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Il termometro del pericolo non è mai arrivato a toccare simili temperature dal dopoguerra a oggi. Prova ne siano le continue manifestazioni di protesta organizzate a Berlino, ma anche a Monaco, Amburgo, Colonia, a Lipsia, Karlsruhe, a Mannheim, a Stoccarda, a Brema e in decine di centri più piccoli, da Neu-Isenburg a Gottinga: non c’è angolo della Germania che non abbia sentito la necessità, nei giorni scorsi, di scendere in piazza per dire no al progetto di alleanza (non detto, non scritto, ma implicitamente sdoganato) tra i cristiano-democratici della CDU e l’estrema destra di Alternative für Deutschland. Il 23 febbraio i tedeschi saranno chiamati a votare per eleggere il nuovo esecutivo, elezioni anticipate indette a novembre dopo l’implosione del governo Scholz. I sondaggi dicono che la CDU è in testa con il 30% delle preferenze, seguita proprio dai neonazisti di AfD, con il 21%. Più indietro i Socialdemocratici dell’SPD (16%) e i Verdi (13%). La “prova generale” d’inedita alleanza architettata dal leader dei conservatori Friedrich Merz, in pole position per diventare il nuovo Cancelliere tedesco, non ha però superato il voto al Bundestag, che ha respinto di misura (grazie ai voti dei franchi tiratori interni) una proposta di riforma dell’immigrazione sostenuta anche dai liberali (Fdp) e, appunto, da AfD: 350 voti contrari, 338 a favore. La riforma prevedeva una stretta ai ricongiungimenti familiari per i rifugiati con status di protezione limitata e un ampliamento dei poteri per la polizia federale.
Perché Merz non soltanto sta inasprendo i toni sul tema dell’immigrazione, ma ha anche promesso di “ripristinare la competitività industriale della Germania” mettendo in secondo piano le politiche climatiche tanto care ai partiti progressisti. Di fatto il probabile futuro Cancelliere continua a flirtare con la destra, sposandone i propositi, quasi a tentare di “scippare” qualche voto da quella porzione di elettorato, anche se formalmente nega di avere in programma qualsiasi forma di collaborazione con Alternative für Deutschland. All’ultima conferenza elettorale dei cristiano-democratici a Berlino, Merz ha dichiarato, quasi infastidito: «Non c’è nessuna cooperazione, nessuna tolleranza, nessun governo di minoranza, niente di niente. Stiamo lottando per le maggioranze politiche nel mezzo del nostro ampio spettro democratico». Poi certo: un conto è la campagna elettorale, con le piazze che si rivoltano, un conto sono gli accordi dopo il voto. Alla domanda se accetterà i voti di AfD per raggiungere la maggioranza ha risposto categoricamente: «No, posso garantirlo personalmente». Chissà se la promessa basterà per placare i malumori crescenti, anche all’interno della CDU.Secondo un sondaggio pubblicato la scorsa settimana dall’emittente pubblica ZDF, il 47% degli elettori tedeschi è favorevole all’attuale atteggiamento della CDU, ma la stessa percentuale ha dichiarato di esserne turbato.
L’errore di “inseguire” gli avversari
Il problema è che una maggioranza di governo, ammesso che i dati stimati dai sondaggisti siano validi, al momento non c’è. La via per una riedizione della große Koalition è impervia: difficile che Socialdemocratici e Verdi decidano di sostenere un governo cristiano-democratico che si propone, per dirne una, di smantellare le politiche climatiche. L’unica sponda per la CDU, com’è oggi disegnata e pensata, resta davvero l’estrema destra, gli impresentabili, i neonazisti. Sia per una questione di numeri, sia di “sintonia ideologica” (anche i neonazi sono apertamente contro le politiche ambientali). Ma addentrarsi in quel terreno, soprattutto in Germania, rischia di essere estremamente scivoloso. Secondo il politologo tedesco Marcel Lewandowsky, interpellato dal sito di informazione giornalistica Watson, «il tentativo di avvicinarsi ai populisti di destra su temi come la politica migratoria è rischioso, soprattutto per i partiti conservatori. Invece di concentrarsi sull’unico argomento che viene utilizzato da AfD, gli altri partiti dovrebbero impostare le proprie proposte in modo da non mantenere i populisti di destra “nella conversazione”, dando loro così rilevanza». Sulla stessa linea Manfred Güllner, direttore del Forsa-Institute, che si occupa di analisi e ricerca sociale, che offre un consiglio per i partiti democratici: «Non occupatevi esclusivamente di politica migratoria nelle ultime settimane della campagna elettorale. Invece, prendetevi cura delle grandi preoccupazioni della gente per la difficile situazione economica in Germania. Questo è l’unico modo con cui i partiti democratici possono impedire un rafforzamento dell’AfD».
Sono comunque in molti a temere che gli estremisti di destra riescano, in qualche maniera, a fare un passo decisivo verso la guida del governo: è una paura palpabile, tangibile, mentre le elezioni si avvicinano sempre più. E quindi aumentano gli appelli, gli inviti ad alzare la guardia, a non sottovalutare, a non cadere nel tranello della “normalizzazione”, com’è già accaduto in tante altre realtà europee, in Ungheria ma non soltanto. Sostiene il politologo Arne Semsrott: «In caso di responsabilità di governo, l’AfD non abolirebbe immediatamente la democrazia, ma procederebbe per piccoli passi. Una politica di mille passi verso l’abolizione della democrazia. Una politica in cui l’acqua diventa sempre più calda, grado dopo grado».
Resisterà il firewall tedesco?
Dunque tutto sta a capire se il firewall politico tedesco, finora il più potente d’Europa, resisterà anche a questa grande onda nera che sta travolgendo larga parte delle democrazie occidentali. Se davvero i partiti d’ispirazione democratica riusciranno a tenere fuori dai palazzi i rappresentanti di Alternative für Deutschland, un partito apertamente razzista, che esalta il principio di “remigrazione”, vale a dire la necessità di procedere alla deportazione di richiedenti asilo e di cittadini tedeschi di origine straniera obbligandoli a tornare nei loro paesi d’origine, che attacca le minoranze, che è contro l’aborto e che non tollera il dissenso. L’organizzazione Campact ha addirittura pubblicato un decalogo: dieci motivi per cui quel partito dovrebbe essere ineleggibile:«L’AfD diffonde paura, odio e indignazione per ottenere consensi per le sue idee di estrema destra», scrive Campact. «Con la disinformazione e i miti della cospirazione, sta scuotendo la fiducia nei media consolidati, nella scienza e nei partiti democratici. Invece di risolvere i problemi sociali, li sfrutta». Oppure: «L’AfD diffama la stampa indipendente: slogan popolari come “stampa di sistema e “stampa bugiarda” erano già usati dai nazionalsocialisti. L’informazione indipendente e critica è un elemento centrale di qualsiasi democrazia funzionante: chiunque voglia limitarla non è un democratico». Al Bundestag è attualmente in discussione una procedura di messa al bando del partito neonazista, su iniziativa di parlamentari di vari partiti, perché “la dignità umana e il divieto di discriminazione sono ora apertamente messi in discussione”. Mentre il 25 gennaio scorso, in un evento organizzato a Halle dalla leader di Afd, Alice Weidel, è tornato a parlare Elon Musk, il “presidente ombra” degli Stati Uniti, che già a dicembre aveva indicato il partito di estrema destra come «l’ultima scintilla di speranza per salvare la Germania». «Dovete essere orgogliosi di essere tedeschi», ha ribadito il miliardario-influencer, nonché proprietario di X «Secondo me i tedeschi si sono concentrati troppo sulle colpe del passato, bisogna andare oltre. I bambini non dovrebbero essere colpevoli dei peccati dei loro genitori, per non parlare dei loro bisnonni», con un chiaro riferimento agli orrori del passato nazista. Al proposito della fascia più giovane dell’elettorato, è da segnalare l’indagine condotta il mese scorso dalla Jewish Claims Conference in otto paesi europei sulla “conoscenza dell’Olocausto”: ebbene, risulta che in Germania un giovane adulto su 10 non ne ha mai sentito parlare. La percentuale è di poco più alta in Austria (14%) e in Romania (15%), ma sale alle stelle in Francia, con il 46% dei giovani intervistati, tra i 18 e i 29 anni, che non hanno alcuna idea degli stermini avvenuti durante l’era nazista, grazie a un letale mix di lacune educative e disinformazione.
Eppure, alla fine, soltanto di questo si parla, a pochi giorni da voto: del ruolo degli estremisti di destra, dei “loro” temi, dei loro eccessi e dei rischi che la loro presenza già ora comporta. Il voto del 23 febbraio sarà una sorta di referendum, pro o contro la “legittimazione” dei neonazisti. Anche la proposta politica dei partiti tradizionali appare debole, appiattita sul grande tema. E l’esito dipenderà da quel che deciderà di fare la CDU: se accettare la scorciatoia dell’alleanza con l’estrema destra (da non ammettere prima del voto, ma da presentare come l’unica soluzione possibile per evitare lo stallo, a urne chiuse) o se mantenere una fermezza che mai era stata messa in discussione. Soprattutto dall’ex Cancelliera Angela Merkel, che pochi giorni fa ha così commentato: «Penso che sarebbe sbagliato costruire una maggioranza con i voti dell’AfD». Per poi aggiungere, ben più esplicita: «Anche in condizioni difficili, non si dovrebbero formare maggioranze con l’AfD: il partito ha oltrepassato una linea rossa». Il 30 gennaio scorso Michel Friedman, per 40 anni figura di spicco della CDU, di fede ebraica, ha annunciato che lascerà il partito in aperta critica con la decisione di Merz di votare assieme all’AfD la proposta di riforma per inasprire la politica migratoria. Friedman l’ha definito «un punto di svolta catastrofico per la democrazia della Repubblica Federale, un imperdonabile gioco di potere». Il leader della CDU Friedrich Merz dovrà fare molta attenzione a non spaccare il partito e a tenere a bada lo spettro di Franz von Papen, che nel 1933 favorì l’ascesa al potere di Hitler.
Quindi la partita tedesca è cruciale: per il futuro della Germania e della stessa Europa. «Alternative für Deutschland sfrutta abilmente le paure sociali offrendo soluzioni semplici a problemi complessi e presentando costantemente capri espiatori», scrive l’analista Andrea Schmitz. Un concetto, che di pari passo con l’utilizzo massiccio e sistematico dei social media, traccia un filo comune con tutte le estreme destre populiste che negli ultimi anni sono riuscite a conquistare il potere. È di pochi giorni fa l’allarme lanciatodall’organizzazione no-profit Democracy Reporting International su una serie di account “oscuri” che su TikTok sostengono l’estrema destra tedesca. La Germania è soltanto un pezzo, peraltro importantissimo, del disegno già da tempo in atto. Chi si ostina a non vederlo potrebbe trovarsi presto a rimpiangere questa vigilia del voto.
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