Sarebbe “un onore” accogliere Papa Francesco in Iran, con “le braccia aperte” per lui. Quanto sta accadendo in Palestina “non lo consideriamo colpa dell’ebraismo”, ma di “un governo che sta facendo tutto il contrario di quello che dice l’ebraismo”. E ancora, nell’ultima udienza con il Santo Padre “noi abbiamo proposto una Conferenza di Pace con tutte le guide religiose” del mondo, che più importante delle Nazioni unite, potrebbe anche “ostacolare tantissime guerre in futuro”. Sono gli auspici che l’ambasciatore della Repubblica Islamica presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari, ha condiviso con alcuni giornalisti a pochi giorni dal 46° anniversario della rivoluzione. Sottolineando anche che sono ormai 70 anni che l’Iran ha una propria ambasciata presso il Vaticano, una ricorrenza che intende presto celebrare.
Ha risposto anche sulle politiche degli Usa e sul nucleare iraniano, l’ambasciatore, criticando duramente le prime e tornando a ribadire – come sempre le autorità della Repubblica Islamica – che l’Iran anche per ragioni religiose non ha mai voluto un ordigno atomico, contro il quale permane la fatwa della Guida Ali Khamenei. Ma l’incontro con la stampa avveniva poche ore prima degli ultimi atti e dichiarazioni di Donald Trump sull’Iran, e Mokhtari ha insistito soprattutto sul dialogo interreligioso e la volontà di rafforzare il rapporto con il Vaticano e con Papa Francesco. “Una persona speciale – lo ha definito – rispettosa dell’Iran come delle altre nazioni”, e le cui parole sono “sempre preziose”. Ancora non vi è stato alcun invito, ha precisato l’ambasciatore sull’ipotesi di un viaggio del Pontefice a Teheran, analogo a quello del marzo 2021 in cui Francesco aveva incontrato a Najaf l’ayatollah Al Sistani. Ma “da entrambe le parti c’è questa intenzione per il viaggio. Come ambasciatore penso sia meglio invitare prima il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, in occasione dei festeggiamenti che presto faremo in Iran per i 70 anni delle relazioni diplomatiche. Questo può essere un inizio”.
Quanto alla proposta della Conferenza di pace, “era da parte mia, non della Guida Suprema”, precisa l’ambasciatore, insediato da circa un anno. E il papa l’avrebbe molto apprezzata. “Noi crediamo che papa Francesco sia una delle guide veramente più importanti, una delle persone che hanno portato un avanzamento di questo dialogo interreligioso”. Guarda alla religione, Mokhtari, ma si vede che è un uomo ben addentro alle cose del mondo e ha un piglio deciso quando parla di questi sedici mesi di guerra a Gaza. Forse che, chiede, “la religione permette che i bambini e le donne inermi, che non hanno nessuna arma in mano, vengano assassinati? La religione ha persino dei precetti su come si uccidono gli animali”. E dunque, ribadisce, Israele ha sporcato con le sue azioni la faccia dell’ebraismo. “Non hanno risparmiato neanche le chiese”. Ma il responsabile, precisa, è il governo guidato da Netanyahu, non la Torah, non la gente. “Il riconoscimento è un altro tema e la Repubblica islamica dell’Iran non riconosce lo Stato di Israele – conferma Mokhtari, rispondendo a chi gli chiede precisazioni – e vi sono molti studiosi ebrei che non sono d’accordo con il sionismo”.
Quanto al rapporto sempre conflittuale con gli Usa, “ci dispiace che quella potenza, con il suo comportamento fin dalla rivoluzione del 1979, abbia fatto di tutto per presentare il nostro Paese come guerrafondaio. L’Iran non ha mai cominciato una guerra, ma ha sempre difeso la patria. E non ha mai cercato di ottenere un’arma nucleare, che per noi è proibita”. Eppure, “è dai tempi di Bush che sentiamo dire che la potremmo fare in sei mesi: e dunque quante ce ne saremmo potute procurare, di bombe, da allora?”.
“Il governo Usa è sempre stato contro di noi”, ha ribadito, osservando che se Washington non avesse compiuto azioni come aiutare Saddam Hussein nella guerra contro l’Iran degli anni Ottanta, “non ci sarebbe questo disastro in Medio Oriente”. Mokhtari ha poi insistito sull’importanza della sua sede diplomatica, “diversa” nelle funzioni da quella dell’ambasciata presso lo Stato italiano di Via Nomentana: una presenza in linea con secoli di relazioni tra la Persia e le chiese orientali “fin dall’epoca Safavide” – cioè della dinastia che nel XVI secolo fece dello sciismo, nella versione duodecimana, la religione di Stato. Dopo la rivoluzione del 1979 “alcuni integralisti sostenevano che non vi era alcun bisogno di un’ambasciata presso il Vaticano – ha evidenziato – ma Khomeini si oppose alla sua chiusura”. E il primo ambasciatore della Repubblica Islamica Hadi Khosrowshahi, ha ricordato, trasmetteva a papa Giovanni Paolo II i messaggi di pace di Khomeini.
Netta inoltre la presa di distanza dal fondamentalismo estremista, di cui accusa certi ulema che influenzano i giovani a combattere invece di assolvere al dovere di insegnare la vera religione. “Come si può interpretare il Corano – si è chiesto – mettendo le bombe?”.
Quanto all’attuale situazione dei cristiani in Iran, questi hanno “diritti ufficiali” previsti dalla Costituzione, ha ricordato, come accade per le altre minoranze del gruppo abramitico – ossia quella ebraica e gli zoroastriani, eredi dell’antica religione della Persia. E hanno anche per legge tre rappresentanti in Parlamento, due dei quali sono in attesa del viso per venire in visita in Italia. “Sono tutti uguali di fronte alla legge – ha sottolineato – e vi sono matrimoni misti”. Non è previsto però che i cristiani possano indurre altri alla conversione. “Noi possiamo far conoscere l’Islam ma non costringere le persone a convertirsi – risponde – e chi rappresenta una religione deve rispettare le regole del Paese in cui si trova”. Quindi anche i cattolici possono svolgere le loro celebrazioni nelle chiese, ma non convertire altre persone. “I nostri edifici –aveva detto l’arcivescovo latino di Teheran, cardinale Dominique Mathieu, in una recente intervista – sono principalmente per i cattolici e, in generale, per i cristiani. Ma, pur dovendo tenere le porte chiuse agli altri, rimangono un punto di riferimento, con il potenziale di aprirsi un giorno”.
Da parte sua Mokhtari – docente a Qom, formazione in Iran e un dottorato di ricerca in Filosofia Occidentale all’università di Duhram (Gran Bretagna) – ha da poco pubblicato uno “Studio comparativo dell’invocazione nell’islam e nel Cristianesimo” (Irfan Edizioni). Un approfondimento sulla preghiera nelle religioni in cui, ha sottolineato, si è basato per il 70% su testi dell’esegesi cristiana.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link