Kinga Földi è una scultrice tessile ungherese che, dopo una brillante carriera come costumista teatrale, ha intrapreso da alcuni anni un percorso artistico indipendente. Abbiamo perciò voluto farci raccontare il suo percorso, cercando di comprendere meglio il perché tante persone dopo un percorso nella moda o nel teatro, diventino artiste. La risposta sembra risiedere nella ricerca di una completa libertà di espressione: diventare finalmente le “registe” della propria visione.
Forte di una solida formazione accademica e professionale nel mondo della moda, Földi ha trovato la sua vera vocazione artistica perfezionando nel corso del tempo la tecnica del pin-tuck. Questo metodo di cucito decorativo, originariamente impiegato per la realizzazione di camicette, è divenuto uno degli elementi distintivi delle sue sculture. La sua maestria nel combinare questa tecnica con la creazione di motivi floreali e l’incollaggio di strisce di seta, capaci di generare raffinati effetti tattili, ha contribuito a definire uno stile unico e riconoscibile.
Attraverso le sue sculture, Kinga Földi si propone di narrare la bellezza della natura, spesso trascurata nell’era digitale. Il suo obiettivo è evocare nei suoi spettatori un senso di gioia e calore, grazie alle esperienze sensoriali che la seta, con la sua morbidezza, è in grado di suscitare. L’abbiamo intervistata in occasione della sua partecipazione all’ultima Biennale Internazionale di Fiber Art Contemporanea di Valtopina al Museo del ricamo e del tessile di Valtopina.
Come hai sviluppato la tua passione per i tessuti?
Fin da bambina amavo creare e lavorare con le mani. Ricordo quei momenti come tempi pacifici in cui potevo viaggiare con l’immaginazione in terre lontane. Questo sentimento era così forte che ho voluto mantenerlo e, in qualche modo, si è trasformato in una professione. Il passaggio all’arte per me è stato decisivo, perché è molto più di un lavoro: è una parte inseparabile della mia vita. Sebbene abbia provato a lavorare con materiali diversi come argilla, carta e metallo, alla fine il tessuto è stato il materiale che ho trovato più interessante. Il tessuto è un medium complesso, può essere il materiale di un’opera d’arte, ma anche il tema stesso. Lavoro in un campo transitorio tra arte fine e arti applicate. Per me, sia la tecnica che il concetto dietro la scultura sono ugualmente importanti.
Ci racconti questo passaggio all’arte dal precedente lavoro di costumista di teatro?
La progettazione dei costumi è un lavoro giocoso, pieno di sorprese e nuovi compiti per cui devi trovare soluzioni come designer. Devi seguire le istruzioni del regista, ma devi anche considerare il lavoro come un’opera d’arte collettiva, in cui tutti collaborano per creare qualcosa di unico. Inoltre, devi accettare che sarà l’attore a indossare il costume ogni sera; quindi, deve essere confortevole e adatto alla sua personalità. È stato un lavoro entusiasmante per anni, ma poi ho capito che non mi dava piena possibilità di esprimere i miei pensieri e sentimenti. Dopo una pausa di alcuni anni ho deciso di non continuare con la progettazione di costumi, ma di dedicarmi alla scultura tessile. Le mie basi venivano dai costumi, ma la modellazione di oggetti tridimensionali richiedeva soluzioni tecniche differenti e offriva più libertà espressiva.
La natura è una fonte centrale di ispirazione nel tuo lavoro: non affronti mai questioni sociali, pur vivendo in un paese complesso. La natura è un rifugio per te, o cosa ti affascina così tanto di essa?
È vero, la natura è il mio rifugio, ed è anche il tema principale della mia arte. Il mio lavoro è un processo meditativo che mi permette di parlare di sentimenti e ricordi, a volte in modo non intenzionale. L’arte tessile è il mio linguaggio personale, attraverso il quale riesco a esprimermi meglio che con le parole. È un processo di auto-guarigione. In questo modo posso parlare anche di questioni sociali, magari non di quelle in evidenza nei media, ma credo che i miei problemi non siano unici. Inoltre, penso che le persone riconoscano i temi e i messaggi che trasmetto attraverso i miei oggetti e trovino conforto in essi. L’effetto calmante della natura è un tema ben noto al giorno d’oggi. Sappiamo che nel mondo moderno e accelerato in cui viviamo è fondamentale trovare il tempo per riconnettersi con la natura e ritrovare il nostro equilibrio.
Potresti spiegare in dettaglio la tecnica del pin-tuck e come la utilizzi per creare forme tridimensionali?
Il pin-tuck è una tecnica di cucito decorativa, spesso utilizzata su camicette, abiti e costumi tradizionali. L’ho incontrata durante gli anni universitari e ho iniziato a sperimentare. È una tecnica semplice: si fanno delle pieghe e si cuciono una per una, poi si stirano per appiattirle. Quello che ho cambiato è la distanza tra le pieghe, cucendole molto vicine tra loro, rendendo la cucitura invisibile e non appiattendole. Questo modifica completamente la struttura del tessuto, rendendolo più spesso e flessibile, facile da modellare in curve e forme organiche.
Perché hai scelto la seta, in particolare la seta Dupioni, come materiale principale per le tue sculture?
Probabilmente è dovuto al mio passato da costumista. Usavo spesso la seta, in particolare il dupioni, per le mie creazioni. Ho sviluppato un legame speciale con questo tessuto nel corso degli anni. Il dupioni ha una consistenza simile alla carta: non è morbido come la mussola o il raso, ma con ulteriori trattamenti posso renderlo perfetto per la modellazione. Inoltre, la brillantezza della seta è unica e il modo in cui riflette i colori è incredibile. La superficie del dupioni ha piccole imperfezioni che lo rendono organico e rustico, un aspetto che mi affascina.
Il tuo processo creativo richiede molta pazienza e precisione. Come mantieni la concentrazione durante le fasi più ripetitive del lavoro, come il pin-tuck?
La gente mi chiede spesso come faccio ad avere tanta pazienza per questo tipo di lavoro. Per me non è questione di pazienza, ma di un processo meditativo. Mi sento davvero rilassata mentre cucio le pieghe una dopo l’altra. Il lavoro non richiede una precisione assoluta, seguo le linee del tessuto, e le forme organiche permettono che le linee possano variare.
Inizi sempre con un disegno, ma il tessuto poi guida il tuo processo creativo. Come descriveresti questa “conversazione” tra te e il materiale?
Inizio con il disegno perché mi aiuta a pensare, a progettare la forma e la dimensione. Ma quando comincio a lavorare con il tessuto, il processo diventa più organico. Seguo il mio concetto, ma il tessuto mi mostra possibilità inaspettate. A volte queste forme sono così convincenti che non posso ignorarle, quindi le incorporo nel design originale.
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