Nei giorni scorsi è stata denunciata la situazione emergenziale che starebbero vivendo alcune decine di migranti ospiti del Cara di Palese, i quali, pur avendo ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale, si stanno ritrovando costretti a vivere per strada, senza né documenti, né viveri, a causa del depotenziamento dei percorsi di seconda accoglienza.
Per via dello “smantellamento dei sistemi di seconda accoglienza – ha spiegato lo sportello sindacale Fuorimercato in una nota rilasciata all’Ansa – le persone migranti ricevono la protezione internazionale solo sulla carta ma i loro diritti vengono violati. Non viene più riconosciuto il diritto a un alloggio, sia pure per un tempo limitato, e senza un domicilio non possono tramutare in documenti la protezione internazionale, cioè ottenere quella card che gli permette di accedere ai servizi di base come l’assistenza sanitaria, di circolare liberamente. Si è interrotto il legame diretto tra la prima e la seconda accoglienza”. “I migranti – prosegue la nota di Fuorimercato – vengono messi in una specie di ‘lista d’attesa’ dai comuni e nel frattempo dove e di cosa vivranno? Sta succedendo qualcosa di gravissimo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la lettera aperta indirizzata al prefetto e al sindaco di Bari dal Comitato “Io Accolgo” Puglia: “Da giorni, una ottantina di immigrati titolari di protezione internazionale e ospitati presso il Cara di Palese sono preoccupati, disorientati, e confusi a causa di una informazione che hanno ricevuto con la quale viene loro intimato di abbandonare, entro cinque giorni, il Centro di Prima Accoglienza per Richiedenti Asilo di Bari-Palese entro 5 giorni. Della loro sorte, una volta fuori dal Cara, non sembra importare gran che ad alcuno: considerando che si tratta di persone completamente prive di autonomia in quanto impossibilitate quasi del tutto a trovare un lavoro che dia un minimo sostegno nelle more della lunga procedura di riconoscimento, una decisione di questo tipo ha il sapore di una condanna permanente alla marginalizzazione. I migranti, infatti, una volta fuori dal centro, avrebbero come primo problema quello di individuare un tetto per passare la notte; ed immediatamente dopo quello di procurarsi i beni adeguati a soddisfare bisogni elementari di base funzionali alla propria stessa sussistenza. Gli effetti di queste condizioni sono facilmente prevedibili: aumento della precarietà delle condizioni di vita, creazione di una situazione di potenziale devianza, produzione di un contesto sociale escludente e induzione alla formazione di un clima ostile nei confronti di chi fugge da guerre, violenze e persecuzioni”.
“Tutto ciò – prosegue il comunicato – è illogico e disumano e, soprattutto, non riconosce le proprie responsabilità. Sì, perché proprio quelle istituzioni che adesso si adoperano per lo sgombero di persone da centri di ospitalità non si preoccupano minimamente dei doveri e degli obblighi di cui sono titolari: cioè facilitare ai destinatari di permesso umanitario o di protezione l’accesso a strutture di accoglienza di secondo livello nelle quali realizzare percorsi di integrazione nel contesto sociale, di responsabilizzazione e di autonomia. Ricordiamo che una persona titolare di permesso umanitario, conformemente a quanto disposto dall’art. 10 della Costituzione, proviene da zone del mondo dove sono negati i diritti e le libertà previste dalla nostra stessa Carta fondamentale e che, dunque, conformemente a quanto prescritto peraltro dall’ordinamento giuridico internazionale, egli, come tale, deve essere tutelato e accompagnato in ogni fase della propria permanenza sul territorio dove ha trovato ospitalità, in quanto soggetto a condizioni di particolare e conclamata fragilità.
“Si rinuncia, invece, a valorizzare nelle nostre città la presenza di persone provenienti da altre culture; si rifiuta l’idea di considerarle come risorse; si abdica alla prospettiva di trasformarle in valore aggiunto per la nostra società – concludono -. Noi pensiamo che tutto questo non sia dignitoso nei confronti dei migranti, che non sia rispettoso della dignità umana, e che vada contro ogni tipo di buon senso e di logicità. Chiediamo dunque al Prefetto e al Sindaco di Bari – e cioè alle istituzioni preposte all’accoglienza sul territorio – di operare perché queste persone possano accedere al circuito della seconda accoglienza come è previsto dalla normativa, in maniera tale da dotarle degli strumenti necessari per la riacquisizione dell’autonomia individuale sul territorio italiano, accompagnando così il loro ingresso nella società”.
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