Polemiche a Montevarchi: il dibattito sul ‘fettunta’ come pasto in mensa per i bambini morosi

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La situazione nelle scuole di Montevarchi, in provincia di Arezzo, sta suscitando un acceso dibattito pubblico riguardo alla pratica del ‘fettunta‘, il pane condito con olio che viene servito come sostituto del pasto tradizionale per quegli alunni le cui famiglie si trovano in difficoltà economica e non riescono a saldare i costi della mensa. Questa controversia ha riacceso le critiche nei confronti dell’amministrazione comunale e ha sollevato interrogativi sulle politiche di inclusione e solidarietà all’interno degli ambienti educativi.

La denuncia del Partito Democratico locale

A far emergere la problematica è stato il Partito Democratico di Montevarchi, attualmente all’opposizione. Attraverso una comunicazione ufficiale, i rappresentanti del Pd hanno sottolineato che questa pratica non è nuova e ha già creato malcontento tra le famiglie e i cittadini in passato. “Alternare un pasto completo con un semplice pezzo di pane e olio è una decisione ingiusta e inaccettabile”, ha affermato il partito, aggiungendo che tale azione è lesiva per i diritti dei bambini coinvolti, nonché per l’integrità del gruppo classe e del personale scolastico. La retorica del Pd si concentra sulla necessità di una riforma del regolamento comunale, ritenuto discriminatorio nei confronti dei minori, in un contesto educativo che dovrebbe favorire l’inclusione e il rispetto reciproco.

La posizione dell’assessora all’Istruzione della Toscana

L’assessora regionale all’Istruzione, Alessandra Nardini, non è rimasta in silenzio riguardo alla questione. Con toni incisivi ha definito ‘vergognosa’ la situazione che si sta vivendo nelle scuole di Montevarchi. Ha messo in evidenza la gravità della disparità creatasi tra gli studenti, che all’ora del pranzo si ritrovano a consumare pasti radicalmente diversi. “È inaccettabile e umiliante”, ha dichiarato, augurandosi che la sindaca possa riconsiderare questa decisione profonda e potenzialmente dannosa per i bambini interessati. Secondo Nardini, la scuola rappresenta un contesto privilegiato per promuovere l’uguaglianza e non per evidenziare le differenze economiche tra le famiglie.

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Un passaggio problematico da storie passate

La questione si complica ulteriormente quando si analizzano le origini di questa pratica. La responsabile scuola del Pd regionale, Simona Querci, ha richiamato alla memoria il 2017, anno in cui l’amministrazione comunale, sempre in mano al centrodestra, aveva introdotto misure simili. Secondo Querci, la decisione di servire un pasto alternativo ai bambini morosi è un fallimento nella missione educativa, poiché crea una divisione ingiusta e non etica nel contesto scolastico. La sua affermazione mette in evidenza una tendenza più ampia, in cui le politiche pubbliche sembrano non tenere conto del diritto all’istruzione e al rispetto della dignità di tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro circostanze economiche.

La difesa della sindaca Chiassai

Dall’altra parte, Silvia Chiassai, sindaca di Montevarchi, ha difeso la decisione di continuare con questa pratica, richiamando l’attenzione su un regolamento che già da anni è in vigore e che prevede la possibilità di interruzione del servizio mensa per le famiglie morose. Ha dichiarato che l’implementazione di queste norme è stata una necessità per far fronte a un deficit significativo. Chiassai ha inoltre spiegato che le famiglie in ritardo nei pagamenti hanno ricevuto comunicazioni multiple da parte del comune, tentativi che non hanno portato a un miglioramento della situazione. Sottolinea infine come la sua amministrazione abbia cercato, negli ultimi anni, di trovare un equilibrio tra la necessità di garantire i servizi e la protezione delle famiglie vulnerabili.

La sindaca ha invitato i critici a proporre soluzioni alternative che possano evitare il protrarsi della morosità senza danneggiare i bambini, insistendo sul fatto che l’amministrazione deve agire nel migliore interesse della comunità. “Avere un debito di oltre 85.000 euro, con ogni famiglia che non paga conoscendo la situazione, non è sostenibile”, ha aggiunto, facendo notare che coloro che non riescono a pagare sono assistiti dai Servizi Sociali.

Prospettive future e possibili evoluzioni

La controversia sul ‘fettunta‘ ha messo in luce un tema cruciale: come le istituzioni scolastiche possano affrontare la necessità di contenere i costi, evitare abusi e, al contempo, garantire un ambiente educativo inclusivo e rispettoso. Questo caso, ben lungi dall’essere risolto, invita a una riflessione profonda sulle politiche di assistenza e inclusione sociale, evidenziando la necessità di trovare un equilibrio tra esigenze economiche e diritti dei bambini. Il dialogo e il confronto tra le parti coinvolte saranno fondamentali per cercare soluzioni a una problematica che tocca la vita di molte famiglie e il futuro delle giovani generazioni.



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