«Siamo i più avanti in Europa nell’offerta di una tecnologia per la produzione di energia nucleare sicura, economica e in grado di risolvere il problema delle scorie, grazie alla nostra proposta il continente farà un balzo in avanti in termini di autonomia energetica e di efficienza economica».
Stefano Buono, amministratore delegato di Newcleo, guida quella che è una startup solo pro forma: sono rare, specie in Italia dove il venture capital non è così sviluppato, le società di recente formazione (Newcleo è del 2021) capaci di raccogliere capitali per 537 milioni, come è riuscita a fare appunto Newcleo. Né è frequente che le startup siano in grado di dialogare con governi e grandi aziende a proposito, rispettivamente, di questioni di regolazione e di vigilanza oppure di alleanze operative.
«È vero – dice Buono, 59 anni, il quale di formazione è un fisico e che ha alle spalle una solida collaborazione con il premio Nobel Carlo Rubbia – meglio sarebbe considerarci una società tech».
Buono, quali sono le caratteristiche tecnologiche della vostra proposta?
«Abbiamo ricombinato in modo originale due soluzioni già ampiamente sperimentate e quindi sicure. In primis il raffreddamento del reattore con il piombo anziché ad acqua, una tecnologia in uso sui sottomarini russi, anche se noi non lo sapevamo, e anche un’idea di Rubbia che risale al 1994 e garantisce il massimo della sicurezza passiva. In secondo luogo l’utilizzo come combustibile di scorie nucleari riprocessate, che consente di utilizzare tutto il combustibile esausto delle centrali tradizionali».
Perché l’idea di Newcleo è così dirompente rispetto all’esistente?
«Quello che stiamo progettando rappresenterà una sorgente di elettricità a basso costo in grado di assicurare centinaia di anni di autonomia energetica all’Europa. Senza dimenticare il tema ambientale, perché il riprocessamento delle scorie garantisce un uso dell’uranio molto più efficace e tale da non richiedere nuove estrazioni. La nostra è un’applicazione dell’Agenda Draghi, perché può contribuire alla competitività dell’Europa. Grazie alla nostra tecnologia il costo dell’elettricità diverrà molto concorrenziale, saremo a 60 euro/MWh contro gli attuali 110 all’ingrosso in Italia».
Come ci dobbiamo figurare questi impianti di ultima generazione?
«Stiamo progettando reattori nucleari relativamente piccoli e modulari. Immaginiamo impianti da 6 metri per 6 in grado di produrre ciascuno elettricità per 200 megawatt e vapore caldo per azionare turbine».
Newcleo lavora in Francia, Inghilterra, ha un ufficio a Bruxelles, in Italia è presente in forze a Torino, ha uno stabilimento a Piombino e un centro ricerche sul lago del Brasimone, nell’Appennino bolognese. Insomma l’azienda sta crescendo.
«Siamo in mille, 300 solo a Torino, e ci stiamo sviluppando in due direzioni: in primo luogo i piccoli merger per portare all’interno competenze specifiche, quindi verticalizzando la nostra operatività, in secondo luogo sviluppando la supply chain che ormai conta 90 fornitori in tutta Europa».
Ma in quale Paese siete più avanti? Dove si potranno vedere all’opera i vostri primi mini reattori?
«In Francia, dove il quadro regolatorio è sostanzialmente definito, nel 2030 sarà pronta la fabbrica per il riciclo del combustibile e nel 2031 il primo impianto. A inizio 2027 qui in Italia saremo in grado di costruire un dimostratore elettrico che avrà il compito di esemplificare il funzionamento dei nostri reattori».
Avete da poco firmato un accordo anche con il governo della Slovacchia.
«Sì per quattro reattori, siamo alla fase preparatoria e prevediamo quattro anni per la costruzione. Poi toccherà a un altro Paese, potrebbe essere l’Inghilterra».
E adesso veniamo all’Italia. Qui a che punto siamo?
«Il governo sta per presentare il disegno legge delega che regolerà l’intero settore. È un passaggio indispensabile perché dovrà prevedere l’autorità di sicurezza. Una volta che verranno definiti parametri e direttive, noi saremo pronti a partire».
Come sappiamo c’è grande attenzione, specie da parte delle industrie energivore, per il nucleare di ultima generazione, a cui si guarda per risolvere un problema di costi dell’elettricità sempre più stringente. Newcleo è in grado di rispondere a queste richieste?
«Abbiamo in corso accordi con Fincantieri per la progettazione di motori per le navi a propulsione nucleare e con Saipem per piattaforme di produzione energetica in mare. Poi sono in corso interlocuzioni con alcune industrie energivore anche del Nord Est. In realtà a Newcleo e al nucleare di nuova generazione sta guardando gran parte del Nord industriale, indotto dalla fame di energia a costi più contenuti: settori come la siderurgia, il vetro, la ceramica, la chimica ma anche quello dei data center, sono nostri interlocutori naturali. Poi da parte nostra c’è l’interesse a coinvolgere le imprese che abbiano competenze specifiche nella nostra supply chain».
Quale scenario dobbiamo immaginare? Addirittura che una singola grande industria abbia il proprio mini reattore?
«Sì, è un’ipotesi. Un impianto modulare costa nell’ordine degli 800 milioni di euro e garantisce un’autonomia energetica di 60 anni. Una volta acquisito il terreno ed espletate le pratiche autorizzative e regolatorie, il nostro progetto può essere realizzato in tre anni. Uno degli aspetti rivoluzionari di questo approccio è che anche su un singolo mini reattore possono mettere soldi imprese, investitori istituzionali, soggetti pubblici. Fra l’altro la prossimità agli utilizzatori finali può alleggerire le reti di trasporto del sovraccarico provocato da una richiesta progressivamente crescente».
Non vi aspettate le diffidenze se non l’opposizione dei territori? Il nucleare anche se di ultima generazione incute paura.
«Sì, certo che ce le aspettiamo. Ma siamo nel mezzo di un trend globale, presto o tardi conquisteremo la fiducia dei consumatori. Il nostro nucleare è il modo più sicuro al mondo di produrre elettricità».
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