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In un supermercato di Zagabria (foto G. Vale)

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Da tre settimane i croati evitano di fare acquisti il venerdì in segno di protesta contro il carovita. L’intervento del governo, che ha calmierato i prezzi di 70 prodotti, non è bastato a placare il malcontento

“È evidente che i negozianti non hanno capito il nostro messaggio, visto che i prezzi continuano ad aumentare”. In piedi davanti ai giornalisti nella sala conferenze di un hotel di Zagabria, Josip Kelemen, il leader della piattaforma civica “Halo, inspektore” (Pronto, ispettore), annuncia senza esitare il proseguimento del boicottaggio.

Questo venerdì, i cittadini croati sono nuovamente invitati a evitare i negozi, i centri commerciali e tutti i servizi. Si chiede inoltre di non recarsi nei punti vendita della catena di supermercati Konzum nei prossimi sette giorni, una decisione presa dagli stessi consumatori che hanno partecipato a un sondaggio online (quasi 150.000 persone hanno votato sul sito dell’associazione). “Li boicotteremo tutti, uno dopo l’altro”, aggiunge Kelemen.

La rivolta dei consumatori croati è iniziata tre settimane fa, quando il 24 gennaio è stato lanciato un primo sciopero della spesa. Quel giorno, le autorità fiscali di Zagabria hanno registrato un calo del 53% delle vendite nei supermercati rispetto al venerdì precedente. Una settimana dopo, durante il secondo boicottaggio, la partecipazione è stata di nuovo alta, con un calo del 44% nelle vendite dei negozi.

“In Croazia i prezzi dell’energia (benzina, gas…) sono calmierati e la manodopera non è pagata molto bene. Quindi dovremmo essere più economici di molti altri Paesi occidentali. Al contrario, qui i prezzi sono aumentati del 50% o addirittura del 100% in più rispetto ai Paesi più ricchi dell’Unione Europea”, afferma Josip Kelemen.

Alta inflazione

Dal 2022, il tasso d’inflazione della Croazia è stato superiore alla media dell’UE e nel gennaio 2025 Zagabria ha registrato il tasso più alto della zona euro, raggiungendo il 5% su base annua.

I consumatori croati danno la colpa all’euro (introdotto nel Paese nel 2023), alla mancanza di vigilanza da parte delle autorità pubbliche e soprattutto ai negozianti che, secondo Kelemen, aumentano i prezzi ogni estate (quando milioni di turisti stranieri arrivano nel Paese), senza poi abbassarli.

Questa teoria non convince però l’economista Vedrana Pribičević, della Zagreb School of Economics and Management. “Questa è solo una piccola parte del problema – spiega Pribičević – Bisogna considerare che nel 2024 la spesa pubblica è aumentata drasticamente in Croazia, a causa soprattutto del fatto che quell’anno abbiamo avuto tre tornate elettorali e il governo ha aumentato di molto gli stipendi nel settore pubblico. Prima erano cresciuti i salari anche nel privato, come conseguenza della grande mancanza di manodopera in questo paese”.

Insomma, l’impatto del turismo c’è, ma non è l’unico fattore, né il più importante. “Fino all’invasione russa dell’Ucraina, l’inflazione in Croazia era del 2% o anche meno e il turismo c’era già”, prosegue l’economista.

L’inflazione in Croazia è invece diventata “strutturale”. “La maggior parte degli economisti sono concordi sul fatto che il paese funziona oggi al massimo delle sue capacità produttive. Mancano lavoratori, che siamo costretti ad importare, per questo gli stipendi crescono nel settore privato e per questo il governo ha approvato un aumento dei salari, con l’obiettivo di trattenere i quadri nell’amministrazione pubblica”, aggiunge Vedrana Pribičević, che chiosa “tutto sale, dai prezzi nei negozi al costo del lavoro”.

Comportamenti scorretti

Qualunque sia la causa dell’inflazione in Croazia, i social media sono pieni di testimonianze e foto che mostrano come gli stessi prodotti sono a volte venduti a prezzi molto diversi nei supermercati croati e in quelli all’estero, anche quando si tratta delle stesse catene di negozi. Josip Kelemen ha raccolto alcune di queste segnalazioni.

“C’è ad esempio un brillantante per lavastoviglie che è venduto in Germania a 95 centesimi. La stessa catena di supermercati lo propone in Croazia a 2,65 euro. Altro esempio: un caffè prodotto in Croazia costa qui da noi 4 o 6 euro al pacchetto. In Slovenia è venduto a 2 o 4 euro”, racconta il portavoce di “Halo, inspektore”, che aggiunge: “C’è persino un detergente per vestiti che ha lo stesso prezzo a Zagabria e in centro a New York”. Un pacchetto da 250 grammi di caffè decaffeinato italiano che nel Belpaese costa attorno ai 5 euro, in Croazia è venduto a più di 10 euro.

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Di fronte al dilagare di queste testimonianze, molti consumatori hanno perso fiducia nei supermercati. “Penso che il boicottaggio sia necessario affinché i consumatori possano far sentire la loro voce e cambiare le cose sul mercato”, spiega Ana Koceić, una giovane avvocatessa residente a Zagabria, che ammette “evitare da tempo i negozi le cui pratiche commerciali considero scorrette”.

Prezzi bloccati

In risposta al malcontento dei consumatori e al dilagare dello “sciopero della spesa”, il 30 gennaio il governo del primo ministro conservatore Andrej Plenković ha deciso di calmierare i prezzi di 70 beni di prima necessità.

L’iniziativa si basa su una decisione del settembre 2023 che aveva già imposto un tetto ai prezzi di 30 prodotti, a cui si sono dunque aggiunti 40 nuovi articoli. Ma questa misura ha lasciato insoddisfatti i croati.

“Ci sentiamo come la selvaggina durante la stagione della caccia. Tutti ci inseguono e cercano di toglierci la pelle”, esclama il responsabile della piattaforma ‘Halo, inspektore’, Josip Kelemen, secondo cui il governo ha fissato in alcuni casi dei prezzi più alti di quelli di mercato. “Insomma, i negozianti potranno ancora una volta alzare i prezzi”, commenta sconsolato.

Nel frattempo, il movimento di protesta dei consumatori croati ha già fatto proseliti in tutti i Balcani. Nelle ultime settimane, sono stati organizzati boicottaggi dei negozi in Serbia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord e, tra pochi giorni, anche in Kosovo.

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Alla conferenza stampa a Zagabria, Josip Kelemen non può che rallegrarsene. “Siamo in contatto con i nostri vicini e a loro offriamo il nostro sostegno e aiuto”, afferma Kelemen, che conclude: “Siamo tutti consumatori”.

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