Caltanissetta, le stragi di mafia, i ‘fantasmi’ e i “macroscopici errori”

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PALERMO – Non è una semplice richiesta di archiviazione, ma l’ennesima occasione da cui emerge che l’ostinazione nel seguire certe piste investigative non produce risultati. Sono le stesse piste che, spinte dall’eco mediatica, vengono presentate come la verità che ci si ostinerebbe a non vedere. Come se esistesse un manipolo di infedeli di Stato sempre pronto a proteggere chi detiene inconfessabili segreti.

Si rimesta in storie che tengono banco da decenni – dalla pista nera alla trattativa Stato-Mafia – nella ricerca dei mandanti esterni per la strage di via d’Amelio del 19 luglio 1992. Si finisce sempre per andare a sbattere contro l’evidenza delle non prove o peggio contro quelli che gli stessi pm definiscono “macroscopici errori”.

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Ciò spesso accade perché si dà fiato, manco fossero novelli oracoli, a personaggi la cui attendibilità vacilla sotto il peso di racconti improbabili e storie personali che dovrebbero invitare alla cautela.

Il prossimo 3 marzo il Gip di Caltanissetta Graziella Luparello deciderà se archiviare le indagini sulla ricerca di eventuali mandanti esterni nell’attentato in cui morirono Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina e Claudio Traina. Indagini che il giudice ha ordinato dopo la seconda richiesta di chiudere il caso avanzata lo scorso novembre dalla stessa Procura nissena.

I filoni investigativi indicati dal Gip

Il Gip aveva indicato cinque filoni investigativi, tra questi la cosiddetta pista nera, che ruota attorno alla figura di Paolo Bellini, ex di Avanguardia nazionale. La Dda di Caltanissetta continua a privilegiare altre piste, in particolare il dossier mafia-appalti, la sparizione dell’agenda rossa di Borsellino e i rapporti tra esponenti dei servizi segreti e massoneria. Nel frattempo ha lavorato sulla base delle indicazioni del Gip. Il risultato finale non cambia: richiesta di archiviazione.

Il “macroscopico errore”

C’è chi ha ipotizzato che la prova della pista nera risiedesse in uno strano incontro all’hotel “Sicilia” di Enna, dove pernottarono Bellini ed Enzo Giammanco, imprenditore condannato per mafia con l’accusa di essere stato un prestanome di Provenzano. Giammanco è anche parente dell’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco. Da qui i sospetti che si basavano, però, su un “macroscopico errore” di persona. In quell’albergo soggiornò un altro Vincenzo Giammanco di due anni più giovane del parente del magistrato.

Ed ancora, si era detto che il pentito Antonino Giuffrè, un tempo fedelissimo di Provenzano, avesse dichiarato che Totò Riina si era consultato con Enzo Giammanco prima di avviare la stagione stragista. Il suo nome, però, leggendo e rileggendo i verbali non c’è.

L’onnipresente “faccia da mostro”

Altro capitolo approfondito dai pm nisseni che hanno delegato la Dia riguarda Giovanni Aiello, ex poliziotto ormai deceduto, passato alla cronaca con l’appellativo “faccia da mostro”. Da anni viene considerato l’uomo dei mille misteri. Lo era da vivo e resta tale da morto. Aiello voleva essere cremato, ma è stato seppellito. A distanza di anni dal decesso può sempre servire un nuovo rilievo sulla salma.

Il giudice Luparello aveva chiesto di fare degli accertamenti patrimoniali per scovare eventuali ricchezze nascoste o flussi anomali di denaro. Nulla è emerso sul conto di Aiello.

La pista nera

Si è scandagliato il mondo di Stefano Delle Chiaie, un fantasma che aleggia da anni sulla strage di Capaci, alla luce dei ricordi posticci di un carabiniere in pensione, Walter Giustini, e di Maria Romeo, ex compagna del collaboratore di giustizia, Albero Lo Cicero.

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Peccato che di Delle Chiaie non si faceva menzione nei verbali di Lo Cicero, nel frattempo deceduto, alla cui redazione aveva partecipato lo stesso Giustini. Su Giustini, Romeo ed altri indagati pende ora una richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Caltanissetta. I loro racconti non sono stati ritenuti attendibili, ma caratterizzati da “una tendenza al mendacio”.

“Le indagini svolte non non solo non hanno consentito di rinvenire alcun elemento di riscontro alla cosiddetta pista nera ma hanno pure fatto emergere la totale inattendibilità e addirittura la falsità delle dichiarazioni rese da soggetti – si legge nella tranciante richiesta di archiviazione – che avrebbero dovuto consentire di acquisire elementi sia pure del relato, essendo la fonte primaria Lo Cicero Alberto deceduta, in relazione a questa pista nera”.

Graviano, Berlusconi e Dell’Utri

In ballo c’è pure un approfondimento sui rapporti tra il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi.

Anche su questo punto sono molto duri il procuratore Salvatore De Luca, l’aggiunto Pasquale Pacifico e i sostituti Nadia Caruso, Davide Spina e Claudia Pasciuti. Graviano ha tenuto un “atteggiamento senza dubbio ambiguo, ha cercato di lanciare messaggi trasversali caratterizzati da una sostanziale incompletezza in relazione ai rapporti intrattenuti con i soggetti sopra indicati”.

Graviano è “un soggetto imputato e condannato in relazione che mai ha dimostrato la concreta volontà di collaborare con la giustizia o, almeno, di dissociazione”. Che farne delle sue dichiarazioni? Nulla perché hanno il valore della carta straccia, caratterizzate “da una totale inattendibilità e non consentono comunque di svolgere alcun accertamento”.

La trattativa Stato-mafia

Nelle conclusioni della richiesta di archiviazione i pm ribadiscono che non sono emersi elementi da cui desumere che l’accelerazione impressa nella fase di esecuzione della strage di via D’Amelio sia stata dovuta al fatto che Borsellino stesse indagando sulla pista nera, né all’intervento di “soggetti collegati ai servizi di sicurezza”, né alla trattativa Stato-mafia (era la tesi del processo naufragato) contestata all’ufficiale del Ros Mario Mori che agganciò Vito Ciancimino.

Nulla di tutto ciò. Si continua comunque a indagare “sul possibile coinvolgimento di uomini politici nel tempo dalla strage”, ma c’è il più stretto segreto istruttorio. Nell’attesa di nuovi sviluppi i pm chiedono di archiviare l’indagine sui mandanti esterni delle stragi.

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