racimolata solo la metà dei due miliardi e mezzo necessari.

Microcredito

per le aziende

 


La lotta all’evasione

Si punta, adesso, sulle maggiori entrate fiscali che dovrebbero portare l’aumento dell’occupazione e gli incentivi pubblici alle imprese che assumono. Ma anche al recupero dell’evasione, salito nel 2024 a 32,7 miliardi. E a questo proposito Leo precisa: “Bisognerà individuare la parte strutturale che può essere messa al servizio dell’intervento per il ceto medio”.


Prudenza sulla rottamazione

In tutti e due i casi si tratta, comunque, di fonti di denari che presentano, per loro natura, incertezze. Ecco perché il viceministro parla di prudenza e stesso tenore utilizza a proposito di una riapertura della rottamazione delle cartelle, cioè la possibilità di chiudere i debiti col Fisco, senza sanzioni e interessi, pagando solo l’arretrato. Leo ricorda che il vero problema sono i 1.275 miliardi di balzelli (e relative multe) non riscossi: un enorme magazzino di crediti sui quali si sta cercando di capire quanti se ne potranno recuperare, perché molti riguardano nullatenenti, defunti e imprese fallite o che hanno chiuso i battenti.

Tassa sulle multinazionali: futuro incerto

Infine, un auspicio sulla tassazione delle multinazionali, dopo che Donald Trump ha minacciato ritorsioni a chi, come l’Italia, applica l’imposta. Leo è convinto che col dialogo Europa e Stati Uniti troveranno una soluzione equilibrata per la misura, decisa a livello internazionale, che ha l’obiettivo di evitare che le grandi società (a partire dai colossi del Web) dribblino le tasse nei vari Stati dove fanno affari.


Le minacce di Trump

La decisione del presidente Usa è stata presa per difendere i colossi a stelle e strisce che sfruttano i regimi fiscali esistenti in diversi Paesi per risparmiare sulle imposte. Per evitare quella che non è evasione ma, che comunque appare un’ingiustizia verso le imprese che non possono sfruttare le pieghe delle leggi, 140 Paesi hanno sottoscritto l’intesa che prevede per le società che hanno un fatturato superiore a 750 milioni di euro una tassazione effettiva del 15 per cento.


Global Tax: per l’Italia vale 400 milioni

E’ la Minimum Global Tax che, per esempio, una multinazionale americana che ha una filiale in Italia deve versare al nostro Erario. Il nostro Paese ha infatti dato attuazione nel 2024 a questo meccanismo, dal quale ci si aspettano circa 400 milioni all’anno. Il tributo, previsto da una direttiva dell’Unione Europea, non è in vigore negli Stati Uniti, dove la quota minima si ferma al 10 per cento. Trump però non vuole che le aziende americane possano subire un prelievo superiore lì dove (come dalle nostre parti) il regime è più severo.



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