Roma, 5 febbraio 2025 – Nel sistema italiano di welfare, le famiglie rappresentano l’attore principale nella gestione della cura e dell’assistenza alle persone non autosufficienti, sopperendo autonomamente alle carenze del settore pubblico. La spesa delle famiglie per il lavoro domestico, oltre a consentire di soddisfare bisogni essenziali quali l’assistenza agli anziani, la cura della casa o l’accudimento dei bambini e delle persone con disabilità, determina un circolo virtuoso che crea lavoro, ricchezza e gettito fiscale.
Per dare una dimensione al fenomeno, il punto di partenza è rappresentato dai dati INPS relativi alla spesa delle famiglie per i lavoratori domestici “formali”, che include retribuzioni, contributi e TFR. A questi si può aggiungere la stima della spesa delle famiglie per i lavoratori domestici informali (in questo caso, naturalmente, solo la retribuzione).
Queste due componenti, oltre a determinare un contributo all’economia italiana vicino ad un punto di PIL, innescano a loro volta effetti economici “diretti” e “indiretti”, quantificabili in valore della produzione e ore lavorate generate, innescando un effetto moltiplicatore virtuoso.
Secondo i dati INPS, nel 2023 la spesa delle famiglie italiane per il lavoro domestico si attesta a 7,6 miliardi di euro. Prosegue, quindi, il calo registrato già nel 2022. Questo trend rispecchia, evidentemente, la dinamica dei lavoratori domestici in Italia, il cui numero era cresciuto significativamente nel 2021. Il valore complessivo del 2023 rimane, in ogni caso, sopra i livelli pre-Covid.
Considerando il tasso di irregolarità al 47,1% fornito dall’ISTAT, è possibile stimare la componente irregolare, sia per quanto riguarda il numero di lavoratori che per la spesa delle famiglie. In questo modo, si ottiene il numero complessivo di lavoratori domestici, pari a 1,58 milioni. La spesa delle famiglie raggiunge quindi i 13,0 miliardi, di cui 7,2 per badanti e 5,8 per colf.
A partire da questi dati, si possono calcolare gli effetti (diretti e indiretti) generati da queste risorse immesse sul mercato. Secondo la teoria economica, un settore direttamente interessato da una misura economica (in questo caso il lavoro domestico, attraverso la spesa delle famiglie) tenderà a coinvolgere una serie concatenata di altri settori ad esso collegati generando in questo modo altri aumenti di ricchezza. Questo perché, a seguito dello stimolo suscitato per via diretta, il settore inizialmente coinvolto avrà a sua volta bisogno di altri beni intermedi, coinvolgendo così in sequenza fasi della produzione sempre più “distanti” da quella originaria. In altri termini, il denaro speso dalle famiglie per il lavoro domestico viene poi re-investito dai lavoratori domestici per acquistare beni e servizi in loco (consumi), stimolando la produzione.
La matrice input-output evidenzia che la spesa delle famiglie (13,0 miliardi), re-investita sul territorio dai lavoratori domestici, determina un valore della produzione pari a 21,9 miliardi di euro, con un effetto moltiplicativo medio pari a 1,7.
Il valore della produzione generato può essere ripartito per le tipologie di lavoratori che lo hanno generato: 12,2 miliardi provengono da badanti e 9,7 miliardi da colf. A livello territoriale, il 52% del valore totale è prodotto nel Nord (6,9 miliardi Nord Ovest e 4,5 miliardi Nord Est). Nelle regioni del Centro si generano 6,1 miliardi di valore della produzione (28% del totale), mentre nel Mezzogiorno sono generati 4,4 miliardi (20%).
Utilizzando appositi moltiplicatori, è possibile inoltre adattare la matrice per rispondere ad un altro quesito: “qual è il potenziale impiego di lavoro di una sollecitazione della domanda finale sul territorio target?”. In questo modo vengono calcolate le ore di lavoro necessarie per garantire l’incremento della produzione.
Complessivamente, il valore della produzione indotto dal lavoro domestico garantisce 253,8 milioni di ore lavorate a livello nazionale per produrre beni e servizi richiesti dalla domanda. Anche in questo caso, le ore lavorate si concentrano prevalentemente al Nord (52%). E, di nuovo, la maggior parte delle ore lavorate viene generata nella stessa regione di residenza (68%).
Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “il lavoro domestico non rappresenta “solo” un settore fondamentale a livello sociale per le famiglie e per la gestione del welfare. È anche un settore significativo a livello economico: i 13 miliardi di euro spesi dalle famiglie per colf, badanti e baby sitter generano un impatto economico pari a 21,9 miliardi (effetto moltiplicatore: 1,7) in termini di valore della produzione e pari a 253,8 milioni in termini di nuove ore di lavoro generate. E’ evidente quindi che il lavoro domestico genera ricchezza e crea nuovo lavoro, a beneficio delle famiglie e di tutto il sistema economico”.
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