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La catena di montaggio di Alternative für Deutschland, dove le tute blu si tingono di nero e la rivendicazione di base è «Prima i tedeschi!». Un’autentica fabbrica di voti per i fascio-populisti di Alice Weidel, pronti a sfruttare a fondo il diffuso malessere degli operai tedeschi: dalle centinaia di migliaia di lavoratori dell’automotive mandato in crisi dal fallimento della conversione elettrica, fino ai dipendenti altrettanto numerosi dell’industria petrolifera smontata dalle sanzioni contro la Russia.
SETTE ANNI DOPO la cacciata del leader dell’ala destra di Afd, Björn Höcke, dal presidio operaio davanti allo stabilimento Opel di Eisenach, il suo messaggio politico ha ampiamente oltrepassato il cancello.
«Sono l’unico partito eleggibile. Affrontano apertamente le questioni scomode, non usano mezzi termini e si schierano sempre dalla parte del popolo» è la sintomatica testimonianza di un metalmeccanico dello stesso impianto che all’epoca non lasciò entrare la propaganda di Afd.
Anche se il muro della fabbrica in realtà era già franato con le Europee del 2024 quando il 33% degli operai nei sondaggi post-elettorali faceva sapere di avere votato per i fascio-populisti eleggendoli a nuovo “partito di classe”.
«L’influenza dell’estrema destra ha colpito in profondità. Secondo la Fondazione Konrad Adenauer in Turingia alle ultime elezioni il 42% delle tute blu iscritte al sindacato ha votato per Afd, mentre la quota dei colletti bianchi è stata del 30%», come ricorda l’ultima analisi della Bundeszentrale für politische Bildung (Bpb), l’agenzia federale per l’educazione civica collegata al ministero dell’Interno.
Nonostante i milioni di antifascisti scesi in piazza nell’ultimo anno, in fabbrica lo spettro nero non fa più paura come prima. «Tra gli iscritti ai sindacati si registra una banalizzazione del nazismo superiore alle previsioni» con il 13% dei lavoratori ormai su posizioni coincidenti di fatto con l’ideologia del Terzo Reich.
ALLA BASE NON C’È nessuna conversione di massa al verbo di Afd, bensì «il forte e radicato sentimento degli operai tedeschi di far parte di una classe socialmente svantaggiata, svalutata e quindi disonorata» sottolinea lo studio della Bpb intitolato non a caso a L’onore perduto delle tute blu.
MENTRE IN PARALLELO la partecipazione al sindacato è diminuita costantemente. Dall’ultima indagine generale sulle scienze sociali, che in Germania viene pubblicata con cadenza biennale dal 1980, solo il 22% degli operai ha la tessera di una delle organizzazioni di categoria.
«Da molti anni la copertura della contrattazione collettiva è in calo fra le imprese». Non è un fenomeno solo tedesco ma parte del «trend internazionale che sta dando impulso alla rivolta della destra. Già in uno studio pionieristico della fine degli anni ‘80, Stéphane Beaud e Michel Pialoux spiegarono come la progressiva decollettivizzazione dei rapporti di lavoro porta alla perdita dell’orgoglio da parte degli operai e di conseguenza al voto a destra».
Così, il nemico di classe non è più il padrone ma lo straniero che ruba il lavoro e abbassa il salario. «La ribellione degli operai tedeschi, tradizionalmente di centro-sinistra, per avere perso il proprio status sociale non ha trovato sbocchi» se non nei partiti sovranisti. Soprattutto «i teorici della nuova destra e i suoi attori politici sono riusciti a reinterpretare con successo il conflitto di classe come una lotta etnica tra interno ed esterno».
NON È UNA RIVOLUZIONE nera; piuttosto «una pseudo-rivolta che si conforma alla classe dominante, perché Afd nel proprio programma elettorale difende le leggi del libero mercato, non il lavoro degli operai».
Un piano suicida per le tute blu, emblematico però del livello di disperazione provocata dal corto circuito della politica economica tedesca. Nonostante il tasso di disoccupazione in calo, la riduzione dei disoccupati di lunga durata e l’innalzamento della paga oraria, i lavoratori sull’orlo della soglia della povertà in Germania ha raggiunto il livello record del 16%.
Riguarda tutti però «in particolare gli operai maschi si sentono abbandonati. Il loro stile di vita viene raramente menzionato dai media ed è scarsamente considerato dall’opinione pubblica. Le poche volte che emergono nella migliore delle ipotesi li si presenta come una specie in via di estinzione; nella peggiore come un’aristocrazia di lavoratori privilegiati rispetto a tutti gli altri».
NEL PAESE CHE FINO A IERI poteva vantare le maggiori tutele fra i grandi Stati dell’Ue «nel 2023 sei milioni di tedeschi non sono stati in grado di permettersi l’affitto della casa, una settimana di vacanza o una cena con la famiglia al ristorante» conclude l’analisi della Bpb.
Conta assai di più del mal di pancia di milioni di lavoratori nei confronti della svolta green imposta dal governo Scholz. Come ha ben capito la Linke che ieri ha presentato il suo radicale programma di riforma fiscale per colpire il solo avversario degli operai: «I super-ricchi, come quelli che governano gli Stati Uniti d’America e piacciono ad Afd».
Da qui il piano della Sinistra per aumentare l’imposta di successione e di introdurre una nuova tassa del 60% sui redditi superiori a 250 mila euro e del 75% per chi oltrepassa il milione.
L’obiettivo è chiaro: «In Germania nessuno deve essere miliardario», e a giudicare dagli ultimi sondaggi sembra che l’offensiva della Linke contro il turbo-capitalismo cominci a ripagare in termini di consenso.
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