INCOSTITUZIONALE, PERCHE’ SPROPORZIONATA, LA CONFISCA OBBLIGATORIA DEI BENI UTILIZZATI PER COMMETTERE REATI SOCIETARI (ART. 2641 C.C.)

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a cura di Rossella Ceccarini

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza n. 7 del 14.01.2025 pubblicata il 04.02.2025

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La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 7 depositata il 4 febbraio 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2641, comma 2, c.c. nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato e, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 2641, comma 1, c.c., limitatamente alle parole “e dei beni utilizzati per commetterlo”.

La questione trae origine da un’ordinanza del 27 febbraio 2024 con cui la Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, ha sollevato – in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonché in riferimento agli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., in relazione agli artt. 17 e 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2641, primo e secondo comma, c.c., censurandolo “nella parte in cui assoggetta a confisca per equivalente anche i beni utilizzati per commettere il reato”.

Per la Consulta, le questioni sono fondate in riferimento al principio di proporzionalità della pena di cui agli artt. 3 e 27, comma 3, nonché agli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., questi ultimi in relazione all’art. 49, paragrafo 3, CDFUE. Secondo la Corte Costituzionale, la confisca, diretta e per equivalente, dei beni utilizzati per commettere uno dei reati disciplinati dal Titolo XI del Libro V del codice civile, prevista dalla disposizione censurata, ha natura di vera e propria pena di carattere patrimoniale e, in quanto tale, deve rispettare il principio di proporzionalità della pena. Tale principio vieta che l’entità dell’ablazione patrimoniale risulti sproporzionata tanto rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del reato, quanto rispetto alle condizioni economiche e patrimoniali dell’interessato. La confisca dei beni strumentali e di somme di denaro o beni di valore ad essi equivalenti prevista dalla disposizione censurata è strutturalmente indifferente a tali condizioni; pertanto, la sua previsione in termini di obbligatorietà vincola il giudice ad applicarla anche quando, nel caso concreto, essa risulti manifestamente sproporzionata, ponendosi così in contrasto con il principio di proporzionalità. Questa conclusione trova conferma nel diritto comparato e nel diritto dell’Unione europea, in cui la previsione della confisca dei beni strumentali è di regola subordinata a una valutazione di compatibilità della sua inflizione, nel caso concreto, con il principio di proporzionalità.

Il vizio risiede nel carattere obbligatorio della confisca prevista da tale disposizione, che vincola il giudice ad applicare la misura ablativa anche quando, nel caso concreto, il suo impatto risulterebbe sproporzionato rispetto alla gravità del reato e alle condizioni economiche e patrimoniali dell’interessato. Rispetto, tuttavia, alla possibilità di una pronuncia che sostituisca l’attuale previsione della confisca obbligatoria di denaro o cose di valore equivalente ai beni strumentali con una corrispondente confisca meramente facoltativa, la Consulta ha ritenuto doveroso cedere il passo alla valutazione del legislatore. Quest’ultimo è, infatti, nella migliore posizione per stabilire se conferire al giudice una discrezionalità nella scelta sull’an, o addirittura anche sul quantum del valore confiscabile, in modo da assicurare il pieno rispetto del principio di proporzionalità nell’applicazione concreta di questa confisca. Una simile innovativa soluzione, in ogni caso, non è oggi reperibile nell’ordinamento italiano e costituirebbe anzi una “novità di sistema”: non prestandosi, così, a essere assunta dalla Corte Costituzionale come soluzione costituzionalmente adeguata, in grado di sostituirsi a quella dichiarata costituzionalmente illegittima. D’altra parte, come recentemente sottolineato, “[l]’esigenza di far ricorso a una pronuncia di tipo manipolativo, che sostituisca la sanzione censurata con altra conforme a Costituzione, si pone imprescindibilmente solo allorché la lacuna di punibilità che conseguirebbe a una pronuncia ablativa, non colmabile tramite l’espansione di previsioni sanzionatorie coesistenti, si riveli foriera di ‘insostenibili vuoti di tutela’ per gli interessi protetti dalla norma incisa (Corte Cost. n. 222 del 2018): come, ad esempio, quando ne derivasse una menomata protezione di diritti fondamentali dell’individuo o di beni di particolare rilievo per l’intera collettività rispetto a gravi forme di aggressione, con eventuale conseguente violazione di obblighi costituzionali o sovranazionali” (Corte Cost. n. 185 del 2021). In difetto di una simile situazione, l’intervento della Corte Costituzionale “ben può limitarsi all’ablazione, totale o parziale della disposizione censurata” (Corte Cost. n. 46 del 2024). Secondo la Corte, nel caso in esame, la mera ablazione del frammento di disposizione riferito alla confisca per equivalente dei beni strumentali non crea alcun intollerabile vuoto di tutela degli interessi protetti dalle norme penalmente sanzionate, giacché resta ferma, in particolare, la confisca obbligatoria del profitto, diretta o per equivalente, a carico di qualunque persona – fisica o giuridica – che risulti avere effettivamente conseguito le utilità derivanti dal reato. Il censurato art. 2641, comma 2, c.c. è stato dunque dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato. Dal momento, poi, che il vulnus riscontrato investe allo stesso modo, ed esattamente per le medesime ragioni, la previsione della confisca diretta dei beni utilizzati per commettere il reato, disciplinata dal primo comma della medesima disposizione, la dichiarazione di illegittimità costituzionale è stata estesa, ai sensi dell’art. 27 l. n. 87/1953, alla previsione di cui all’art. 2641, comma 1, c.c., limitatamente alle parole “e dei beni utilizzati per commetterlo”. Resta inalterata, invece, la facoltà del giudice, nel rispetto del principio di proporzionalità, di disporre la confisca diretta delle “cose che servirono a commettere il reato” ai sensi della disposizione generale di cui all’art. 240 c.p., richiamata dal comma 3 dell’art. 2641 c.c. e, dunque, anche delle somme di denaro utilizzate per commettere il reato, a carico di chi risulti in concreto averne la disponibilità.


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