Agritech, l’arsenale 5.0 va dai droni che trasportano insetti a sensori per l’umidità delle foglie

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Se non avete ancora sentito parlare di agritech, siete in ritardo. Scordatevi l’immagine un po’ romantica del contadino che sul suo trattore guarda il cielo nella speranza che piova il giorno giusto (senza esagerare). O meglio, affiancate a quest’idea degli alleati dalle armi ben più affilate che possono aiutarlo ad andare avanti in tempi di cambiamento climatico e condizioni sempre più proibitive. L’agricoltura di ultima generazione si prepara ad affrontare le sfide del futuro con molte frecce tecnologiche al suo arco. Tra queste troviamo, per esempio, potenti sensori per fornire precise indicazioni sulla composizione del terreno, che fanno risparmiare fertilizzanti e possono prevedere le gelate, nemiche giurate dei raccolti. Ma anche droni capaci di restituire mappe accurate del proprio fazzoletto di terra in tempi brevi, intervenendo con misurazioni mirate solo dove necessario, o ancora, sistemi di gestione che utilizzano l‘intelligenza artificiale per avere un gemello virtuale della propria azienda.

A che punto siamo con la transizione tecnologica?

Secondo le stime elaborate da Coldiretti, gli investimenti privati per la cosiddetta transizione digitale nel settore agritech hanno raggiunto i 2,5 miliardi di euro: “Nei prossimi 3-5 anni abbiamo calcolato che arriveranno a sei miliardi – spiega Alessandro Apolito, capo Area innovazione di Coldiretti – Stiamo recuperando il ritardo del gap infrastrutturale che abbiamo con gli altri Paesi soprattutto nella banda ultralarga. Se la Spagna è al 90% di copertura del suo territorio, noi siamo al 58%. Senza internet veloce si fa fatica a pensare a una gestione ottimale dei dati e anche delle macchine 4.0 e 5.0. Tra le soluzioni su cui stiamo lavorando c’è un progetto pilota per le reti fisiche condivise, dove le aziende si associano per pagare un pezzo dell’infrastruttura che altrimenti avrebbe un costo insostenibile per la singola imprese. Vorremmo anche abbinarli ai voucher per la digitalizzazione per coprire una parte di questi costi”.

A dare una mano ci sono anche i fondi del Pnrr, con 6,3 miliardi di euro destinati proprio alla transizione digitale, cruciale per colmare il divario presente tra Nord e Sud Italia: se il 33% delle aziende agricole del Nord ha già avviato processi di digitalizzazione, nel Sud siamo al 6,7%. Uno squilibrio che non solo rallenta la crescita del Mezzogiorno, ma rischia di compromettere la competitività dell’intero comparto agricolo italiano. Gli investimenti riguardano anche la formazione per le nuove professioni nascenti legate all’uso delle nuove tecnologie in agricoltura: “Il data analyst agricolo, responsabile cioè dell’analisi dei dati raccolti da sensori e macchine agricole per ottimizzare le operazioni, sarà una figura molto richiesta per migliorare la resa delle colture e ridurre gli sprechi – aggiunge Apolito -, così come quella del dronista, in grado di utilizzarli e interpretare i dati, o l’esperto di blockchain. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale richiederà anche i cosiddetti Prompt manager capaci di gestire la domanda da fare al sistema”.

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Dalle capannine meteo all’IA

Le nuove tecnologie agritech stanno trasformando (in meglio) le pratiche tradizionali. L’agricoltura di precisione è il futuro soprattutto in un mondo come quello attuale sempre più in balia di eventi climatici estremi e imprevedibili. Ne è convinto è Augusto Bandera, direttore commerciale del gruppo Diagram, che grazie a Netsense progetta e realizza in Italia stazioni meteo dotate di sensori per rilevazioni puntuali dei terreni e dell’area intorno ai campi. Se la dotazione base di queste “capannine meteo”, come vengono chiamate in gergo, si compone di un pluviometro, che restituisce il volume delle precipitazioni, un anemometro per capire in tempo reale la velocità del vento, un sensore per l’intensità della radiazione della luce sole e un altro per l’umidità dell’aria, esistono anche altri utili alleati. Dal sensore di bagnatura fogliare a quello dell’umidità puntuale del suolo, che può recuperare dati sul ph del terreno e analizzare i nutrienti presenti: “Grazie a tutta questa strumentazione è possibile avere in tempo reale i dati dello stress idrico della vite – spiega Bandera – Con gli algoritmi che elaborano tutti i dati si può capire se la pianta abbia bisogno di acqua o no, se sia necessario o meno irrigare, evitando lo spreco d’acqua e intervenendo tempestivamente contro lo stress idrico”.

Implementare questa tecnologia può fare la differenza in termini di produttività: Si può ottenere dallo stesso terreno fino a un 20-30% di raccolto in più, sprecando meno risorse idriche e fertilizzanti perché l’agricoltore sa sempre dove intervenire in modo mirato – prosegue – Si possono inoltre montare sistemi di irrigazione automatici e intelligenti. Collegando a tutti questi macchinari un’elettrovalvola, un software può decidere in autonomia, in base ai dati raccolti, se far partire o no il sistema di irrigazione o se inserire nell’acqua dei fertilizzanti specifici, calibrando le dosi”.



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