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di Raffaele Gaggioli

Sono passate poco più di tre settimane dalla seconda inaugurazione presidenziale di Donald Trump, ma le sue decisioni politiche hanno già gettato nel caos le relazioni internazionali e la politica interna degli Stati Uniti.

Le politiche commerciali del nuovo presidente americano stanno infatti notevolmente complicando le relazioni diplomatiche di Washington con il resto del mondo. Per cominciare, Trump sembra pienamente intenzionato a dare inizio ad una guerra commerciale non solo con i Paesi confinanti, ma anche con l’Unione Europea e la Cina.

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Nelle ultime tre settimane, Trump ha infatti minacciato più volte il Canada e il Messico con dazi e addirittura un possibile intervento militare se i leader dei due Paesi non avessero acconsentito alle sue richieste, legate soprattutto alla lotta contro l’immigrazione clandestina e alla concessione di particolari privilegi alle aziende americane.

Il Canada e il Messico non sono comunque gli unici Paesi in America ad aver subito le pressioni e le minacce di Washington. Panama è stata costretta ad abbandonare la Via della Seta Cinese (un’iniziativa strategica della Repubblica Popolare Cinese per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali), mentre Trump continua ad insistere che le navi americane dovrebbero accedere gratuitamente attraverso il canale del Paese o gli Stati Uniti potrebbero conquistarlo con la forza.

Il presidente americano ha mosso simili pretese anche all’Unione Europea, sostenendo che Bruxelles dovrebbe comprare più petrolio americano. L’affarista newyorkese ha poi dichiarato più volte che il suo governo ha intenzione di acquisire la Groenlandia (attualmente territorio d’oltremare della Danimarca), attraverso o un referendum o un intervento militare.

L’aggressiva politica estera di Trump non sembra però stare producendo i risultati sperati, al contrario sta causando un’impennata dei prezzi per molti beni di prima necessità. Washington ha inoltre fatto marcia indietro sulla possibile imposizione di dazi contro il Canada e il Messico, accontentandosi di minori concessioni che i due Paesi avevano già concordato con Joe Biden.

Nel frattempo, la Colombia ha annullato una joint venture tra la compagnia energetica statale Ecopetrol e l’azienda americana Occidental Petroleum meno di una settimana dopo che Trump ha minacciato di imporre dazi del 25% sulle merci provenienti da Bogotà.

Anche la politica interna di Trump sta generando non pochi problemi negli Stati Uniti. Molti analisti politici sottolineano infatti che le azioni del presidente stanno causando una vera e propria crisi costituzionale nel Paese.

Anziché cercare il supporto del Senato e della Camera dei Rappresentanti, entrambi controllati dal partito repubblicano, il presidente ha finora firmato più di quaranta ordini esecutivi per realizzare la sua controversa agenda politica.

In meno di un mese, Trump ha quindi ordinato l’uscita degli Stati Uniti dall’Agenzia Mondiale della Sanità (OMS) e dagli accordi di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico, ha cercato di abolire il quattordicesimo emendamento della Costituzione americana (relativo alla concessione della cittadinanza ai figli di immigrati che nascono su suolo americano) e ha cancellato qualsiasi riferimento all’esistenza e alla protezione della comunità LGBTQ+ nelle agenzie e nei documenti federali.

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Tra le altre iniziative, l’affarista newyorkese ha dato inizio ad un vero e proprio assalto contro numerose agenzie governative, privandole di fondi o addirittura cercando di abolirle del tutto. Quest’iniziativa è guidata in particolare da Elon Musk e dal DOGE (Dipartimento di Efficienza Governativa), a cui è stato concesso l’accesso a numerosi dati sensibili ed informazioni private degli impiegati federali nonostante né il multimiliardario, né i suoi collaboratori siano officiali governativi.

Per ora, l’unica opposizione alle iniziative di Trump e di Musk è venuta dai vari giudici americani che hanno bloccato parte del loro programma politico in quanto ritenuto incostituzionale. Tuttavia, Trump ha dalla sua parte la Corte Suprema, dominata da giudici conservatori, che già in passato ha sostenuto le sue controverse iniziative e stabilito che il presidente gode della piena immunità legale.

La politica interna di Trump è stata anche caratterizzata sul suo desiderio di punire i suoi veri o presunti oppositori politici. Sempre per mezzo dei suoi ordini esecutivi, il presidente americano ha privato alcuni suoi ex collaboratori, tra cui il generale Mark Milley e il dottor Anthony Fauci, della scorta armata e di altre protezioni.

Allo stesso tempo, Trump ha concesso la grazia ai suoi sostenitori che nel 2021 tentarono di assaltare il Congresso per impedire la conferma della vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali del 2020. Vi è quindi il diffuso timore che una delle persone graziate possa ora decidere di attaccare uno dei “nemici” di Trump, privato della sua scorta governativa.

Questi timori sono aumentati ulteriormente a causa delle purghe di Trump contro la FBI e la CIA. Il Tycoon ha ordinato il licenziamento degli agenti che hanno investigato contro di lui e vorrebbe ora nominare a capo delle due agenzie di intelligence uomini a lui fedeli, che hanno già promesso in passato di punire chiunque cerchi di opporsi all’operato del nuovo presidente.

Isolazionismo e autoritarismo sono quindi le due principali caratteristiche della nuova amministrazione presidenziale di Trump, a discapito della comunità internazionale e della Costituzione americana.

Raffaele Gaggioli

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