Dopo un periodo di crescita straordinaria, il settore
dell’ingegneria e dell’architettura si prepara ad affrontare una
fase di rallentamento.
Secondo il rapporto diffuso dal Consiglio Nazionale
degli Ingegneri (CNI) in occasione della Giornata della
libera professione, il settore ha beneficiato di un boom economico
post-pandemia, ma il ciclo positivo potrebbe ora subire una battuta
d’arresto. Il ridimensionamento degli investimenti in costruzioni e
la revisione degli incentivi fiscali prefigurano
uno scenario più complesso per i professionisti del settore nei
prossimi anni.
Il futuro dei liberi professionisti: le previsioni del CNI
Lo shock economico innescato dalla pandemia ha innescato una
fase espansiva nel comparto ingegneristico,
trainata dalla ripresa dell’edilizia e dagli incentivi governativi.
Tra il 2021 e il 2023, il reddito medio degli ingegneri iscritti a
Inarcassa ha registrato un’impennata del 60% rispetto ai livelli
pre-pandemia, passando da 34.775 euro annui nel 2020 a 59.000 euro
stimati nel 2023.
Più in dettaglio, nel 2021 il reddito professionale medio annuo
degli ingegneri si è attestato a 44.459 euro, a fronte di 34.775
euro annui dell’anno precedente, con un incremento del 28%. Ma il
vero salto si è verificato nel 2022 con un reddito medio,
contabilizzato da Inarcassa, di 54.000 euro, fino ad arrivare a
59.000 euro stimati per il 2023, mentre nel 2024 si prevede un
leggero ridimensionamento di tale cifra.
Parallelamente, il fatturato del settore ha vissuto una crescita
senza precedenti: dai 3,8 miliardi di euro del periodo pre-Covid si
è passati ai 6,4 miliardi nel 2023, con una previsione di 6,3
miliardi nel 2024 (+65%). Guardando all’intero comparto SIA
(ingegneri, architetti e società di ingegneria), il giro d’affari è
passato da 7,9 miliardi di euro nel 2019 a una stima di 14,7
miliardi nel 2024, segnando un incremento dell’86%.
Il fatturato realizzato dalle attività professionali di
ingegneria e architettura rappresenta attualmente il 7% del valore
aggiunto generato da comparto delle attività professionali,
scientifiche e tecniche (202 miliardi di euro), contro il 4,5% del
2019.
La carenza di ingegneri e il problema del ricambio
generazionale
Nonostante la domanda elevata di professionisti, il settore
soffre di una carenza strutturale di ingegneri. Dimostrazione ne è
il fatto che durante il boom, molti studi di ingegneria hanno avuto
difficoltà negli ultimi due anni a reperire un numero sufficiente
di professionisti per far fronte all’incremento di volume delle
commesse.
Né il sistema ordinistico sembra avere beneficiato di questo
cambio di passo: secondo Angelo Domenico Perrini,
Presidente del CNI, il numero di laureati in ingegneria è
in crescita, ma pochi scelgono di iscriversi all’Albo: solo il 10%
dei laureati sostiene l’esame di Stato, con un ricambio
generazionale che appare insufficiente. Attualmente, il 65% degli
iscritti all’Albo ha più di 45 anni, segno di un progressivo
invecchiamento della categoria professionale. “Negli ultimi
anni – spiega – purtroppo abbiamo rilevato da un lato l’alta
domanda delle imprese, dall’altro la scarsa offerta di competenze e
figure operanti nell’ingegneria. Rispetto a quello che è l’attuale
fabbisogno, registriamo una preoccupante carenza di ingegneri.
Mancano alcune migliaia di ingegneri all’anno, nonostante il numero
di laureati sia in costante aumento. In genere i datori di lavoro
non lamentano l’insufficienza delle competenze, ma proprio la
mancanza di candidati. A questo si aggiunge il fatto che le figure
maggiormente richieste sono quelle che operano nell’ambito
dell’ingegneria dell’Informazione e dell’Ingegneria industriale e
in futuro si prevede che le competenze richieste in ambito
ingegneristico saranno sostanzialmente differenti da quelle
attuali. A completare il quadro c’è il cambio del ciclo economico
in atto che avrà sicuramente un impatto negativo anche sul nostro
settore”.
Conferma di queste tesi arriva da Marco Ghionna,
presidente del Centro Studi CNI, con uno scenario poco
rassicurante per i professionisti: “Sebbene infatti i liberi
professionisti si siano aggiudicati il 55,5% delle gare per servizi
di ingegneria con importo a base d’asta inferiore a 140.000 euro e
il 52,4% degli importi, si assiste ad una flessione di oltre il 10%
rispetto al 2023. Limitandosi alle gare con importo a base d’asta
compreso tra 140.000 e 215.000 euro, le corrispondenti quote
scendono al 14,6% delle gare e al 15,9% degli importi. Le gare con
importo superiore a 215.000 euro, il ruolo dei liberi
professionisti è quasi inesistente, laddove le corrispondenti quote
per i liberi professionisti, sono pari rispettivamente all’3,1%
delle gare ed appena il 0,8% degli importi”.
Prospettive per il 2024-2025: il rischio di un
rallentamento
Se il triennio 2021-2023 è stato caratterizzato da una crescita
impetuosa, le prospettive per il 2024 e il 2025 appaiono meno
favorevoli. Le previsioni di crescita del PIL sono state riviste al
ribasso, passando dall’1% allo 0,5%. Gli investimenti in
costruzioni, motore trainante del settore ingegneristico, sono
attesi in calo del 4,2% nel 2024 e del 6,2% nel 2025, complice la
progressiva riduzione degli incentivi legati
ai Superbonus e la revisione delle
aliquote di detrazione per le ristrutturazioni edilizie.
È probabile che nel 2025 e nel 2026 il ridimensionamento del
fatturato del settore dei SIA sarà meno marcato di quello delle
costruzioni, grazie ai finanziamenti ancora disponibili per la
progettazione e realizzazione di opere pubbliche a valere sul PNRR.
Lo scenario globale, però, parla chiaro.
Le sfide per il futuro: innovazione e adattamento
Sull’evoluzione della professione in relazione alla congiuntura
economica si interroga Elio Masciovecchio, vice presidente
del CNI: “Il forte incremento di fatturato fatto
registrare da molti studi professionali ha significato anche una
crescita in termini di dimensioni delle strutture professionali? A
questo boom si è accompagnato il rapido inserimento delle nuove
generazioni di professionisti nel settore?”.
La vera sfida sarà quindi verificare quanto questi cambiamenti
potranno essere strutturali e duraturi nel tempo, se e come gli
studi potranno affrontare un ciclo economico peggiorativo.
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